“Le associazioni di fedeli
nella Chiesa oggi”
Condivido con voi alcune riflessioni sulla realtà
dell’associazionismo laicale oggi. Il nostro Dicastero, all’interno della Santa
Sede, ha la competenza di concedere il riconoscimento giuridico alle
associazioni internazionali di fedeli e di accompagnarle nel loro sviluppo e
nel loro apostolato. Al momento attuale vi sono 116 realtà aggregative laicali
riconosciute dalla Santa Sede. Sono molto diverse fra di loro, per origine,
natura, finalità. Mi concentro in particolare su quelle, come l’UMEC, che hanno
il carattere di associazioni di fedeli.
Alcune di queste associazioni
appartengono al gruppo delle ex Organizzazioni Internazionali Cattoliche (OIC),
dicitura non più utilizzata, e trovano la loro origine in quella corrente
associativa di carattere laicale che ha avuto un grande impulso tra la fine del
XIX secolo e i primi decenni del XX secolo. L’allora Pontificio Consiglio per i
Laici, in uno studio a loro dedicato, vedeva una duplice finalità delle OIC:
«la promozione della vita apostolica e missionaria dei propri membri» e insieme
«la capacità di organizzare e gestire una presenza cristiana incisiva nella
vita internazionale»[1].
L’ambiente ecclesiale e culturale che ha dato origine a questa “corrente
associativa” era contraddistinto da una nuova visione di Chiesa come “mistero
di comunione”, dal desiderio di portare l’annuncio cristiano in ambienti sempre
più secolarizzati, dalla crescente consapevolezza del protagonismo laicale[2].
Numerosi testi magisteriali hanno sostenuto e incoraggiato
tali realtà. Ne cito uno particolarmente significativo, la Gaudium et Spes, che afferma: «simili associazioni giovano non poco
a istillare quel senso universale, che tanto conviene ai cattolici, e a formare
la coscienza di una responsabilità e di una solidarietà veramente universali»
(n. 90). Con il nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983, si è resa necessaria
la revisione dello statuto giuridico di tali realtà, che hanno riformulato i
loro statuti, diventando “Associazioni Internazionali di fedeli”, rientrando
dunque sotto la competenza del Pontificio Consiglio per i Laici, e, a partire
dal 2016, del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.
Dal testo del Pontificio Consiglio per i Laici e dal testo
conciliare Gaudium et Spes emergono
queste quattro finalità in relazione a quelle Associazioni di fedeli che hanno
raccolto l’eredità delle OIC: 1) promuovere una attività apostolica coordinata;
2) rendere incisiva la presenza cristiana nella vita internazionale, 3)
promuovere un senso internazionale tipicamente cattolico; 4) formare alla
corresponsabilità universale. Cosa è cambiato oggi rispetto a queste finalità?
Il Santo Padre afferma nella Evangelii Gaudium: «La formazione dei laici e l’evangelizzazione
delle categorie professionali e intellettuali rappresentano un’importante sfida
pastorale» (EG 102). In altri tempi la sfida sarebbe stata quella di “mobilitare”
le categorie professionali (con una identità cattolica già ben delineata) e di “orientare”
il loro impegni verso un fine apostolico comune. Ora la sfida pastorale è
quella di “evangelizzare” le categorie professionali.
«Viviamo un cambiamento epocale: una metamorfosi non solo
culturale ma anche antropologica che genera nuovi linguaggi e scarta, senza
discernimento, i paradigmi consegnatici dalla storia. L’educazione si scontra
con la cosiddetta rapidación, che imprigiona l’esistenza nel
vortice della velocità tecnologica e digitale, cambiando continuamente i punti
di riferimento. In questo contesto, l’identità stessa perde consistenza e la
struttura psicologica si disintegra di fronte a un mutamento incessante che
contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica» (Messaggio del Santo Padre Francesco per il
lancio del Patto Educativo, 12 settembre 2019).
È
un testo molto denso. Papa Francesco, per caratterizzare il nostro tempo, ha affermato
più volte che si tratta non di “un’epoca di cambiamento” bensì di “un
cambiamento d’epoca” che trasforma «velocemente il modo di vivere, di
relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le
generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede e la scienza»[3].
Al tempo della nascita di molte OIC, c’era senza dubbio una maggiore uniformità
antropologica, persino fra credenti e non credenti. C’era una tacita
condivisione di una “visione d’insieme”, nel senso che esisteva un modo
fondamentale di intendere la persona, le relazioni, la vita famigliare, la vita
sociale, che era lo stesso per tutti. Ora, come dice il Papa, i “paradigmi
consegnatici dalla storia” non sono più accettati. Più che rifiutati, sono
semplicemente ignorati. Pensiamo, ad esempio al modo di concepire l’uomo (nella
sua costitutiva realtà corporea-spirituale), al modo di concepire la relazione
uomo-donna, la relazione genitori-figli, la relazione individuo-stato, la
relazione fra individuo e territorio di appartenenza (cfr ad esempio la
distinzione di D. Goodhart fra generazione degli “anywhere” rispetto a quella
dei “somewhere”)[4].
Questo dissolvimento dei paradigmi
storici provoca la perdita di coesione sociale e la dissoluzione dell’identità
e della struttura psicologica delle persone (basta guardare allo smarrimento
dei giovani!). Proprio di fronte a tutto ciò il Papà ha proposto un “Patto
Educativo globale” che vorrebbe «costruire un “villaggio dell’educazione” dove
… trovare la convergenza globale per un’educazione che sappia farsi portatrice
di un’alleanza tra tutte le componenti della persona: tra lo studio e la vita;
tra le generazioni; tra i docenti, gli studenti, le famiglie e la società
civile con le sue espressioni intellettuali, scientifiche, artistiche,
sportive, politiche, imprenditoriali e solidali»[5],
e soprattutto dove al centro di tutto si torni a mettere la persona.
Le Associazioni di fedeli, e voi
dell’UMEC in particolare, sono chiamate in causa in questa sfida. Si tratta di
ridare senso all’esistenza di tante persone. Si tratta di ritrovare le
motivazioni profonde dell’essere persona, dello stare insieme, della relazione
uomo donna e della sfida di accogliere un progetto di vita coinvolgente e bello
come la famiglia. Si tratta di riflettere sull’interconnessione di tutti gli
uomini e dunque di ripensare la responsabilità dell’uomo nei confronti degli
altri, della società, della creazione. Si tratta, in fondo, di “ridire” l’uomo
e le sue dimensioni fondamentali, in modo creativo, avvincente e incoraggiante.
Con un linguaggio e degli stili che siano propositivi e generino entusiasmo,
non usando toni censori, risentiti e di condanna.
Capiamo dunque la grande opportunità che ha un insegnante.
Ogni insegnante, di qualsiasi materia, è una “guida verso la verità”, quella
verità che abbraccia tutti i campi del sapere umano: sia essa la verità
storica, la verità matematica e scientifica, la verità estetica, la verità
filosofica, ed ogni altra verità. Questa esperienza è così potente da lasciare
tracce di gioia nell’animo umano così profonde che diventano un richiamo
silenzioso di Dio stesso. La conoscenza, o meglio, l’“esperienza” della verità
accende nell’animo una segreta aspirazione dell’animo verso Dio che è la
pienezza della verità. Aiutare i giovani a cercare la verità, aiutarli ad
innamorarsi della verità, significa dunque indirizzarli verso Dio, significa
aprire il loro animo alla ricerca della vera felicità e dunque della vera pace.
Quale grande missione, quale grande responsabilità per ogni insegnante!
[1] Cf. Pontificio Consiglio per i Laici, L’Assemblea
generale della Conferenza delle OIC, in Notiziario 8 (2003), n. 7.
[2] G. Carriquiry Lecour, Lo
sviluppo del fenomeno associativo nella Chiesa cattolica, in G. Carriquiry
Lecour, ed., Statuti delle Organizzazioni Internazionali Cattoliche,
Milano 2001, IX-XI.
[3]
Papa Francesco, Discorso alla Curia
Romana per gli auguri di Natale, 21 dicembre 2019.
[4] David Goodhart, The Road to Somewhere: The Populist Revolt
and the Future of Politics, C Hurst & Co, 2017.
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