venerdì 1 aprile 2022

VAI e NON PECCARE PIU'

-QUINTA DOMENICA 

DI QUARESIMA -

-         Commento al Vangelo domenicale

di don Andrea Vena

-          Siamo giunti alla V domenica, tappa che precede la Domenica della Passione, detta delle Palme, portale della Settimana Santa, quando mediteremo sugli ultimi giorni della vita di Gesù.

Il brano odierno è tratto dal vangelo di Giovanni: Gesù si trova nel tempio di Gerusalemme a insegnare al popolo. Il testo è introdotto da un brano tratto dal libro di Isaia, che all’inizio fa memoria di quanto Dio ha compiuto nel deserto – “Aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, che fece uscire carri e cavalli”, chiaro richiamo all’Esodo (cfr Es 13,17ss) – ma subito invitando a non fermarsi al passato, ma a guardare alle cose più grandi che Dio è pronto a fare:

“Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”. Quella “cosa nuova” è la Pasqua di Gesù, che apre una strada nel deserto dell’esistenza per introdurci nella Terra Promessa del paradiso. Questo porterà a cantare con le parole del salmo: “Grandi cose ha fatto il Signore per noi”. Con questa chiave di lettura, accostiamoci al testo del vangelo.

Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulte- rio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed ella rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”.

L’evangelista descrive la scena mostrando Gesù seduto nel tempio circondato dalla folla, come faceva Mosè, il quale stava seduto nell’accampamento per risolvere le questioni che la gente gli poneva (cfr Es 18,13ss). Scribi e farisei giungono davanti a Gesù con un interrogativo riguardo una donna scoperta in adulterio. Non cercano tante risposte quanto, come sottolinea il testo, un motivo per accusarlo (v. 6). Se Gesù non conferma la condanna e non approva l’esecuzione, può essere accusato di trasgredire la Legge di Dio; se, al contrario, decide a favore della Legge, perché allora accoglie i peccatori e mangia con loro (cf. Mc 2,15-16 e par.; Lc 15,1- 2)?

Fermiamoci un istante sulla donna e notiamo alcuni atteggiamenti degli scribi e dei farisei. La pongono nel mezzo (Gv 8,3), umiliandola di fronte a tutti; dicono pubblicamente la sua colpa (8,4) e la chiamano “una donna come questa” (Gv 8,5). Da queste brevi pennellate, cogliamo che scribi e farisei non ritengono che la donna abbia semplicemente commesso un peccato, ma che sia lei stessa “peccato” (una scena che ricorda e in parte rimanda all’esperienza di Susanna, Dn 13,14ss). Seconda la Legge la condanna è corretta, ma in questo caso è parziale, perché la Legge dice che la lapidazione è per entrambe gli adulteri, non solo per la donna, e qui manca l’uomo complice! (cf. Lv 20,10 e Dt 22,22). Già questo dato mostra che la questione è manipolata. E mentre scribi e farisei sono impegnati nell’umiliare la donna fissandola con malignità e urlando il suo peccato, Gesù tace e scrive sulla polvere (un gesto ancora oggi non compreso: tra i tanti significati, può richiamare il gesto con cui Dio scrisse le Dieci parole: “…Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della Testimonianza, tavole di pietra, scritte dal dito di Dio”, Es 31,18), senza mettere nessuno in imbarazzo.

Solo di fronte alla loro insistenza – “Poiché insistevano…” (v. 8) – Gesù prende la parola. Ma il suo intervenire prende tutti in contropiede. Infatti, scribi e farisei hanno posto al centro la donna, quasi a volersi distanziare dalla sua condotta di vita e quindi dal suo peccato. Gesù, invece, coinvolge tutti: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei” (Gv 8,7b). La Legge stessa chiedeva che anche il testimone doveva essere senza peccato (cfr Dt 20,16ss). I primi ad andarsene sono i più anziani che comprendono che Gesù ha ragione! Di fronte tale pronunciamento, ciascuno è stato costretto a misurarsi dentro con se stesso, ad ammettere che davanti a Dio tutti indistintamente si è peccatori.

Alla fine, quando ormai tutti se ne sono andati, rimangono solo Gesù e la donna. Gesù si alza e con misericordia rivolge la parola alla donna: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannato? (Gv 8,10). Non le rin- faccia il peccato, ciò che ha fatto; non rivanga il suo passato, ma traccia per lei una via nuova (cfr Isaia I lettura:

“Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete). “Donna”! E’ lo stesso appellativo che Gesù ha rivolto a sua Madre (Gv 2,4), alla samaritana (Gv 4,21), alla Maddalena (Gv 20,15). Rivolgendosi a lei in questo modo, Gesù le ridà dignità: non una peccatrice, ma una donna, restituita alla sua vita. A lei Gesù domanda: “Dove sono i tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?”. Ed ella rispondendo: “Nessuno, Signore (Kýrie)”, fa una grande confessione di fede in Gesù, il Signore. Sant’Agostino sintetizza magnificamente questa scena con l’espressione: “rimasero solo loro due, la misera e la misericordia”. Gesù non rinfaccia a questa donna il suo peccato, ma offre a lei una nuova opportunità, non la inchioda al suo passato, ma apre per lei una strada nuova, quella della speranza: “Non ricordate le cose passate…”. Una speranza sostenuta e incoraggiata dalle parole stesse di Gesù: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Così scribi e farisei, i quali andandosene riconoscono di essere peccatori, se ne tornano a casa con il carico dei loro peccati, mentre questa donna se ne torna a casa perdonata!

Gesù è venuto ad aprire la “strada nuova”: strada di misericordia, di salvezza, di speranza, di vita. Lungo questa strada siamo invitati a procedere per fare della nostra vita una cosa nuova e grande con il Signore. E la cosa più grande che Gesù ha portato è la vittoria sul peccato e sulla morte, tanto che agli occhi di Dio il nostro peccato è come una parola scritta sulla polvere, dura poco, basta un colpo di vento e scompare.

 

Lo spartiacque capace di cambiare il nostro modo di vedere le cose è l’incontro con Gesù. Per gli accusatori, perché d’ora in poi non potranno più accusare nessuno senza ricordarsi di essere ugualmente complici del male che vedono nell’altro; per la donna, per la quale sembrava non esserci più futuro. Il futuro invece c’è, e nasce dall’incontro con un Uomo che l’ha guardata con misericordia, trasformando la sua vita, aprendo strade nuove lì dove sembrava che non ci fossero altre possibilità, perché una sola è la premura di Dio, quella che il peccatore si converta e viva (cf. Ez 18,23; 33,11).

“Va’, e d’ora in poi non peccare più”, dice Gesù. Quel “Va’” è verbo di missione: Gesù non attende di vedere il cambiamento, la conversione. L’ha perdonata, lasciando alla sua libertà il tempo di cambiare. Questa è la giustizia che ha salvato anche Saulo di Tarso, trasformandolo in san Paolo, come ci ricorda la II lettura scelta per questa domenica (cfr Fil 3,8-14). L’invito di Gesù alla donna, “va e d’ora in poi non peccare più”, è la stessa grazia che farà dire all’Apostolo: “So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3,14).

Come Gesù ha fatto con gli scribi e farisei, così oggi invita ciascuno di noi a compiere dei passi. Il primo, passare dalla “legge da eseguire” alla “legge da assimilare” come norma interiore che rimanda alla pro- pria responsabilità personale: “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra”. In secondo luogo, ricordarsi che il peccato non esiste perché ho disatteso un comandamento, ma per aver mancato verso il Signore Dio, buono e grande nell’amore, sempre pronto a venirci incontro pur di renderci partecipi della gioia della sua festa (cfr domenica scorsa, Lc 15), perché Lui sa di che pasta siamo fatti (ceneri). Dobbiamo stare quindi attenti a non diventare gli “scribi e i farisei” di oggi, fiscali nella legge ma incapaci di amare, di comprendere, di perdonare, di dare nuove opportunità. Non siamo chiamati a divenire ambigui e fiscali come gli “scribi e i farisei” del vangelo, ma ad essere “Misericordiosi com’è misericordioso il Padre del cielo” (cfr Lc 6,36ss). È più facile e rassicurante essere fiscali con una legge certa (gli anziani saranno i primi ad andarsene via, perché consapevoli di non vivere quello che pretendono: (“cfr “… scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito…” Mt 23,1-12, che aperti e disponibili alla fantasia della misericordia di Dio, capace a suggerire sentieri nuovi per salvare gli altri.

Il testo odierno ci fa guardare con fiducia alla Settimana Santa ormai vicina: nessuno è escluso da questa esperienza di Amore misericordioso, nessuno! Forse c’è ancora chi è solo capace di inchiodarci al senso di colpa per i nostri peccati; chi si ferma a puntare il dito contro la pagliuzza che c’è nell’occhio del fratello e non si accorge della trave che c’è nel suo (cfr Lc 6)… Non è l’obbedienza alla legge che mi dona la gioia di sentirmi amato, ma è il lasciarmi amare da Dio che infonderà in me la gioia di obbedire alla legge!

Rassicurati in questo, prepariamoci con verità alla Settimana Santa ormai vicina. Accostiamoci al sacramento della Riconciliazione con fiducia: è l’abbraccio del Padre che ci viene incontro, che ci accoglie, che ci abbraccia… che ci invita a partecipare alla sua festa, alla sua gioia. Non temiamo di gettare in Lui ogni nostra fatica, imbarazzo, vergogna… portiamo tutto nel suo cuore misericordioso, gettando in Lui il peso del nostro male senza lasciarci incatenare dal dubbio, che è opera del diavolo. Dio desidera solo che nessuno vada perduto, ma tutti abbiano modo di convertirsi.

In fondo in quell’adultera ciascuno di noi può rivedersi. Tutte le volte che il maligno e/o il fariseo/scriba che è in me, mi illude che la realtà sia diversa da quello che è fino a farmi sentire sempre in colpa di fronte a Dio a tal punto da rintanarmi dietro i cespugli delle mie paure e vergogne (cfr Gn 3). Così non avanzo più nella crescita interiore, non gusto più la vita, non mi assumo più impegni e responsabilità…restando bloccato. Invece oggi la Parola di Verità mi ricorda che il mio cuore/la mia vita è più grande del mio peccato e anche se il mio cuore mi condanna, Dio è più grande del mio cuore e mi dice che mi ama (cfr 1Gv 3,10); mi dice che Lui mi offre sempre nuove opportunità, mi apre sempre strade nuove: basta che impari ad accorgermene, anche con l’aiuto di chi ho accanto.

Ma anch’io a volte sono come gli scribi/farisei, pronto a puntare il dito, a innalzarmi a maestro e giudice, senza misericordia, come il figlio maggiore (cfr Lc 15, domenica scorsa). La prima vittima sulla quale sfogo la mia ingiustizia sono me stesso, quando non so darmi nuove possibilità; quando guardo solo negativo, quando non sono capace di dare giusto peso ai fatti della vita, anche sbagliati, quando permetto che il senso di colpa logora il mio cuore, non dandogli speranza e fiducia. E poi, punto il dito sugli altri, neanche fossi tanto migliore. Ma non è così. Oggi la Parola mi e ci dice che c’è sempre una possibilità nuova che si apre innanzi a me, a ciascuno di noi. Vorrei così rileggere il cammino della Quaresima proprio alla luce della cifra/della categoria della Parola.

L’ascolto della Parola mi ricorda che anche se sono cenere, sono amato da Dio (ceneri). La forza della Parola mi ricorda che posso superare le tentazioni (I domenica).

La luce della Parola mi ricorda che c’è un’opera d’arte in me (II domenica).

La guida della Parola mi aiuta a comprendere che ogni attimo della vita custodisce altro (III domenica). Il ricordo della Parola mi aiuta a rientrare in me stesso e a tornare sui miei passi (IV domenica).

La verità della Parola mi ricorda che io non sono peccato, ma commetto peccati (V domenica). E Dio si fece PAROLA e venne ad abitare in mezzo a noi (Natale).

Riprendo quanto detto sopra, perché è il cuore di tutto: con la forza e la gioia della Misericordia impareremo a cambiare. Lo dice la stessa Colletta (preghiera che il sacerdote recita dopo l’atto penitenziale, facendo sintesi del messaggio biblico: “Dio di misericordia, che hai mandato il tuo Figlio unigenito non per condannare ma per salvare il mondo, perdona ogni nostra colpa – si noti, PERDONA -, perché rifiorisca nel cuore il canto della gratitudine e della gioia”: prima c’è il perdono, poi il canto di lode. Cioè, solo facendo prima esperienza dell’Incontro con la Misericordia troveremo gioia e coraggio per intraprendere cammini nuovi, a tal punto da dire con san Paolo: “Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo, mio Signore”.

 Cerco il tuo Volto

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