Halloween
Un immaginario da paura
che non è uno "scherzetto"
- di Mimmo Muolo
«Dolcetto
o scherzetto?», lo slogan tipico di Halloween, è diventato ormai virale. Così
come questa sorta di carnevale fuori stagione, che vede il trionfo - anche
mediatico - di zucche scavate e trasformate in volti inquietanti, teschi e
scheletri, maschere, travestimenti mostruosi e in generale di un immaginario
horror da quattro soldi.
Come
se non bastasse la cronaca di tutti i giorni a far entrare nelle nostre case
gli orrori purtroppo autentici di guerre, violenze, devastazioni climatiche e
distruzioni tragicamente assortite.
Ora
però la domanda di fondo è: che cos’è Halloween? Un momento di evasione tutto
sommato innocuo, uno scherzetto appunto, come il furbo slogan sembra suggerire,
o qualcosa di più serio, sul quale vale la pena di soffermarsi con una
riflessione che prenda in esame i diversi aspetti di un fenomeno ormai troppo
pervasivo per essere relegato alla sfera meramente ludica?
La
prima cosa che colpisce è proprio la stratificazione di significati e di
interessi che stanno dietro questa "festa". C’è la spinta
commerciale, innanzitutto, se solo si considera l’entità non da poco del giro
di affari generato da Halloween. Alcuni studiosi di marketing spiegano
l’esplosione di questa moda con il fatto che mancava tra Ferragosto e Natale un
appuntamento che spingesse l'acceleratore dei consumi voluttuari.
Perciò
Halloween verrebbe a colmare il vuoto completando l’"anno liturgico del
consumismo" che si sovrappone a quello autentico e in alcuni casi scippa
del loro significato vero persino le più importanti feste cristiane.
C’è
poi l’aspetto culturale, antropologico, e in definitiva educativo, che salta
agli occhi quando entrano in gioco categorie distorsive dell’umano come la
dimensione del mostruoso. E c’è anche il versante religioso, perché, anche a
prescindere dalla sospetta vicinanza alla festa di Ognissanti (guarda caso
“vampirizzata”, è proprio il caso di dirlo, dall’enorme gran cassa che
enfatizza Halloween), la macabra carnevalata che va in scena in questi giorni
richiama il rapporto con l’aldilà.
Su
questo versante, anzi, la fenomenologia di Halloween finisce di fatto per
concretizzarsi in una delle tante schizofrenie del nostro tempo: da un lato la
crescente difficoltà di molti a credere in una qualsiasi forma di vita oltre la
morte, dall’altro il diffuso ricorso a figure come fantasmi, zombie, vampiri e
diavoli che vanno a configurare una sorta di pantheon degli inferi e che
debordano pure in film, romanzi, fumetti, serie tivù, spesso di grande
successo.
Senza
voler vedere il male ovunque, è bene avere nei confronti di Halloween, specie
se si è genitori e in senso più ampio educatori, una buona dose di prudenza.
Qualche
anno fa, in un’intervista ad "Avvenire", padre Francesco Bamonte, uno
degli esorcisti più conosciuti e apprezzati a livello internazionale, così si
esprimeva: «A me sembra che Halloween di fatto non proponga niente di vero,
niente di buono e non mi mostri niente di bello. Di conseguenza non mi sento
aiutato ad essere più vero, più buono e a percorrere un cammino di bellezza e
questo mi preoccupa dal momento che mi è stato insegnato che è la Bellezza che
salverà il mondo».
Ecco,
dunque, la questione di fondo. Qual è l’antropologia di riferimento di
Halloween? Quale immagine trasmette dell’uomo e del senso della vita? Una
visione noir, popolata di mostri, con l’esaltazione di aspetti splatter è
davvero preferibile alla bellezza di un’esistenza spesa per gli altri e
coronata dalla vita senza fine, nell’abbraccio dell’amore di Dio, come avviene
per i santi? E per quelli che tendono a sminuire, siamo proprio sicuri che
questo immaginario horror non abbia conseguenze sulla psiche dei bambini?
Domande
che occorre porsi, se davvero non si vuole finir preda della martellante
pubblicità che attraverso l’apparentemente innocua logica del “dolcetto o
scherzetto” rischia di trasformare anche le nostre menti, e quelle dei più
giovani in particolare, in zucche vuote.
www.avvenire.it
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