Ancora violenza
per le vignette
di «Charlie Hebdo»
di Giuseppe Savagnone*
Ancora una volta, a più di cinque
anni dal massacro dei giornalisti di «Charlie Hebdo», la vicenda delle vignette
su Maometto segna il tragico esplodere del fanatismo islamico, con l’assassinio
del professore francese, decapitato a Conflans-Sainte-Honorine, nella periferia
di Parigi, per aver mostrato ai suoi studenti quelle vignette in un corso sulla
libertà di espressione.
Libertà vs oscurantismo
E tuttavia, al di là dell’orrore per
questo atto assurdo, sarebbe forse opportuna una riflessione sul significato di
ciò che è accaduto e sulle reazioni che – allora, come oggi, sono state
non solo di commossa solidarietà per le vittime, ma anche di orgogliosa
celebrazione del valore in nome del quale esse sono cadute: la libertà di
pensiero.
«Uno dei nostri compatrioti è stato
assassinato oggi perché ha insegnato la libertà di credere o di non credere»,
ha dichiarato il presidente francese, Emmanuel Macron. E, riferendosi
all’assassino: «Voleva abbattere la Repubblica, l’Illuminismo, la possibilità
di rendere i nostri figli cittadini liberi. Questa battaglia è nostra. Non
riusciranno a passare (…). L’oscurantismo e la violenza che lo
accompagna non vinceranno, non ci divideranno».
La sola fede che oggi ci unisce
Sono gli stessi toni che nel 2015
echeggiarono, non solo in Francia, ma in tutti i Paesi europei. Furono
moltissimi, allora, a gridare lo slogan «Je suis Charlie». Non è solo una
convinzione: è una fede. La reazione unanime che, senza eccezioni, ha unito,
allora come oggi, i cittadini di questa Europa secolarizzata e disincantata,
rivela che la fede non è stata sostituita del tutto da un cinico utilitarismo,
come hanno spesso sostenuto degli osservatori che usavano come unico parametro
le religioni tradizionali. È la fede nella libertà.
La logica dell’insulto
Eppure, forse bisognerebbe cercare di
capire perché un valore così alto abbia potuto suscitare una reazione di odio
tanto violenta. In effetti pochi parlano del contenuto delle vignette satiriche
di «Charlie Hebdo». Quelle su Maometto lo ridicolizzano, ma soprattutto lo
offendono. Come quella, per esempio, che lo rappresenta nelle sembianze di un
maiale (animale, tra l’altro, che l’islam ritiene impuro).
In effetti, i loro autori erano
specializzati nel deridere, nel modo più volgare e provocatorio, le fedi
altrui. Ne ho avuto sotto gli occhi una dove le persone della Trinità cristiana
erano raffigurate nell’atto di avere un amplesso sessuale a tre, con organi
genitali bene in vista e nell’atto della penetrazione reciproca. Devo dire che
non solo non mi ha fatto ridere, ma mi ha spinto a domandarmi chi – credente o
meno – potesse divertirsi davanti a quelle immagini oscene. Una critica?
Se c’era, era mascherata dall’irrisione della bestemmia.
Noi cristiani non spariamo a chi ci
dà uno schiaffo, porgiamo l’altra guancia. E condanniamo con fermezza ogni
forma di violenza. Ma non posso non pensare che è ben misera una libertà di
pensiero e di espressione che si esercita offendendo gratuitamente la fede
degli altri.
Forse il problema della nostra
cultura dominante non è, come dicono alcuni, di avere adottato un’idea troppo
ampia di libertà, ma, al contrario, di averne una troppo ristretta. Ridotta
alla pura e semplice autonomia individualistica, questa libertà diventa
autoreferenziale e si trasforma in un buco nero, che inghiotte ed annulla tutto
il resto. E la fede in essa assume, paradossalmente, la forma di una religione
rigorosamente monoteista, il cui idolo non ammette la concorrenza di altre
divinità senza sentirsene minacciato.
Una libertà che diventa un idolo
Senza negare la libertà come autonomia,
è urgente riscoprire quelle sue forme, oggi dimenticate, che consentono alla
stessa autonomia di avere il suo pieno significato. La libertà non è fine a se
stessa. Quando si eleva a valore esclusivo si suicida. Si è liberi per qualcosa
che non è la libertà stessa. Eliminare ogni valore, almeno ipotetico, che la
superi e verso cui essa possa tendere, significa condannarla a vagare nel
nulla. Come oggi avviene nella società consumistica, che fa credere alle
persone di essere libere perché possono fare e soprattutto comprare quello che
le mode e la pubblicità di volta in volta propongono, salvo a sostituirlo
l’anno successivo.
Apertura alla verità e rispetto
In quest’ottica essere liberi
significa essere aperti alla ricerca della verità, ovunque essa si presenti,
smascherando le falsificazioni presenti in tante false credenze, ma senza
escludere di trovare in esse anche qualcosa di valido. Questo implica che,
pur senza condividerle, si rispettino le convinzioni degli altri. Anche quelle
che non si condividono. Anche quelle religiose.
Come insegnava un grande
intellettuale laico, Norberto Bobbio, c’è un abisso tra la laicità, che
rivendica il diritto di non credere, e il laicismo, che contesta quello di
credere e deride la fede altrui.
Il vuoto insostenibile
dell’indifferenza
Queste considerazioni ovviamente non
diminuiscono di un grammo il peso della mia condanna per chi ha risposto a
questa violenza intellettuale con una fisica immensamente più grande. Esse
mirano soltanto a incrinare la totale indifferenza dell’opinione pubblica
occidentale nei confronti di ciò che la “sua” libertà colpisce e distrugge.
Anche dal punto di vista di chi si
proponesse di fronteggiare l’islam come un nemico incombente, secondo la logica
dello “scontro di civiltà”, una strategia che desertifica, dal punto di vista
spirituale, il nostro continente, è una follia. Agli eccessi del
fondamentalismo non si può illudersi di rispondere con il vuoto. Dovrebbe far
riflettere la triste esperienza di tanti giovani europei che, in un recente
passato, sono andati a combattere per l’Isis, perché si sono trovati a
scegliere tra il fanatismo di quella realtà politico-religiosa, che comunque
prometteva un senso alla loro vita, e il nulla.
Perciò condivido lo sdegno del
presidente Macron e di tutte le persone civili per il barbaro omicidio di
Conflans-Sainte-Honorine. Ma rivendico il diritto di dire che una libertà che
si crede tale solo quando distrugge con una risata ciò che non è lei stessa non
mi basta, anzi mi fa paura.
*Pastorale Cultura Diocesi Palermo
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