L'intervista al saggista e teologo Brunetto Salvarani di Cristina Uguccioni
mercoledì 3 aprile 2024
CRISI DEL CRISTIANESIMO ???
lunedì 4 dicembre 2023
L'IMPREVISTO DI PERIFERIA
LE PAURE,
IL 2050
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di Marina Corradi
Si
direbbe che abbiamo paura. La parola torna insistentemente nel rapporto Censis
sull’Italia del 2023. Abbiamo paura di un sacco di cose: dei cambiamenti
climatici, di una guerra, dei flussi migratori, di un default dello Stato.
Sembriamo una famiglia invecchiata che rimpiange una stabilità e un benessere
perduti. La sola paura non apertamente espressa dagli intervistati è quella del
declino demografico, di tutte, però, la più oggettiva. Anno 2050, saremo in 4,5
milioni di meno. Già oggi i 18-34enni, quelli che entrano nel lavoro e hanno
figli, sono poco più di 10 milioni, mentre nel 2003 superavano i 13 milioni. In
vent’anni abbiamo perso tre milioni di giovani.
lunedì 1 agosto 2022
RITROVARE CIO' CHE UNISCE
DEL PRESIDENTE
Mi sembra doveroso esprimere un sentito ringraziamento al Presidente Draghi e a tutto il governo da lui presieduto per lo sforzo di questi mesi così difficili e per il metodo di lavoro che lo ha distinto. Comporre visioni discordanti in un unico interesse unitario credo resti metodo indispensabile anche per il futuro. In questo momento così decisivo e pieno di rischi per l’Italia e l’Europa, desidero rinnovare il forte appello alla responsabilità individuale e collettiva per affrontare la prossima scadenza elettorale. L’indispensabile interesse superiore impone di mettere da parte quelli personali o individuali, per affrancare la politica da tatticismi ormai, peraltro, incomprensibili e rischiosi per tutti. Dobbiamo pensare alla sofferenza delle persone e garantire risposte serie, non ideologiche o ingannevoli, che indichino anche, se necessario, sacrifici, ma diano sicurezza e motivi di speranza. Il fondamentale confronto politico non deve mancare di rispetto e deve essere improntato alla conoscenza dei problemi, a visioni comuni senza furbizie, con passione per la cosa pubblica e senza agonismi approssimativi che tendono solo a piccoli posizionamenti personalistici e non a risolvere le questioni.
La crisi,
insomma, può, anzi, deve essere una grande opportunità per ritrovare quello che
unisce, per rafforzare il senso di una comunità di destino e la passione per
rendere il nostro Paese e il mondo migliori. Le pandemie ci hanno reso tutti
consapevoli della vulnerabilità, di come può essere messo in discussione quello
che appariva sicuro, come tragicamente vediamo con la guerra e le sue
pericolose conseguenze internazionali. Dal dopoguerra non abbiamo mai vissuto
una congiuntura così complessa, a causa dell’inflazione e delle diseguaglianze
in aumento, del debito pubblico che ha raggiunto una dimensione enorme, del
ritorno a un confronto tra blocchi che assorbe enormi energie e impedisce lo
sviluppo, dell’emergenza climatica e ambientale, della difficoltà del mondo del
lavoro con la condanna al precariato con il suo carico di fluidità.
Le fragilità
emerse con la pandemia del COVID, ad iniziare dagli anziani non
autosufficienti, i disabili, i tanti malati psichici, la tanta e atroce
solitudine, richiedono una protezione della persona efficace che solo uno
straordinario impegno può permettere. È quello che Papa Francesco chiama amore
politico. Non possiamo costruire il futuro delle prossime generazioni avendo
come unico orizzonte il presente, perché gli interessi di corto respiro
diventano inevitabilmente interessi di parte, individuali. Si presenta,
inevitabile, l’ora dei doveri e delle responsabilità per cui la politica dovrà
trovare il più virtuoso punto d’incontro tra ciò che è buono e ciò che è
realmente possibile perché le risorse esistenti non vadano sprecate ma
collocate al servizio del bene comune e dell’intera popolazione. È un tempo nel
quale dobbiamo ricostruire il senso di comunità, in cui, come ha ricordato il
presidente Mattarella, occorre un “contributo costruttivo” da parte di tutti,
specialmente di chi sceglie di impegnarsi nella vita politica. E ci auguriamo
siano tanti e con tanta e profonda motivazione per il bene comune.
Il prossimo
4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, la Conferenza
Episcopale Italiana è stata invitata a compiere il gesto dell’offerta dell’olio
per la lampada votiva sulla tomba del Santo. Sarà un momento di gratitudine per
quanti stanno aiutando il popolo italiano a far fronte agli effetti della
pandemia. Sarà anche occasione per una preghiera speciale per l’Italia e per la
pace.
sabato 30 gennaio 2021
SOCIAL E CADUTA DEI VALORI
«Il problema dei social è la caduta dei valori che noi adulti trasmettiamo ai giovani»
Parlando con monsignor Erio Castellucci presidente della
Commissione episcopale per la dottrina della fede. «Credo che il problema sia legato
agli adulti – dice il vescovo – però ho l’impressione che ci sia un retroterra
di “caduta di valori” che trasmettiamo noi adulti ai ragazzi. In questi giorni,
anche a seguito di questo fatto che non è isolato purtroppo, si moltiplicano
gli appelli alle famiglie, agli educatori (insegnanti, catechisti…) perché
vigilino sull’uso dei social. La vigilanza e la repressione sono
importanti perché non possiamo pensare ad un’educazione basata solo sulla
spontaneità: l’autoeducazione. Se vogliamo andare alle cause queste si trovano
nel mondo degli adulti che vuole rendere tutto lecito. Oramai è molto difficile
discutere di ciò che è buono e semplice e di ciò che è cattivo e malvagio.
Ciascuno vorrebbe che i propri atteggiamenti e le proprie
decisioni fossero messe sempre nel campo del “legittimo” (mi piace, lo
voglio, l’ho deciso), credo che questo sia un modello che mostra parecchie
crepe. Risponde ad una precisa linea pedagogica che era già suggerita nel
’700 da Rousseau: l’essere umano è buono e va lasciato esprimere. Poi sappiamo
che alcune scuole di pensiero si sono sviluppate su questo arrivando al
“vietato vietare” caro al sessantotto. Dobbiamo ripensare non a dei modelli
autoritari, bensì a modelli autorevoli. Noi pensiamo che abbiamo inventato
recentemente la “categoria dei giovani” perché ne abbiamo fatto l’oggetto di
studio degli ultimi decenni e ci chiediamo anche il perché. Semplicemente
perché l’abbiamo mitizzata ed aggredita noi adulti che facciamo di tutto per
sembrare e rimanere giovani mentre i giovani, che avevano gli adulti come
punto di riferimento, sapevano che dovevano diventare grandi, prendersi delle
responsabilità, e persino invecchiare, oggi non hanno più una zona dove poter
crescere (esagerando i toni). A me sembra che il fenomeno vada cercato in
questa direzione, non basta “stracciarci le vesti” condividendo questi fatti,
ma dobbiamo pensare alle cause facendo anche un “mea culpa” per non essere
farisaici».