In
quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu
vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due
discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un
puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo
qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il
Signore ne ha bisogno”».
Gli
inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il
puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi
risposero: «Il Signore ne ha bisogno». Lo condussero allora da Gesù; e gettati
i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava,
stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del
monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia,
cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto,
dicendo:
«Benedetto
colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più
alto dei cieli!». Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera
i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno,
grideranno le pietre».
Innanzitutto, una prima,
importante indicazione è la seguente: dobbiamo fare attenzione a non essere
come la folla di Gerusalemme, che in un primo momento accoglie Gesù in modo
trionfale, osannandolo, e poi, dopo soli cinque giorni, griderà «Crocifiggilo,
crocifiggilo!». Questo stesso atteggiamento potrebbe presentarsi nella nostra vita
nel momento in cui il messaggio evangelico diventa scomodo: decidiamo di
mettere Gesù fuori dalla nostra esistenza quando seguire i suoi insegnamenti
non ci conviene più, ci risulta poco agevole, quasi fastidioso. Al contrario,
il percorso che ormai da tante domeniche stiamo affrontando insieme, attraverso
questi commenti, ci dice che, prima di ogni altra cosa, le fede è una
relazione. E all’interno di una relazione non ci possono essere soltanto
momenti gloriosi in cui siamo così contenti da sventolare le palme. Questo
gesto, infatti, era un’accoglienza che si riservava ai re, nei momenti di
grande trionfo e di vittoria, e la palma, oltre ad essere il simbolo della
pace, era anche il simbolo della regalità. Ma una relazione non è fatta
unicamente di momenti trionfali; anzi, è spesso fatta anche di momenti che,
seppur scomodi, ci conducono a un cambiamento. Ecco, la relazione con Gesù
impegna ciascuno di noi a cambiare qualcosa della nostra vita, perché Cristo ci
ha amati ed è il Suo amore a indicare la via da percorrere.
Pertanto, tutta la
Passione secondo Luca, che presenta alcuni aspetti unici non riportati dagli
altri evangelisti, si concentra proprio su questo, sulla capacità di Gesù di
donarsi completamente, di donarsi anche a chi sceglie di non accoglierlo, di
non volerlo nella propria vita. Tra questi, ancora una volta, troviamo coloro
che, invece, avrebbero dovuto essere proprio i più devoti, i più fedeli. Difatti,
tutta la trama è costruita intorno a un’unica persona, che accoglie Gesù nel
momento più tragico della sua vita terrena: si tratta, sorprendentemente, di un
malvivente, di un ladro. Il contrasto tra coloro che avrebbero dovuto
comprendere, ma non hanno compreso, e un ladro, che invece apre il proprio
cuore e dunque riceve la salvezza, potrebbe essere facilmente paragonato al
primo contrasto su cui ci siamo soffermati, ovvero quello che intercorre tra
coloro che accolgono Gesù e subito dopo inneggiano alla sua morte per
crocifissione.
Da entrambi i contrasti,
possiamo trarre qualche spunto, di fondamentale importanza, per la nostra vita
spirituale. Innanzitutto, possiamo affermare che, in un cammino di fede, non si
giunge mai a un approdo finale o definitivo. Tutti, sacerdoti o laici, dottori
della legge, scribi o farisei, tutti noi siamo chiamati ogni giorno a rinnovare
la nostra adesione a Dio attraverso la relazione con Gesù, soprattutto a
partire dalla meditazione della Parola.
Il secondo spunto per la
nostra vita spirituale potrebbe essere il riconoscere, e accettare, che non
esistono categorie di persone a cui è preclusa la salvezza. Siamo noi che
mettiamo dei paletti, che troppe volte sentenziamo sulle vite degli altri;
magari, lo faremo anche questa domenica, storcendo il naso e guardando con un
certo fastidio le persone che si recano a messa solo per ricevere le palme,
senza cogliere nella loro presenza una preziosa opportunità di
evangelizzazione. La verità è che non esistono persone escluse dalla grazia, e
l’episodio del ladrone ce lo conferma.
Ancora, un terzo
suggerimento è che siamo chiamati a rimettere la nostra vita completamente
nelle mani di Dio, proprio come fa il ladrone di questo passo. Egli, infatti, è
consapevole del proprio peccato, sa perfettamente di aver vissuto la sua intera
esistenza in modo da non potersi aspettare altro che una punizione. Eppure,
smette di commiserarsi e decide di affidare tutto a Gesù, che prontamente lo
salva e lo perdona. Potremmo addirittura sostenere che ci troviamo di fronte
all’unico santo beatificato direttamente da Dio. E da ciò potremmo ricavare un
ultimo consiglio importante: nella vita spirituale, è fondamentale prendersi
del tempo per interiorizzare le cose. Coloro che accolgono Gesù al grido di
“Osanna” e che poco dopo trasformano quel grido in un “Crocifiggilo”,
sicuramente non avevano pensato abbastanza, non avevano meditato, non avevano
aspettato.
La celebrazione della
Passione, nella Domenica delle Palme, ci fa comprendere invece quanto sia
importante prendersi il tempo necessario per rispettare i tempi dello Spirito.
Oggi, siamo purtroppo abituati a risolvere tutto e subito, nella nostra epoca
così tecnologica dove tutto deve essere immediato e veloce. Eppure, l’animo
umano non segue i tempi della tecnologia; abbiamo bisogno di sedimentare, di
comprendere, abbiamo bisogno perfino di passare attraverso l’esperienza della
sofferenza e della croce, proprio come succede al ladrone. Abbiamo bisogno di
tempo per poter portare frutto nella nostra vita spirituale.
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