e collettiva.
I «no-pass», libertà senza cittadinanza
È difficile trovare nella storia del pensiero un sostegno
alle ragioni portate
dai disobbedienti
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di Simone M. Sepe
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Nella
concezione degli antichi – ogni riferimento a Benjamin Constant è voluto –
libertà significa assenza di turbamenti interni. L’individuo vittima delle
proprie passioni, privo di autodisciplina, acratico appunto,
non è libero. Per i greci la libertà non era separabile dalla razionalità. Ne
consegue che l’esercizio della libertà si risolve in un processo rigoroso di
deliberazione interna ( phronesis o saggezza pratica) in condizioni
ideali. Se, per ipotesi, il piano delle nostre scelte possibili collassasse in
un solo punto, potremo ancora dirci liberi purché quel punto rappresentasse
l’unica scelta corretta. Per il pensiero antico, dunque, saremmo liberi anche
di fronte all’obbligatorietà vaccinale. Fermandoci solo all’estetica dei
comportamenti e all’apparato di suggestioni scomposte che i no-pass portano nel
dibattito pubblico, ci sentiremmo di dire che la libertà da loro proposta non è
quella degli antichi.
La
libertà nel senso moderno assume invece un significato più politico, o se si
preferisce negativo, spostando l’asse del concetto dalle costrizioni interne
dell’individuo a quelle esterne. La libertà è quindi la capacità di scegliere
tra un ventaglio di opzioni possibili, senza che forze esterne – come un
governo – ne condizionino o addirittura ne coartino la decisione. Per inciso,
questa è la libertà da sempre osteggiata da chi considera la società come un
qualcosa di organicamente diverso e non riducibile agli individui solamente,
come il fascismo appunto. Ma anche i fascisti, di ritorno da Marte,
evidentemente sono cambiati. Tuttavia, anche volendo rimanere nel solco del
pensiero esclusivamente liberale è difficile, se non impossibile, trovare una
rappresentazione della libertà idonea a giustificare il 'gran rifiuto' dei
disobbedienti.
Ci
sarebbero infatti delle ragioni che sono libertà-dipendenti per restringere la
libertà, proprio a difesa della libertà stessa. Non è un paradosso! Questo
accade quando si rischia che le nostre scelte non siano adeguatamente informate
oppure viziate nella struttura profonda dei processi cognitivi. Vizi e
distorsioni che ancora una volta abbiamo visto con i nostri occhi, durante i
fatti violenti di Roma del 9 ottobre 2021, quando quell’umanità arrabbiata e
sofferente diceva 'gli italiani liberi vanno ad assediare la Cgil'. Così John
Stuart Mill, che presume la libertà come condizione naturale, descrive i casi
in cui questa presunzione possa essere legittimamente rigettata. Tra questi include
la possibilità di restringere la libertà di oggi per proteggere quella di
domani. Questa è la logica liberale che accetta l’obbligatorietà della cintura
di sicurezza quando guidiamo: protegge la libertà del giorno dopo.
Il
filosofo contemporaneo David Schmidtz, influente esponente del liberalismo
classico, inquadra la libertà come potere di dire 'no', perché quel 'no' è la
base su cui costruire relazioni umane e comunità fondate sul 'sì'. Quel 'no'
non significa avere il diritto di espirare particelle di virus verso chi ci sta
accanto. Quel 'no' potrebbe invece estendersi alla privacy quale incarnazione
della libertà, laddove un governo volesse agire sul nostro corpo, imponendo la
vaccinazione obbligatoria. Ma il green pass non è la vaccinazione obbligatoria.
E quindi non vìola la privacy.
Ma
anche se prendessimo quella che è forse la versione più radicale, non
paternalista, di libertà negativa, quella del libertarianismo, si fatica a
trovare argomenti a favore dei no-pass. Robert Nozick, sofisticatissimo pensatore
contemporaneo e autore di 'Anarchia, Stato e Utopia', dice chiaramente che
laddove l’azione individuale generi un rischio su altri, la pretesa della
libertà come immunità diventa problematica. Si chiede allora come individui
razionali e liberi risolverebbero il conflitto tra libertà e rischio in uno
stato di natura, dove le istituzioni sono ancora da definire. Per Nozick
semplifichiamo – ci sarebbero due possibilità: 1) vietare le azioni pericolose
(il che equivarrebbe a giustificare la legittimità del Green Pass); 2)
permettere le azioni pericolose (nel caso specifico, permettere di interagire
nella società senza Green Pass), a condizione che gli agenti 'pericolosi'
compensino gli altri (vale a dire richiedere ai no-vax e/o no-pass di risarcire
in via preventiva la popolazione più responsabile). Ma Nozick con acuto
pragmatismo si pone anche il problema di come amministrare il secondo regime,
in un mondo in cui i 'pericolosi' (i no-pass) non abbiano le risorse per
risarcire le 'vittime' o comunque non sia così semplice farli pagare. Senza
compenso, infatti, il costo della libertà degli uni (quello di no-vax e nopass)
verrebbe traslato sugli altri (i vaccinati), un’eventualità che Nozick non
accetterebbe.
Sul
piatto rimarrebbe allora solo la prima possibilità. Evidentemente i no-pass non
conoscono Nozick, ma molti di loro intendono il Reddito di cittadinanza come
'meccanismo di risarcimento'; peccato che il pagamento vada nella direzione
opposta. Se infine volessimo volare più alti e considerare la struttura
metafisica della nostra libertà, i no-pass ancora una volta sono con le spalle
al muro: la libertà è infatti la dimensione della nostra responsabilità morale.
La dimensione della nostra partecipazione e compassione, come insegna
l’illuminismo scozzese. Qualcuno direbbe della nostra coscienza. Più siamo
liberi, più dobbiamo essere responsabili verso gli altri. Ma i disobbedienti
non sembrano aver compreso questa proporzione: le responsabilità – per loro –
sono da socializzare, a differenza dei benefici che invece vorrebbero mantenere
privati.
È
una brutta vicenda piena di contraddizioni, ignoranza e furbizia. Dove chi ne
beneficia sono quei cinici senza virtù all’incetta di voti che sfruttano le
contingenze della storia e le debolezze della gente. E giustificano i vizi
umani, anche i più bassi, nel nome di un concetto di libertà senza
cittadinanza. Fa bene il presidente del Consiglio Draghi a tirar dritto per la
strada della responsabilità personale e collettiva, senza tentennamenti. Come
un uomo libero farebbe.
*Giurista
ed economista, University of Arizona (Usa)
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