"Non c’è più un uomo sincero, è scomparsa la trasparenza fra gli umani, si dicono menzogne l’un l’altro e le loro false labbra parlano mosse da un cuore doppio”
(Salmo 12)
- - di Enzo Bianchi
Forse
mai come in questi tempi si parla e si presta tanta attenzione all’ascolto
perché siamo ammorbati da troppe parole, messaggi e rumori che ci impediscono
una comunicazione autentica.
Ciò
che viene richiesto in ogni situazione e in modo ossessivo è l’ascolto, lo
spazio da apprestare per rendere feconda la parola. L’ascolto, che non è
semplicemente “sentire”, è un atto intenzionale che nasce dalla volontà ed è
frutto di una decisione che comporta il chiamare a raccolta le forze per
accogliere e recepire una parola. Ma va detto che la parola che precede
l’ascolto deve avere una sua grammatica proprio per essere parola, evento
creato solo dall’uomo.
In
una stagione culturale contrassegnata da diverse “crisi” abbiamo bisogno di
interrogarci nuovamente su cosa è l’uomo. Com’è possibile ascoltare ed essere
testimoni di “parole doppie”, menzogne proclamate da chi pensa in modo diverso
da come parla, senza sentire l’esigenza di una grammatica della parola che le
restituisca veridicità e autorevolezza? Secondo la tradizione ebraico-cristiana
il peggiore sintomo di malessere sociale è la corruzione della parola, quando
“non c’è più un uomo sincero, è scomparsa la trasparenza fra gli umani, si
dicono menzogne l’un l’altro e le loro false labbra parlano mosse da un cuore
doppio” (Salmo 12).
Chi
di noi non sottoscriverebbe queste parole del salmista sulla società del suo
tempo? Sì, noi oggi siamo consapevoli che la comunicazione è particolarmente
malata, che la manipolazione attraverso la parola è frequente e praticata nel
quotidiano anche da persone semplici, ma soprattutto che si ha paura della
parresìa, virtù che pure dovremmo aver ereditato da Socrate come arte di dire
sempre la verità, anche a caro prezzo. Il parlare come atto di comunicazione e
testimonianza è molto faticoso e richiede la disponibilità a trovarsi in
contrasto con la posizione della maggioranza. E invece nella società e nella
Chiesa si favorisce più che mai l’ipocrisia, l’apparire non come si è ma in
modo tale da ottenere successo e potere. È significativo che nel Vangelo Gesù
abbia perdonato tutti i peccati, ma non abbia mai avuto una parola di
comprensione e di misericordia verso gli ipocriti, i religiosi doppi per
vocazione demoniaca, ignavi e timorosi nei confronti del potere, aguzzini nei
confronti degli ultimi. Ma oggi “la gente” ha capito, anche se non ancora fino
al punto da indignarsi, che soprattutto quelli che sono al potere e sono
“doppi”, non dicono quello che pensano ma solo ciò che li aiuta a perseguire il
loro interesse: per questo non hanno autorevolezza. Certo, dovremmo tutti
crescere nella consapevolezza che la parola, che contraddistingue l’uomo da
tutti i viventi, precede ogni comunicazione e ogni ascolto. “In principio era
la Parola!”.
La
parola che noi diciamo non è più nostra, ma è consegnata a chi ascolta e non
può essere richiamata indietro perché appartiene a chi l’ascolta.
Come
dicono i contadini del Monferrato: “Ricordati, le parole sono come pietre”. Non
c’è vero ascolto senza etica della parola.
La Repubblica
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