una domanda,
ma una Persona
è la risposta
Al Museo Diocesano di
Milano sono esposti due disegni di Renato Guttuso che testimoniano una
rivoluzione nel rapporto tra Chiesa e arte
Ripercorriamo in breve
la storia. Guttuso è stato uomo convintamente di sinistra. Nel 1940 si era
anche iscritto al Partito Comunista clandestino. Ma dal 1935, forse sospinto
dai venti inquieti della storia, aveva iniziato a lavorare sul soggetto della Crocifissione
e sulla Passione. Aveva dipinto un Cristo deriso, molto drammatico e intenso,
oggi nelle Raccolte della Camera dei deputati.
Poi aveva iniziato a
pensare ad una Crocifissione, che all’inizio immaginava ambientata in uno
spazio chiuso come si trattasse di una stanza di tortura. È stato un percorso
laborioso, che alla fine si era sbloccato quando un grande collezionista,
Alberto Della Ragione, nel 1941 gli aveva commissionato il quadro, di grandi
dimensioni, che desiderava mettere sulla testata del letto. L’anno successivo
Guttuso, prima di mandare il quadro al collezionista, lo presentò al Premio
Bergamo, allora uno dei più importanti in Italia. Lui aveva 30 anni e per un
artista della sua età quello era un palcoscenico importante.
La Crocifissione però
sollevò subito immense polemiche. Era stata proprio la stampa cattolica a
innescare la miccia; poi erano arrivati anche gli attacchi violenti dell’ala
più oltranzista del regime fascista, quella di Farinacci. La Crocifissione di
Guttuso era stata bollata come una “sacrilega parodia”. Il vescovo di Bergamo
aveva addirittura emanato una circolare per impedire l’accesso alla mostra a
tutti i preti della diocesi, pena la sospensione a divinis. Cosa aveva di tanto
scandaloso quel quadro, così pensato e così anche sofferto?
A scandalizzare era il
nudo (di spalle) della Maddalena, che ai piedi della croce, con la sua veste
bianca asciugava il sangue dal corpo di Gesù. Guttuso aveva anche dato una
spiegazione di quella sua scelta: non voleva fare una Crocifissione spostata in
tempi diversi dai suoi, né voleva banalmente modernizzarla. Così aveva optato
per l’idea che i corpi denudati sulle croci fossero compianti da altri corpi
denudati per lo strazio. Guttuso non aveva reagito a quelle polemiche, ma tempo
dopo ammise di esserne rimasto sconcertato, perché quel quadro era stato
originato da un vero sentimento religioso da lui provato davanti alla
catastrofe che stava travolgendo l’Europa.
Date queste premesse, si
capisce come la presenza di quei due disegni preparatori nelle Collezioni
Vaticane attesti un cambiamento profondo, avvenuto nel frattempo, nel rapporto
tra la Chiesa e l’arte contemporanea. Questa svolta ha una data precisa: 7
maggio 1964. Papa Paolo VI, da poco eletto, aveva invitato gli artisti a un
momento dedicato a loro in Cappella Sistina. “Vi abbiamo talvolta messo una
cappa di piombo addosso, possiamo dirlo; perdonateci!”, disse in quel discorso
coraggioso e anche commosso. “E poi vi abbiamo abbandonato anche noi. Non vi
abbiamo spiegato le nostre cose, non vi abbiamo introdotti nella cella segreta,
dove i misteri di Dio fanno balzare il cuore dell’uomo di gioia, di speranza,
di letizia, di ebbrezza”.
Paolo VI non si era
fermato solo alle parole. Aveva chiesto di aprire i Musei Vaticani all’arte
moderna e contemporanea. Nasceva così la Collezione di Arte religiosa moderna.
Nelle foto dell’inaugurazione del 1973, a fianco di Paolo VI si scorge proprio
un Renato Guttuso, sorridente e con un’espressione di manifesta gratitudine. In
quell’occasione l’artista aveva donato al nuovo museo tre opere, tra le quali
la mano di un Cristo Crocefisso, pure arrivata in mostra al Diocesano di
Milano.
Nel 1987, quando
l’artista morì, il segretario di Paolo VI, don Pasquale Macchi, aveva voluto
regalare ai Vaticani proprio gli studi preparatori di quella Crocifissione
contestata. Il cerchio si era chiuso, a testimonianza di come artisti e Chiesa
si fosse aperta una nuova possibile storia. Per questo, vistando la mostra,
quando ci si trova davanti a quei due disegni è bello e giusto essere
consapevoli cosa testimoni la loro presenza.
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