Visualizzazione post con etichetta Pnrr. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Pnrr. Mostra tutti i post

sabato 2 marzo 2024

SCUOLA E PNRR

Scuole alle prese con il Pnrr. 

Un fiume di quattrini da spendere, ma senza autonomia. 

Calati dall'alto. 

Senza partite dai bisogni.

 -        di Laura Giulian

Nella scuola italiana in questi ultimi due anni sono stati rovesciati un sacco di soldi da utilizzare solo e unicamente in alcuni contesti. Lo chiamano PNRR. Sulla carta è tutto apparentemente molto interessante, innovativo, stimolante anche per certi versi. Vedersi “regalare” soldi per rinnovare la propria scuola è un po’ come ricevere un mega bonus per ripensare l’arredamento di casa. Chi non ne sarebbe entusiasta?

 Abbiamo dovuto dire in anticipo come avremmo speso quella cifra mastodontica nei plessi del nostro istituto comprensivo, e come noi anche gli istituti attorno. Una marea di soldi, ma vincolati. L’obbligo di spenderli, ma restando solo dentro al “capitolato”. Contemporaneamente ci siamo ritrovati a dover acquistare dei banali dvd per un semplice progetto interno. Ma pare che la riprogettazione iper-tecnologica degli spazi e delle attrezzature scolastiche non possa coesistere con l’acquisto di tali dispositivi.

Questa riflessione non vuole essere un affronto al PNRR ma l’occasione per porre una domanda. Perché la scuola viene obbligata a usare veramente tanti soldi confluiti dentro a un “catalogo” di possibilità imposto senza che nessuno abbia chiesto di cosa ciascun istituto avesse veramente bisogno? Perché la didattica continua ad andare verso la sempre maggiore attenzione al singolo alunno, mentre le risorse economiche (esagerate in questo caso) non hanno tenuto conto del reale bisogno? Perché è stata creata una necessità calata dall’alto?

 Nessun docente è contrario all’innovazione tecnologica o alla formazione e nessuno rifiuta dei soldi, ma avrei trovato più sensato e responsabilizzante che ciascun istituto avesse individuato i reali e oggettivi bisogni a cui far fronte. Magari arrivando a spendere molti meno soldi. Ogni istituto ha le proprie caratteristiche e i propri obiettivi di miglioramento in base a tante variabili che puntualmente il collegio docenti individua sulla base anche di dati osservabili. È un po’ come una famiglia che conosce le necessità dei propri membri. Bisognerebbe partire sempre dalla realtà, altrimenti si entra nel meccanismo pubblicitario: ingenero in te bisogni che neanche pensavi di avere.

 In tutto questo marasma di rinnovo locali, stampanti 3D, monitor ultra touch, è una corsa ad ostacoli poter acquistare dei dvd per la visione di alcuni film, dal momento che non rientrano nei “bisogni” pensati per la scuola e che la fatturazione per l’acquisto ha dei vincoli molto rigidi, ma che oggi sono il reale, oggettivo e immediato bisogno concreto dei nostri studenti.

 Forse è necessario ricominciare ad ascoltare chi in aula ci mette piede ogni giorno. Chi abita una casa ne conosce i limiti e le necessità e, come un buon amministratore, sa anche fare gli investimenti migliori per tutti i suoi membri. Forse bastava prima chiedere, così un nuovo laboratorio di scienze tecnologicamente avanzato sarebbe potuto coesistere con un dvd “antiquato”.

 Il Sussidiario

venerdì 19 maggio 2023

BUONE RELAZIONI a SCUOLA e NON SOLO


 Ecco perché il vero “Pnrr” 

comincia in aula docenti

 

- di  Nicola Campagnoli

 Il mondo scolastico, come ogni altro ambiente lavorativo, è sempre più condizionato dalla qualità delle relazioni che vi si instaurano. Quali sono i rischi più frequenti in cui si cade?

Primo: è sempre più evidente l’erronea convinzione che una persona possa, da leader solitario, cambiare una situazione. Che un professore illuminato possa guidare al meglio una classe, un responsabile d’indirizzo il suo dipartimento, un preside un intero istituto scolastico.

In nome di alcuni presupposti teorici ben saldi e chiari, in nome di alcune iniziative innovative che si hanno chiare alla mente, in nome di una strategia sulla carta più efficace e comunicativa, si finisce per cozzare contro il muro della realtà dei colleghi, dei ragazzi o dei docenti che difficilmente si adattano ai nuovi schemi. A quel punto il collega o il dipendente, o anche lo studente, diventano l’ostacolo disturbatore, l’elemento conservatore che “non capisce”, e quindi rallenta tutto il processo che si vorrebbe attivare.

Non è difficile rendersi conto di questa piaga: un prof che parla male dei suoi colleghi perché “non comprendono i ragazzi, invece io…”, un dirigente che vuole creare un nuovo indirizzo nel plesso scolastico (che magari per niente si adatta alla natura di quell’istituto, ma farebbe “passare alla storia” il suo nome proprio per la novità introdotta), un capo dipartimento che obbliga i suoi colleghi ad adottare un libro piuttosto che un altro “visto che le altre pubblicazioni sono tutte obsolete”…

Tale errore si fonda su una visione che non coglie due profonde verità. La prima, che solo una comunità – un villaggio – educa (come ripete spesso Papa Francesco). La seconda, che il cambiamento parte non da una preventiva pianificazione teorica, bensì dal mettere le mani in pasta su un particolare, su una situazione, tenendo gli occhi bene aperti su ciò che la realtà in quel caso vuole indicarci, sulla direzione insita dentro le cose, dentro le circostanze. Questo lavoro può esser portato avanti solo “insieme”, non uno sull’altro, condividendo insieme “in azione” un pezzo di realtà e cercando di sottolineare – uno all’altro – i segnali che dalla realtà emergono.

Il secondo grande rischio in cui è facile cadere sono la maldicenza e il pettegolezzo, tentazioni letali in ogni ambiente scolastico. Sembra non si riesca a farne a meno, tanto sono forti e inestirpabili. Si potrebbe addirittura affermare che se Dio ha permesso all’uomo di collaborare con Lui nella creazione continua dell’universo, nell’uso delle risorse e nella costruzione di un mondo più vivibile, il demonio cerchi di impedire questo “lavoro costruttivo” proprio attraverso l’invidia, le parole dette alle spalle, il rancore interiore. Riguardo a questo aspetto non credo ci sia bisogno di fare esemplificazioni: è così presente, così forte, così evidente nelle nostre scuole che lo abbiamo continuamente sotto gli occhi. Cosa si può dire su queste “lingue lunghe”, che sono fardello di ognuno di noi? Nulla. Sembra quasi che occorra rassegnarsi a tale oscurità. Però ci si può accorgere di due aspetti. Uno è che questi “difetti” appartengono a tutti noi, ma principalmente a chi vive una insicurezza esistenziale di fondo; a chi vive il lavoro non come contributo alla realizzazione del destino del mondo, ma a chi lo svolge per colmare una “solitudine affettiva”, una “insoddisfazione esistenziale” di fondo. Costoro usano il lavoro per affermare se stessi, non per costruire un bene comune.

L’altro aspetto è che fa molto meglio chi dice apertamente le cose che pensa e vede, chi le mette a confronto – magari col rischio di toccare la suscettibilità dell’altro – senza farle pesare dall’ombra dei gruppuscoli o delle amicizie complici e sotterranee. Meglio un ambiente in cui si litiga, si discute animatamente, che una scuola in cui c’è un finto perbenismo che nasconde veleni e accuse taciute.

Sembra nulla, ma cominciare a rendersi conto di tali situazioni può far meglio alle scuole dei fondi del Pnrr.

 Il Sussidiario

venerdì 1 luglio 2022

POVERTA' EDUCATIVA. QUALI STRATEGIE?


Arrivano i fondi

 manca la strategia

 

-         di CINZIA ARENA

 Il contrasto alla dispersione scolastica e il superamento dei divari territoriali nell’ambito dell’istruzione è uno degli obiettivi strategici del Pnrr. Ma la prima parte dei fondi stanziati, un terzo degli 1,5 miliardi previsti, sono stati assegnati senza che venissero accolte le indicazioni fornite dal gruppo di lavoro nominato dal ministero dell’Istruzione a marzo. «Si rischia di trasformare questa incredibile possibilità in un’occasione mancata di combattere la povertà educativa» commenta Marco Rossi Doria, presidente della Fondazione Con i bambini che insieme ad altri membri del gruppo di lavoro (Ludovico Albert, Franco Lorenzoni, Andrea Morniroli, Vanessa Pallucchi, don Marco Pagniello e Chiara Saraceno), ha scritto al ministro Patrizio Bianchi.

Il decreto 170 del 24 giugno che assegna i primi 500 milioni alle scuole italiane – secondo i firmatari della lette- ra – non tiene conto delle linee di indirizzo in termini di alleanze territoriali per combattere le diseguaglianze. In particolare viene contestata un’eccessiva semplificazione dei criteri per l’assegnazione dei fondi alle scuole, che non prende in considerazione, ad esempio, i risultati dei test Invalsi, l’incidenza di alunni con bisogni educativi speciali (Bes) e la presenza di giovani Neet. Il decreto assegna le risorse non contiene indicazioni concrete su come usarle, punto sul quale il gruppo di lavoro aveva insistito parecchio. «C’è ancora l’occasione di evitare il rischio, gravissimo, che la mancanza di indicazioni possa tradire le stesse finalità del Pnrr, reiterando interventi 'a pioggia' anziché avviare un’azione strutturale di lungo termine come la UE ci chiede» è l’appello rivolto al ministro.

«Il Pnrr è il tentativo, lì dove è possibile, di invertire la rotta sui punti critici della società italiana – spiega Rossi Doria – Se mancano le linee ferroviarie e i porti al Sud bisogna realizzarli, se ci accorgiamo che c’è stato un fallimento formativo nelle periferie urbane bisogna intervenire. I Pon Istruzione che per quattro generazioni sono stati realizzati con i fondi Ue non hanno funzionato. Oggi c’è una straordinaria occasione di utilizzare 1,5 miliardi per avviare un cambiamento».

La situazione in Italia è critica sul fronte della povertà educativa che va di pari passo con quella economica. Dei 9,5 milioni di minori che vivono sul territorio 1,3 milioni sono in povertà assoluta e 2,3 in povertà relativa. Già prima della pandemia, nel corso degli ultimi 15 anni, quest’emergenza era esplosa. «A questi dati ufficiali si aggiungono i dati Invalsi e Ocse Pisa: in un Paese come il nostro con una grave crisi demografica, un terzo dei nostri bambini vive in condizioni di povertà e con livelli di apprendimento molto bassi» prosegue Rossi Doria. L’abbandono scolastico, parametro misurato sui giovani over 25 senza un diploma o un titolo di formazione professionale, è al momento al 12,7%, ma in alcune zone si arriva al 20-25%. A questa forma di fallimento formativo 'esplicito' se ne aggiunge un altro, 'implicito' ma non meno pericoloso. «Tramite i test Invalsi emerge che c’è una quota di ragazzi, circa il 13-14% che non sa spiegare un semplice testo dopo averlo letto e non ha cognizioni logiche di base – continua Rossi Doria –. Se si somma questa percentuale a quella dell’abbandono scolastico si arriva quindi ad un quarto di ragazzi privi delle competenze necessarie per trovare un’occupazione».

Il gruppo di lavoro è partito dalle esperienze degli ultimi 20 anni che hanno funzionato, intervistando presidi ed insegnanti: vale a dire dai progetti che le scuole hanno realizzato insieme alle associazioni, alle parrocchie, ai centri sportivi. «La scuola che è il 'presidio' della Repubblica si deve alleare con gli altri soggetti in maniera stabile per contrastare l’abbandono scolastico e ridurre le diseguaglianze – spiega il presidente della Fondazione Con i Bambini –. Serve un’alleanza Comuni-scuole-Terzo settore e progetti di almeno tre anni, arco di tempo minimo per valutare i risultati ». Altri elementi fondamentali indicati nel documento di 36 pagine redatto dal gruppo di lavoro sono da un lato il rafforzamento dell’autonomia scolastica, dall’altro il coinvolgimento diretto delle famiglie e degli stessi alunni, che devono essere i protagonisti di questo cambiamento.

 

www.avvenire.it

 

 

venerdì 12 novembre 2021

SCUOLE E PNRR. DIAMOCI DA FARE!


 Autonomia e rendicontazione: cosa fare per non “perdere” il Pnrr

Il mondo della scuola sta per essere interessato da una serie di interventi e investimenti. Ecco quali sono priorità e strumenti più utili al rinnovamento.

Il premier Draghi nel suo recente intervento agli studenti dell’Its “Caracciolo” di Bari ha affermato che “dalla formazione non dipende solo il vostro futuro, ma quello di tutti noi. Le società più prospere sono quelle che preparano meglio i loro giovani a gestire i cambiamenti”. Il sistema formativo sta per essere investito da una serie di investimenti e interventi. Che è giusto aspettarsi dal Pnrr nel campo dell’istruzione? Che ruolo possono e debbono giocare i dirigenti scolastici? Ne abbiamo parlato con Ezio Delfinopresidente dell’associazione di presidi DiSAL.

Come affrontare oggi le complessità del sistema scolastico?

Lo si fa realizzando ambienti formativi che introducano gli studenti alla “provocazione” insita nella complessità, offrendo loro un metodo che li abiliti ad essere preparati e resilienti. Si tratta poi di ricomprendere che la transizione può avvenire solo con il coinvolgimento di tutta la comunità che ruota attorno alla vita delle scuole: studenti, docenti, dirigenti scolastici e genitori, reti e istituzioni.

Quali sono le aree di investimento di cui necessitano oggi le scuole italiane?

L’investimento sull’autonomia è lo strumento privilegiato per sviluppare strategie di rinnovamento. È poi prioritaria la manutenzione della qualità dell’insegnamento, anche attraverso la definizione di un efficace modello di selezione e formazione iniziale e in servizio dei docenti e di percorsi che ne favoriscano una carriera interna. Sarà sempre più decisivo progettare metodologie didattiche elaborate da team di insegnanti impegnati in una forte reciproca collaborazione e capaci di ideare ambienti mirati ad apprendimenti personalizzati. Determinante, infine, è la necessità di riallineare la domanda e l’offerta di competenze, soprattutto per le professioni a elevata specializzazione.

Quali priorità deve perseguire prossimamente il sistema dell’istruzione per allinearsi agli obiettivi dell’Agenda 2030 in materia di sostenibilità?

La priorità sono: la qualità degli apprendimenti, con attenzione specifica alla diffusione tra tutti i giovani di competenze per l’occupabilità e per la vita; il contenimento della dispersione scolastica; l’attenzione all’inclusione; l’apprendimento permanente per tutti, anche in risposta all’evoluzione demografica; il sostegno e il potenziamento dell’educazione civica e dei temi ambientali.

Quali le principali azioni del Pnrr per le scuole?

Il Piano prevede sei riforme entro il 2022: tra queste quella degli Its, dell’orientamento, del reclutamento degli insegnanti e della riorganizzazione del sistema scolastico. Gli investimenti riguarderanno soprattutto due ambiti: l’edilizia scolastica e i contenuti della nuova didattica. Si tratta di 17 miliardi di investimenti, di cui 5 in arrivo attraverso specifici bandi entro novembre 2021 (3 per asili e scuole dell’infanzia, 400 milioni per la riqualificazione delle mense, 300 per le palestre, 800 per le scuole nuove e 500 per la messa in sicurezza degli istituti).

Entro quanto tempo devono essere varate queste azioni?

Il rispetto degli impegni è determinante per l’assegnazione dei fondi europei. È stata istituita una specifica cabina di regia per consentire di fare il punto sull’attuazione dei singoli progetti di investimento sulla scuola e di individuare gli ostacoli che possono presentarsi in modo da poter rispettare il calendario degli impegni.

Il Pnrr come va concretizzato operativamente per favorire il rilancio del sistema di istruzione?

È importante che non sia attuato implementando soluzioni dall’alto, ma secondo una logica che integri l’aspetto “trasformativo” (in termini di innovazione/cambiamento) e quello di “rendicontazione”. Occorre inoltre che i processi di riforma che riguarderanno tutti i settori della Pa siano attuati secondo una lettura integrata e armonica dei diversi sistemi, dunque anche di quello scolastico. La realizzazione del Pnrr dovrà, infine, fare attenzione ai meccanismi di governance e al ruolo delle autonomie regionali e locali – le nuove forme di sussidiarietà – e cogliere l’opportunità del rilancio delle autonomie scolastiche.

Quali sono gli strumenti che il Pnrr dovrà tenere presente, perché funzionali alla promozione di processi innovativi nelle scuole?

Occorre promuovere radicali cambiamenti di processo basati sulla rilevazione sistematica dei risultati raggiunti nell’insegnamento, che permettano continue correzioni di rotta; sull’introduzione di strumenti tecnologici e innovazioni organizzative attuati con investimenti a lungo termine; sull’individuazione di nuovi criteri di selezione, formazione e valorizzazione del merito dei docenti, che tengano conto dell’obiettivo di promuovere attraverso l’insegnamento competenze cognitive e non.

La ricerca e la letteratura attribuiscono all’investimento sulle no cognitive skills (Ncs) una nuova frontiera sulla quale le scuole dovranno puntare. Quale è il suo parere in merito?

È questo un modo nuovo di intendere i processi educativi che tiene conto della personalità dei ragazzi e punta al pieno sviluppo della loro persona. Occorre aiutare lo studente a “imparare ad imparare” attraverso una consapevolezza critica di quanto si vuole insegnare, in un chiaro quadro di riferimento teorico delle Cs, Ncs e dei loro nessi. Occorre anche potenziare metodi educativi che valorizzino l’apporto creativo e interattivo degli studenti durante e fuori dalle lezioni. Decisivo è, poi, superare un approccio individualista all’insegnamento per un incremento delle interazioni e relazioni tra docenti, dirigenti scolastici, famiglie, studenti.

Come il profilo di una dirigenza scolastica può essere all’altezza delle nuove sfide e degli investimenti previsti?

È decisiva la promozione di una governance delle scuole che promuova innovazione e sostenibilità. Occorre che i dirigenti scolastici siano formati e messi nelle condizioni di esercitare un nuovo profilo professionale le cui aree di esercizio siano quelle proprie: le modalità formative (progettazione e realizzazione della didattica); il sistema di monitoraggio delle attività della scuola; la definizione degli obiettivi, dei loro target e della loro misurazione; la gestione delle risorse umane e l’esercizio della leadership educativa.

(Marco Tedesco)

Il Sussidiario