“Comunicare
nei Movimenti
cattolici
e nel mondo”
Intervento al Consiglio
dell'UMEC-WUCT
-
-
-
Dr Angelo Scelzo*
Innanzitutto,
un cordiale saluto a tutti i convegnisti, riuniti per questo importante
appuntamento alla vigilia della sessione conclusiva.
Penso
sia necessario chiedersi, in maniera preliminare, se esiste, o può esistere, un
tipo di comunicazione specifica per i movimenti. E in che misura, ammesso che
esista, essa può differenziarsi dalla comunicazione ordinaria, adattabile cioè
a ogni circostanza.
Addentrarsi
in questa distinzione preliminare è un modo per trovarsi subito di fronte ai
cambiamenti, anzi direi, alla diversa natura della moderna comunicazione.
Che
oggi, anche rispetto a un decennio fa, sia cambiato il modo di comunicare è
sotto gli occhi di tutti. Sono radicalmente cambiati i mezzi attraverso i quali
la parola, (ma non solo: anche i gesti o le diverse espressioni) si pone al
centro delle nostre relazioni. Sempre più, nell’età del digitale, la parola è
accompagnata dalle immagini; sempre più non è soggetta alle distanze, e senza
che questo comporti ritardi o dilazioni sullo stato del dialogo.
Si
può forse cominciare a dire che la comunicazione ordinaria rappresenta soltanto
un’espressione, poiché in realtà alla grande varietà dei mezzi (in termini più
aggiornati la multimedialità) corrisponde una più estesa varietà di
comunicazioni. Ogni ambito ha la propria, che si differenzia non solo per la
diversità dei mezzi da impiegare, ma naturalmente per gli obiettivi e per la
platea alla quale si rivolge.
L’importanza
e il nuovo ruolo dei mezzi.
Vorrei
mettere a fuoco, a questo punto, proprio la diversa incidenza dei mezzi più
tradizionali come la radio, la televisione, la stampa scritta, il cinema,
rispetto a quella che potremmo definire la nuova comunicazione a “radice
digitale”. Si tratta di mezzi che continuano ad avere una loro vita. La
rivoluzione digitale non li ha mandati in soffitta ma certo li ha profondamente
modificati.
Ciò
che avvenuto, infatti, è stata una loro particolare proliferazione: ognuno di
essi, con l’avvento del digitale, pur conservando la propria identità, l’ha
tuttavia potenziata dando vita a nuovi strumenti, prima fra tutti, i social e
l’ormai diffusissima famiglia delle applicazioni che normalmente utilizziamo
sui nostri smartphone: l’ex Twitter, ora X, Facebook, TikTok, Instagram e altri
di più limitata incidenza.
Di
fronte a questa imponente evoluzione, si parla oggi di vecchia e nuova
comunicazione. E la parola che più ricorre, per segnare questa svolta, è
rivoluzione.
Occorre
anche precisare che si tratta di una rivoluzione ancora in corso, tutt’altro
che alle nostre spalle, osservando i continui e strabilianti passi avanti che
il mondo digitale produce quasi giorno per giorno.
La
comunicazione e il messaggio
È
stata la nascita, qualcuno parla di “invenzione” della rete Internet ad aprire,
anzi spalancare, le nuove vie della modernità comunicazione. L’irruzione di
questo mondo ha destato, in un primo momento, meraviglia e sconcerto.
Tutto
cambia. Ed è venuto presto in primo piano la preoccupazione del messaggio,
ovvero della fedeltà del messaggio al confronto con gli scenari del tutto
inediti di una comunicazione che si poneva addirittura a capo dei cambiamenti
sociali e culturali in corso in ogni parte del mondo.
La
“vecchia” comunicazione si limitava a descrivere, a raccontare, a far vedere -
attraverso gli audiovisivi, una volta limitati al piccolo e grande schermo- la
realtà e i modi di vita. Eravamo abituati a una funzione sussidiaria. Sapevamo
ben distinguere i mezzi dal messaggio e neppure le intuizioni di un grande
studioso come Mc Luhan, ci aveva portati oltre i confini stabiliti.
Di
fronte a quel che è avvenuto dopo non si può certo parlare di semplice
innovazione. Le nuove tecnologie hanno subito assegnato alla comunicazione un
ruolo del tutto diverso: niente più sussidiarietà ma una forma di protagonismo
consapevole, privo di scrupoli e prudenze. La nuova comunicazione, in realtà, è
salita in cattedra, ha cominciato a dettare le sue leggi, anzi a farne di
nuove, fino a guidare di fatto i processi di un mondo in transizione. L’esempio
più eclatante riguarda la globalizzazione, l’evento che ha segnato questo
nostro tempo. Ancora oggi si discute se essa non sia stata determinata proprio
dallo sviluppo di una comunicazione spinta oltre le soglie del tempo e dello
spazio; se il mondo non sia diventato un “villaggio” proprio per l’incidenza e
l’influsso di una comunicazione che liberatasi, attraverso le nuove tecnologie,
delle proprie frontiere, è andata a scardinarne altre per suo conto.
L’instant-communication è diventato a
un tratto realtà e varcando i confini tradizionali, ha aperto strade
impensabili in ogni campo - sociale, culturale, economico- attraversato. Tutto
è comunicazione, si è arrivati a dire per celebrarne ed enfatizzarne la
potenza.
L’autorevolezza della nuova comunicazione.
Possiamo
però dire che abbiamo impiegato tempo per riconoscere appieno e totalmente
questo cambio d’epoca. Ci è stato difficile rassegnarci o non battere ciglio d
fronte a certe espressioni della nuova comunicazione, fatte apposta, ci
sembrava, per mettere alla prova la nostra accettazione. Abbiamo fatto fatica
prima di tutto ad accettare l’autorevolezza dei nuovi mezzi che ci sono
sembrati utili sì, ma limitati a forme di comunicazione ordinaria, colloquiale,
quasi “di servizio”. Mai forse avremmo immaginato che dichiarazioni e atti
solenni dei massimi organismi e delle personalità più autorevoli, compreso il
papa e i capi di stato, potessero essere veicolati e diffusi via tweet e sulle
piattaforme dei diversi social. Resisteva in qualche modo, una forma di
gerarchia naturale che segnalava forse più una resa che una vera e convinta
adesione alla realtà della nuova comunicazione.
Atteggiamenti
e stati d’animo subito spazzati via. La comunicazione oggi è fatta di questi
mezzi e occorre prendere atto che non è possibile fermare il vento con le mani.
La
tragica evoluzione di questo nostro tempo ha poi consolidato il radicale cambio
di passo. Gli smartphone, più delle stesse telecamere, ci hanno portato in casa
la guerra in Ucraina, e continuano a raccontarci i drammatici giorni del
sanguinoso assedio a Gaza dopo il feroce attacco di Hamas a Israele. Ma tanto
più nelle guerre, i social e gli strumenti della nuova comunicazione non sono
soltanto testimoni, non registrano soltanto eventi. Sono essi stessi
protagonisti, come lo sono stati al tempo della pandemia, l’altro flagello di
questi nostri giorni così difficili e tormentati. Isolandoci fisicamente, la
pandemia ha offerto sul piatto d’argento ai nuovi media, all’intera galassia
della comunicazione digitale, l’occasione per entrare ancora di più nella vita
concreta delle persone. Per un tempo non breve il lockdown ha fatto in modo che
i social fossero la nostra lingua, le nostre espressioni, il tramite
privilegiato e quasi unico del nostro modo di comunicare. Ha creato piccole e
grandi comunità, certo virtuali, ma potenzialmente in grado di sviluppare anche
dal vivo le loro relazioni. Come la pandemia abbia contribuito a cambiare il
modo di comunicare nella chiesa è argomento oggetto di molti studi. Qualcuno è
arrivato a dire che le trasmissioni in streaming, come le stesse celebrazioni
domenicali, hanno contribuito a svuotare le chiese, facendo anche osservare che
il ritorno alla normalità ha anzi sancito il calo di affluenza dei fedeli.
In
ogni caso si tratta di un argomento che ha potuto guadagnare terreno proprio
perché le nuove tecnologie consentivano tecnicamente una partecipazione a
distanza, ma con tutte le modalità offerte da una comunicazione mai così ampia
ed articolata.
La
comunicazione e la Chiesa
Quest’ultimo
aspetto introduce in maniera diretta una domanda a questo punto inevitabile.
Qual è, e quale è stato l’atteggiamento della chiesa di fronte a questa vera e
propria rivoluzione mediatica?
Per
un movimento come il vostro che pone al centro il fattore educativo legato
all’impegno di una testimonianza cattolica, è una domanda che non può essere
elusa.
Una
premessa essenziale: non si può dire che la chiesa abbia sbarrato la strada
alla nuova comunicazione. Essa si è resa subito conto dell’importanza del
cambiamento, pur non avendo forse i mezzi per attuarlo con immediatezza.
Penso
possa essere utile un riferimento a ciò che è accaduto nella comunicazione
vaticana per cercare una risposta più motivata. La comunicazione della Santa
Sede ha appena affrontato una riforma - nell’ambito di quella più generale di
tutta la curia romana- che ne ha totalmente mutato il carattere. Prendo a
riferimento la comunicazione vaticana poiché essa rappresenta, in qualche modo,
il paradigma di ciò che si è verificato a livello più generale.
I
vecchi mezzi della comunicazione della Santa Sede, in gran parte sviluppatisi
dal Concilio in poi - prima esistevano L’Osservatore romano e la Radio Vaticana
- con l’aggiunta successiva della Sala Stampa, e del Centro Televisivo vaticano
(tutti sotto l’ombrello del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali),
sono in pratica confluiti in un unico sistema integrato che li raggruppa tutti
insieme nella forma digitale. Dai singoli mezzi, ognuno con la propria vita, a
una galassia multimediale che parla tutti i diversi linguaggi della vecchia e
nuova comunicazione.
Era
un passaggio necessario, secondo le caratteristiche dei nuovi strumenti
polifunzionali che, allo stesso tempo. rendono possibile la trasmissione della
parola associata con le immagini e diffusa non solo attraverso i mezzi
tradizionali, ma segmentata attraverso le svariate fonti dei social che
alimentano l’affollatissimo “banco” degli audiovisivi. In pratica per tutta la
vecchia comunicazione è suonata la campana di una profonda riconversione nel
mondo digitale.
Si
parla di rivoluzione perché si è aperto un mondo nuovo. Anche nella chiesa, se
si pensa che i primi protagonisti di questa storia che viene da lontano, vanno
considerati i papi della modernità, a partire da Paolo VI con il quale la
questione- comunicazione, entrata in tono dimesso nella prima fase del
Concilio, prese poi il volo nel decennio successivo, fino a proporsi come un
naturale lett-motiv nei lunghi anni del pontificato di Giovanni Paolo II. Tanto forte diventò la spinta che, in maniera
quasi inaspettata la comunicazione si impose tra i grandi temi del magistero di
Papa Benedetto. Proprio così: un papa che ha continuato a scrivere, fino
all’ultimo, a mano, con una matita, ha finito col segnare un punto di svolta
nel passaggio da un’epoca all’altra della comunicazione ecclesiale. È per
questo che la comunicazione di Benedetto, con il ritorno, in un certo senso, al
primato della parola al tempo (pieno) di Internet, rappresenta un capitolo a
parte nella vicenda comunicativa. Di fatto Benedetto ha dato ufficialmente il
via, con un clic da un tablet, al primo portale, news-va che ha indicato la
strada della conversione digitale a tutti i media vaticani. Come non considerare, poi, anche soltanto per
titoli, l’incidenza, anzi il peso, che la comunicazione ha finito per avere nel
suo pontificato?
Basti
pensare al dramma di Vatileaks, ma non solo. E, forse più clamorosa tra tutte,
dal punto di vista comunicativo la “Lezione stravolta” di Ratisbona, un saggio
magisteriale scambiato come atto di ostilità del momento contro il mondo
mussulmano.
Poi
venne, Francesco. E qui si tratta di storia in corso, e di quella raccontata in
prima persona dai Papi.
Si
può iniziare da un’apparente contraddizione: non si può dire, in linea
assoluta, che la comunicazione lo appassioni, ma è anche certo che Francesco
non ha dovuto attendere di essere eletto Papa per riconoscerne l’importanza. E occorre aggiungere che una volta sul soglio
di Pietro ha potuto rendersi conto che all’interno delle mura, pochi altri
problemi richiedevano un’attenzione più immediata.
Francesco
è il terzo Papa del nuovo millennio, e la storia di questo primo ventennio e
più, della chiesa e del mondo, può essere ricapitolata proprio attraverso i tre
papi del terzo millennio.
Con
l’elezione al papato di Bergoglio, la ricorrenza della “prima volta” diventa
quasi inarrestabile: per la prima volta sulla cattedra di Pietro un esponente
della chiesa del Sud America; per la prima volta un gesuita diventa Papa e per
la prima volta viene eletto il figlio di una famiglia di emigranti, in una
stagione caratterizzata proprio dal fenomeno delle grandi migrazioni. Anche la
comunicazione ecclesiale è avida, per conto suo, di prime volte e il Papa
“chiamato dall’altra parte del mondo” rappresenta subito una grande sfida.
La
chiesa come “ un ospedale da campo”, il pericolo che possa far rinchiudersi “
in piccole cose e piccoli precetti” o trasformarsi nel “ nido protettore delle
nostre mediocrità”, il confessarsi come “peccatore al quale Dio ha guardato”,
ma soprattutto i termini di una visione positiva di una chiesa che, alla
luce della “ Gaudium et spes” “è sempre
in cammino con il suo popolo”, hanno rappresentato i capitoli di rilievo di una
comunicazione mai tanto espressiva di un pontificato che ha scelto di
affiancarsi in ogni momento all’uomo.
È
toccato così a Francesco, il primo papa della generazione che non prese parte
direttamente al Concilio - e primo anche di quella che fu chiamata a iniziarne
la ricezione- a proiettare la comunicazione vaticana verso un tempo nuovo, anzi
un vero e proprio passaggio d’epoca.
Conclusione
Per
restare nell’ambito ecclesiale una valutazione dei cambiamenti avvenuti nella
comunicazione, porta a ritenere che i cinque secoli di distanza dalla stampa di
Gutenberg al tempo del Concilio, non valgono, in termini di innovazione e di
progresso, gli ultimi sessant’anni culminati nell’era digitale, e a lungo
“raccontati “da caratteri e matrici di piombo, sulla carta di libri o di
giornali.
È
un altro mondo e un altro tempo per una comunicazione che cerca sempre più di
sottrarsi al ruolo di “servizio”, per imporsi - una volta presa consapevolezza
del proprio ruolo - come protagonista attivo - e talvolta decisivo- nelle
vicende di un mondo iperconnesso. Ma anche iper-tormentato.
*Già Vicedirettore della Sala Stampa Vaticano e Segretario del Dicastero per la Comunicazione
umec.wuct@gmail.com - generalsecretary@umec-wuct.org - http://wuct-umec.blogspot.com
Nessun commento:
Posta un commento