L’enigma intellettuale e morale che continua a sfidarci
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di GIOVANNI SCARAFILE
Quando
il male irrompe inaspettatamente nelle nostre vite, la coscienza si trova
catapultata in uno stato di profondo turbamento. Questa irruzione, spesso
incomprensibile e inattesa, ci spinge a interrogarci sulle profondità della
nostra essenza, facendoci sentire incredibilmente vulnerabili e smarriti.
L’esperienza travolgente del male, nella sua cruda ineffabilità, rende
qualsiasi tentativo di descriverlo o di circoscriverlo verbalmente una
battaglia ardua e forse persino vana. Eppure, nonostante la tentazione di
rifugiarsi nel silenzio, l’anima sente una pressante necessità di dare voce al
proprio sconcerto, di cercare parole che possano lenire, se non spiegare,
l’indicibile dolore.
Nel contesto di una riflessione sulla natura del male, è importante distinguere inoltre tra male fisico, male morale e male metafisico. Mentre altre forme di male possono derivare da forze esterne o da circostanze incontrollabili, il male morale scaturisce da un conflitto interno tra ciò che si sa essere giusto e ciò che si decide di fare. Questa forma di male, infatti, si svela quando un individuo, pur avendo la chiara consapevolezza delle possibili sofferenze che potrebbe causare, decide comunque di agire in modo dannoso. La specificità del male morale risiede proprio nella deliberata scelta di nuocere, in opposizione alla propria consapevolezza del bene. La presenza del male morale pone notevoli sfide al pensare. Una delle principali difficoltà è capire come, in presenza di una coscienza che riconosce il bene, possa emergere la scelta deliberata di compiere azioni dannose. Questo interroga le fondamenta stesse della nostra comprensione della libertà, della responsabilità e dell’essenza dell’etica. Nelle parole scritte in Fede e critica da Guido Morselli – «bisogna, ragionando, convincersi che il ragionamento non è sufficiente» – si manifesta il culmine di una riflessione che interroga le frontiere stesse della ragione. Morselli suggerisce non solo l’essenzialità del ragionamento, ma anche la sua potenziale inadeguatezza nel sondare l’abisso del male. Di fronte a tale enigma, la nostra coscienza si scontra con il paradosso di voler comprendere ciò che spesso appare incomprensibile. Il dilemma non è solo intellettuale ma profondamente esistenziale: il male, infatti, oltre a essere una sfida filosofica e teologica, è anche una questione profondamente personale. Ogni individuo, nel corso della sua vita, deve trovare un proprio modo di affrontare e dare un senso alla sofferenza e all’ingiustizia. E, nonostante le risposte possano essere diverse, ciò che accomuna tutti gli esseri umani è la ricerca incessante di significato, di speranza e di redenzione.
Ma forse, il vero valore risiede non tanto nel trovare una risposta definitiva ma nell’avere il coraggio di porre la domanda.
Nel nostro continuo interrogarci riscopriamo l’umanità dell’animo umano. E in questo sforzo risiede la nostra vera forza.
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