- di Enzo Bianchi
Si
è conclusa una tappa del Sinodo che è certamente l’atto più importante, dopo il
Concilio Vaticano II, perché si propone di modificare la forma della Chiesa
cattolica.
Il
Sinodo non è terminato con l’esito paventato dal teologo spagnolo Gordo, che
intravvedeva la possibilità di un aborto. Si è passati da una prima fase di
ascolto reciproco tra tutti i partecipanti (per la prima volta vescovi,
religiosi, laici uomini e donne) a una fase in grado di elaborare proposizioni
e prendere decisioni per tutta la Chiesa.
Questa
è la fase più difficile: sarà una lunga intersessione fino a ottobre 2024 non
di sosta, ma in cui si dovrà lavorare. L’ascolto reciproco è stato una grazia e
una benedizione, ma occorrerà anche ascoltare quelli che nella Chiesa sono i
“dottori”, impegnati nella ricerca teologica.
A
me sembra che finora i teologi, gli esperti in epígnosis ecclesiale, non
abbiano dato il loro contributo com’era successo al Vaticano II. Sarebbe
ingiusto affermare che il Signore non è stato al centro del dibattito, ma la
cristologia che dà la forma alla Chiesa non mi è sembrata egemone nel dibattito
sinodale.
Ecco
perché occorre che tutti confidino di più nel Vangelo per saper cambiare,
innovare, riaccendendo la passione per Dio e per l’umanità. Purtroppo a causa
del digiuno di informazioni chiesto da Papa Francesco sappiamo poco, ma siamo
certi che tutti si sono espressi sull’ Instrumentum laboris e quindi a partire
dai temi emersi come urgenti nelle chiese locali.
Certo,
i temi sono troppi per un Sinodo: dall’ecologia, alla nuova antropologia, alla
vita della Chiesa. Sarà necessario ridurli e assegnare ciascun tema a teologi
competenti che esprimano possibili vie di attuazione e preparino decisioni
sinodali. Certamente il Papa ha scelto una strada che non è quella percorsa
negli ultimi tempi. Le parole che fa risuonare sotto le volte del Vaticano
sarebbero state ascoltate con orrore fino a vent’anni fa.
Le
invettive contro il clericalismo e l’autoritarismo nella Chiesa potranno essere
invocate per stigmatizzare comportamenti ecclesiastici abituali, ma se non ci
sarà una riforma delle componenti della Chiesa nasceranno nuove forme clericali
che deturpano il Vangelo.
Infine
in quest’ultimo anno sinodale credo ci sia ancora la possibilità di coinvolgere
nel cammino molti fedeli che finora ne sono restati al di fuori. Se venissero
delineati punti precisi da indagare in vista di una decisione è più probabile
che semplici cristiani si sentirebbero coinvolti e invogliati a partecipare.
Finora infatti i fedeli delle nostre comunità trovavano temi che abbagliavano
anziché intrigare e non se la sentivano di impegnarsi in un cammino sinodale
troppo vago.
La
relazione di sintesi, votata con una grande maggioranza che pochi attendevano,
apre a molte questioni da affrontare e indica modi concreti di riforma per
tutta la Chiesa. Sì, la riforma è in atto ormai e Francesco sarà ricordato,
dopo Giovanni XXIII, come il Papa che profeticamente e in modo convinto ha
voluto e avviato un tentativo di riforma.
La Repubblica
Nessun commento:
Posta un commento