Dt
6,2-6/Eb 7,23-28/Mc 12,28-34
Dal
Vangelo secondo Marco
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Commento di P. Paolo Curtaz
Sappiti
amato
È saggio, lo scriba, e rispettoso. Riconosce in Gesù un rabbì. Chiede consiglio. Aspetta una risposta. Non tende trappole, non litiga, non baruffa. Non fa come i tanti che hanno cercato in tutti i modi di bloccare il falegname che si è preso per profeta. Non vuole fare sfoggio di cultura.
Non
si barrica dietro al ruolo, dietro alla sua conoscenza. È uno scriba,
sa leggere e scrivere e, soprattutto, sa interpretare le Scritture secondo le
mille sfumature dei rabbini del passato e contemporanei. Potrebbe giocare con
questo paesano del Nord, con questo provincialotto improvvisatosi rabbino. Non
lo fa.
Va
oltre. Non è sufficiente avere studiato tanto per
conoscere Dio. Non basta sfoggiare titoli infiniti per essere creduti. Credenti
credibili.
Lo
scriba riconosce in Gesù una Presenza, un carisma, una verità che va oltre gli
schemi, le convenzioni religiose, i pregiudizi (anche quelli santi).
E tutto ciò avviene a Gerusalemme, durante l’ultima, tragica, settimana di vita del Signore. Almeno qualche gioia…
Comandamenti
Sono tanti i comandamenti, troppi. Come se moltiplicando le norme, i precetti, le regole, potessi aumentare la santità. Come se il problema fosse tenere al guinzaglio le persone. O Dio. Forse, onestamente, i precetti ci servono per fare la spunta a fine giornata, per far notare a Dio che, modestamente, buona parte li abbiamo osservati. E che se non siamo buoni cristiani (mi fa venire le bolle questa affermazione!), almeno non siamo pessimi cristiani, come i tanti intorno a noi. Se non meglio almeno non peggio. Insomma tanta premura nel dare giudizi, nello stabilire, definire non è una preoccupazione di Dio, ma nostra. Mia.
Dio
ha dato delle indicazioni per la felicità. Certo. Una siepe che affianca la
strada che porta alla felicità, come scrivono i rabbini. Ma non un’imposizione,
non una regola da subire con malcelato fastidio. La norma è la forma
dell’amore. È l’abito del bene. È l’allenamento del buono e del bello.
Allora
sì, mi fido, seguo le indicazioni.
Ma
senza entrare nel dettaglio. Senza descrivere quanto lungo deve essere un
passo, con che inclinazione alzare il piede, che suola avere…
Al
tempo di Gesù, invece, si era entrati nel dettaglio, si erano confusi i piani.
Quasi come se fosse più importante la lunghezza del laccio delle scarpe
piuttosto della consapevolezza del cammino da fare.
Allora,
certo, districarsi in una selva di oltre seicento norme era essenziale. E lo
scriba, che sa, che conosce, ammette di non sapere, di non conoscere. Magnifico.
Ha studiato tanto e, finalmente ha capito di non capire. Perché la conoscenza
nutre e amplifica la curiosità e il dubbio, non ingessa la realtà.
Ama
La risposta di Gesù è quella data da altri famosi rabbini suoi contemporanei. Come riassumere tutti i comandamenti in uno solo? Fatti amare da Dio che ti ama. Amalo al meglio delle tue capacità, con forza, impegno, intelligenza. Ama te stesso perché ti vedi come Dio già ti vede. Ama il tuo prossimo con l’amore divino che trabocca dal tuo cuore. Ama. Non di quell’amore mieloso e appiccicoso che oggi ci vendono. Non di un amore narcisista e vittimista che sta facendo sprofondare il nostro occidente. Non di un amore idolatrico che ama solo per essere riamato. Ama e basta. Come fa Dio.
Allora ogni scelta, ogni percorso, darà volto a questo amore. E il cammino che faticosamente stiamo iniziando, un cammino sinodale che vorrebbe scuotere e incoraggiare, semplificare e rianimare, potrebbe avere nel cuore e nello sguardo questa semplice verità: Dio ha a che fare con l’amore. E raccontarlo (a volte anche con le parole) ai tanti smarriti che abitano le nostre città. Sappiti amato, a prescindere. Lasciati amare. Scegli di amare. Sappiti amato, senza condizioni: perciò puoi cambiare e volare, libero, sopra le piccinerie della vita.
Felice
È
felice lo scriba. Era tutto così semplice. Ammirato dal rabbì. Si
sente sollevato da quella risposta, preoccupato da quella selva di
comandamenti, da quel giudizio continuamente in agguato. Pieno di scrupoli e
sensi di colpa, la vera tentazione per ogni credente, viene liberato da un
peso. Si illumina. Gesù ha parlato con verità. Amare vale più di
tutti i riti, le regole, le organizzazioni, i culti che possiamo fare. Più dei
fioretti e dei sacrifici, più di tutto. Poi, certo, sarebbe bello se la
preghiera fosse espressione di un innamoramento. Così le scelte che costano
fatica ma che si fanno leggere quando si ama.
Gesù
sorride.
C’è
stima reciproca. Ha risposto saggiamente lo scriba. Sanno, il Maestro e lo
scriba, di essere orientati nella direzione. Non sei lontano dal Regno di
Dio. Non siamo lontani dal Regno di Dio quando ci interroghiamo, e
interroghiamo. Quando cerchiamo la verità, quando cerchiamo l’amore. No, non
c’è bisogno di porre altre domande.
È
tutto così magnificamente chiaro.
paolocurtaz · Commento al
Vangelo del 31 Ottobre 2021
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