Il
romanzo autobiografico Banchi di vita, uscito all’inizio di novembre per la
Helicon edizioni, è il frutto di un debito di gratitudine per ciò che
l’autrice, Cecilia Ricci, docente di filosofia e storia, ha appreso dai suoi
alunni durante i primi anni di insegnamento. Ogni insegnante è spesso ridotto,
come si spiega nel testo, “a pianificatore di programmi, di contenuti, unità,
moduli, sapientemente dilazionati, snocciolati nell’arco delle lezioni e delle
settimane ma ha la possibilità di accorgersi, se è onesto con quello che vive,
che non c’è una tabella di marcia perfetta quando si hanno davanti le vite
degli altri”.
È
anche per resistere al rischio di deriva spersonalizzante della scuola che
l’autrice ha avvertito l’urgenza di raccontare la storia della gratitudine
sorta, passo dopo passo, incontrando la meraviglia e la rivolta dei suoi
studenti, maturate dentro le lezioni di filosofia. Gli interrogativi della
disciplina hanno generato le loro domande e permesso alle sue di ridestarsi,
consentendo alla sua umanità rattrappita e infarcita di pretese di misurarsi
con l’assillante domanda che si ostinava a non guardare: “Esiste qualcosa che
duri per sempre?” e “Che forma ha il Bene? Quello che riceviamo, immeritato, o
quello che doniamo per guarire segretamente le nostre colpe? Che natura aveva
il mio, commensurabile al dolore da cui sgorgava incessantemente insieme alle
mie quotidiane rivolte?”.
La
fine di uno dei tanti esami di Stato aveva portato alla coscienza che non ci
sarebbe stato più spazio per lo stupore e le domande sofferte, nate dagli
interrogativi filosofici e dai crimini della storia. Gli alunni avrebbero
intrapreso cammini diversi, ma la giovane insegnante, anziché gioire fiduciosa,
viveva il dolore dello strappo. Fu allora che interrogò quel dolore, figlio del
suo bisogno innato di eternità e della promessa tradita che rintracciava in
numerose esperienze della sua vita. Probabilmente, allora, pochi avrebbero
indovinato il suo smarrimento, soprattutto i suoi studenti che erano soliti
vederla come un generale inflessibile ed esigente dentro al recinto della
classe.
Quello
delineato è quindi un percorso di cambiamento dalla pretesa alla gratitudine,
reso possibile dal cammino attraverso il dolore della malattia e della perdita,
il bisogno di amicizia e di autenticità di rapporti veri, il dramma per la
sofferenza dei ragazzi disabili e l’amore incommensurabile ricevuto da loro in
dono. Tutte esperienze che nel volume hanno nomi e storie uniche e universali.
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