Quanto
i social hanno inciso nella vita degli adulti? Siamo davvero in grado di
utilizzarli con consapevolezza e nel modo giusto? Quanto è difficile “fare
educazione” ai social?
Queste
e molte altre domande ancora sono molto importanti soprattutto per il periodo
che stiamo attraversando ed è bene riflettere per non restare passivi davanti
ad uno schermo ma diventare consapevoli di ciò che vediamo e dei messaggi che
spesso vengono, anche in modo inconscio, trasmessi.
I
social: la coperta di Linus del nostro tempo.
Da
Marzo 2020 la nostra capacità di essere connessi si è evoluta, è incredibile
come i social per ognuno di noi siano diventati una sorta di coperta di Linus:
ci permettono di rimanere in contatto, rappresentano un rifugio nel quale
nascondersi per distaccarsi dalle paure e dai problemi del quotidiano. Quando
non abbiamo voglia di ascoltare o di annoiarci ecco lo schermo che ci viene in
aiuto, quando ci vogliamo distrarre da un cattivo pensiero ecco che curiosare
nella vita degli altri ci permette di dimenticare per un momento la nostra,
quando vogliamo ridere ecco che arriva puntuale il video virale del mese… e
così via.
I
social come mondo dell’immediato, del tutto e del subito, delle domande e delle
risposte veloci.
Le
riunioni da dietro uno schermo, le lezioni da dietro uno schermo, la cucina da
dietro uno schermo, l’educazione da dietro uno schermo…. la vita di ognuno di
noi dietro ad uno schermo.
Non
starò qui ad elencarvi tutto quello che manca della vita reale, di quella che
ogni tanto puzza ma almeno ne senti l’odore, ma quello su cui vorrei riflettere
è quanto, non solo in questo periodo, ma in generale negli anni 2000 lo
sviluppo di piattaforme social non solo abbia inciso sulle nuove generazioni,
ma anche su quelle “anziane”.
Gli
adulti spesso si lamentano: “I miei figli non mi ascoltano!” ed è vero, è
proprio così. I
“nuovi” figli fanno fatica ad ascoltare.
Non
solo adolescenti ma anche bambini. La maggioranza di bambini e adolescenti
fatica ad alzare la testa e a guardare negli occhi chi parla con loro, ma quale
posizione degli adulti vedono bambini e adolescenti per quasi per tutto il
giorno?
Guardare negli occhi
Perché
da adulti non guardiamo più negli occhi i nostri figli e siamo più attratti da
uno schermo vuoto che dai loro occhi?
Fare
educazione preventiva nei confronti di questo argomento significa una sola
cosa: prendersi la responsabilità di quello che facciamo non solo come adulti,
ma anche e soprattutto come educatori e genitori, perché educare alla
consapevolezza è compito prima di tutto di chi può insegnarla.
Le
domande da porsi per avvicinare i nostri figli con consapevolezza all’utilizzo
dei social.
Il
primo passo per riuscire a comprendere se si sta andando nel verso giusto è
fare, come adulti, un po’ di auto-osservazione e porsi alcune delle seguenti
domande riguardo al proprio approccio con i social:
–Quando
mi rivolgo ai miei figli li guardo negli occhi?
–Sono
consapevole dei rischi che la tecnologia comporta?
–Che
tipo di utente sono? Passivo o attivo?
–Durante
la cena, il momento del gioco con loro, dopo la scuola, riesco a parlare con
loro senza farmi distrarre dal telefono che squilla o da una mail che arriva?
–Riesco
a dedicare ai miei figli del tempo di qualità senza lasciare che il mondo
virtuale mi disturbi?
–Riesco
a non farmi condizionare negativamente dalle immagini da vetrina che vedo di
altre famiglie ed accettare la mia così com’è?
–Sono
in grado di non delegare alla tecnologia le domande, le emozioni, il tempo?
Molte domande
Si,
sono tantissime domande, ma la consapevolezza si coltiva solo attraverso la
riflessione e ad una presa di coscienza forte e profonda.
Proviamo
a rispondere a queste domande senza giudicarci e cerchiamo anche di
visualizzare alcune situazioni in cui sappiamo di essere stati condizionati
negativamente da contenuti social che ci sono passati da sotto gli occhi.
Quale
è stata la nostra reazione da adulti? Siamo in grado di decodificare le
emozioni legate a quella situazione?
L’importanza
di decodificare le emozioni che ci trasmettono le piattaforme social.
Decodificare
le emozioni che i contenuti social trasmettono è fondamentale per due motivi:
-significa
non essere utenti passivi;
-significa
saper filtrare le immagini che vediamo;
- significa dare l'esempio e aiutare i ragazzi e i giovani a decodificare e discernere
Una rivoluzione da governare
Anche
per il mondo degli adulti i social hanno rappresentato una rivoluzione. Non
siamo nati con “i cellulari tra le mani” come dicono loro, ma anno dopo anno
tutto è diventato sempre più veloce, smart (per chi ama i termini in inglese) e
tutto si è semplificato talmente tanto da essere davvero complicato.
Dobbiamo
ammetterlo, i social ci distraggono. Ci distraggono dalle cose reali, sembrano
ovattare i malumori. Ognuno con in mano un proprio cellulare, un proprio
tablet, un proprio computer… siamo tutti dannatamente distratti e questa
distrazione ricade sulle nuove generazioni che non possono imparare nulla di
diverso se non l’apatia, la passività, l’essere spettatori di ciò che passa
davanti ai loro occhi.
Come
adulti abbiamo un grosso compito: aiutare le nuove generazioni ad essere
protagoniste. Aiutare i nuovi bambini e i nuovi ragazzi a pensare. Dobbiamo
prima di tutto smuovere noi stessi e poi loro dalla condizione di indifferenza
in cui siamo inciampati e non smettere mai di chiederci se quello che
trascorriamo con loro è un tempo di qualità.
Il
punto non è non utilizzare le nuove tecnologie e le nuove possibilità di
rimanere in contatto, il punto è farlo ponendosi delle domande.
Soffermarsi
su un contenuto e chiedere ai nostri bambini o ragazzi: “cosa ti trasmette?”
Il
punto è tornare ad alzare la testa durante una conversazione, guardarci negli
occhi e riscoprire la bellezza della realtà: quella che si può toccare solo con
le mani, quella di cui si possono sentire gli odori e quella che a volte fa
male ma ci rende protagonisti veri di una storia che non possiamo vivere solo
attraverso ad uno schermo.
KOROO
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