mercoledì 2 aprile 2025

CI VUOLE PAZIENZA

 


Dicevano i nostri nonni, e con loro tanti psicologi, che uno dei segni della maturità consiste nel saper aspettare, respirare a fondo prima di reagire, senza cedere subito all’ira. Sembra facile riuscirci ma non è così.

Siamo “costruiti” con il desiderio di avere tutto e subito e la pazienza per quanto celebrata è una virtù da sempre fuori moda.

Eppure, guardandoci indietro, ci accorgiamo che, quando abbiamo saputo attendere, i nostri desideri sono stati purificati, a volte li abbiamo persino superati e se si sono realizzati li abbiamo gustati meglio.

Il modello da seguire è quello offerto dai grandi saggi, a loro volta imitatori di Dio che malgrado le nostre infedeltà si mostra lento all’ira, pronto a riannodare ogni volta i rapporti con l’uomo, ben sapendo che tornerà a tradire.

  Al di là degli esempi inarrivabili, la pazienza è importante anche di fronte all’intrecciarsi dei piccoli-grandi problemi della vita quotidiana. Perché facilita i rapporti umani, rafforza la comunità, ci insegna a dare il giusto peso alle cose, a considerare essenziale solo quello che lo è davvero.

Lo esprime bene in questa preghiera il filosofo e storico francese Lucien Jerphagnon (1921-2011) che non si vergogna di ammettere di aver chiesto la pazienza almeno cento volte.

 

«Signore,

per la centesima volta,

vengo a chiederti

la grazia della pazienza.

Ma anche per questa,

dovrò aspettare.

Sarei così contento che la pazienza,

come tutto il resto,

venisse dall'oggi al domani.

Signore, vorrei ritrovare un po'

il senso della natura

e il senso dei suoi ritmi.

Accettare che le messi

abbiano bisogno del sole.

Accettare che gli uomini

abbiano bisogno di sonno.

Accettare che le risposte

abbiano bisogno di riflessione

e di quiete.

Accettare,

senza recriminare

i ritardi voluti dalla natura delle cose.

Accettare infine, Signore,

di vivere secondo la tua volontà,

e non secondo la mia.

Signore,

fa che ami questo scorrere noioso e fecondo

dei giorni e delle stagioni,

questo maturare continuo

dei frutti e delle parole.

Concedimi di saper attendere

che venga la pazienza».

 

www.avvenire.it 

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