Fratello, sorella... adesso che cosa posso fare per te?
Tutti questi piccoli
gesti esprimono dal basso uno straordinario desiderio di pace che diventa anche
un messaggio importante per i grandi della Terra. Questa è la pace in cui
crediamo, la pace che ci ha fatto conoscere Giorgio La Pira, sindaco di Firenze
e grande uomo di dialogo, citando il profeta Isaia: un tempo in cui le armi
saranno trasformate in strumenti di lavoro e i popoli non si eserciteranno più
nell’arte della guerra. È diventato il nostro sogno, la scelta concreta di noi
tutti che abbiamo vissuto l’avventura di trasformare il vecchio arsenale
militare di Torino in Arsenale della Pace.
La guerra non è mai la
soluzione! Lo abbiamo capito aiutando tanti Paesi in guerra, ora l’Ucraina.
Dico sovente che le armi uccidono sette volte.
La prima è quando sono
progettate, sottraendo risorse alla ricerca, alla scuola, alla vita.
La seconda perché a
costruirle ci sono intelligenze che potrebbero dedicarsi allo sviluppo in campo
scientifico, tecnologico e medico.
La terza perché le armi
uccidono senza guardare in faccia nessuno, distruggono e costringono milioni di
persone a lasciare le loro case.
La quarta perché
sparando creano i presupposti per la vendetta.
La quinta è la più
tragica perché in una guerra, militari e civili esaltati compiono qualsiasi
nefandezza sulle loro vittime. La sesta perché vittime e carnefici si portano
addosso il ricordo insopportabile degli orrori subiti e commessi, fino ad
arrivare anche a togliersi la vita. La settima perché la guerra lascia una scia
di risentimenti e spazi d’odio che ne prolunga gli effetti nefasti.
Proprio per queste
ragioni non ci abitueremo mai alla guerra e continueremo a lottare per
contrastarla, continueremo a lavorare per la pace e a ricercarla con tutte le
nostre forze.
La pace vera è un fatto
che passa dalle opere di giustizia. È un mondo che accoglie ogni uomo e donna
di qualsiasi origine e religione perché tutti hanno diritto a cibo, casa,
lavoro, cure, dignità, istruzione. È un mondo in cui giovani e adulti sono
pronti a fare della propria onestà e rettitudine la chiave per costruire il
bene comune.
Questa mentalità è
diventata la nostra bussola e, lentamente ma decisamente, ha abbracciato
milioni di persone che hanno messo a disposizione tempo, denaro,
professionalità per asciugare una lacrima, sostenere chi è debole, senza
chiedere nulla in cambio. Ora deve diventare anche una priorità educativa
orientando la formazione scolastica, a partire dall’infanzia fino
all’università. Formarsi e crescere nella pace significa diventare cittadini
responsabili e, sin da giovani, custodi del dialogo e della dignità di ogni
persona. La nostra coscienza ci spinge a bussare alla porta delle
organizzazioni internazionali nate dall’aspirazione alla pace dei popoli
affinché garantiscano sempre più concretamente e senza riserve la dignità e i
diritti fondamentali di ogni persona, rispettino e tutelino le minoranze e
promuovano l’uguaglianza, bandiscano l’uso delle armi, abbiano l’autorità e il
riconoscimento morale di fermare le guerre e di rimediare alle ingiustizie
attraverso la diplomazia e dove necessario mediante missioni di pace. Un
impegno concreto che aiuti tutti a capire che il vero nemico è l’odio e che il
nostro futuro si difende con la pace.
Se questa mentalità si
fa strada nel cuore di tanti, il mondo può davvero cambiare. È la speranza che
nasce anche di fronte alla tragedia più nera, la speranza che di fronte a
persone in difficoltà ci porta a dire sempre: «Fratello, sorella cosa posso fare
per te?».
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