“Trampolino” d’inclusione
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di LUCIA STOPPINI
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Le
scuole dell’infanzia Fism, nonostante il permanere dei vincoli dovuti alla
pandemia, continuano a garantire un’offerta educativa e formativa qualificata,
inclusiva, attenta alle esigenze di ciascuno. Le stesse scuole che, peraltro,
sono riuscite ad assicurare questa qualità alta anche nelle condizioni inedite
e complesse che hanno caratterizzato l’ultimo anno e mezzo.
Anzi,
anche in ragione della loro specifica identità cristianamente connotata, le
stesse scuole hanno riscoperto e rinsaldato quella cultura inclusiva - che da
sempre contraddistingue il loro Progetto educativo - in una prospettiva più
ampia, più articolata, che è andata al di là dello sguardo alle differenze che
caratterizzano il contesto scolastico - e, quindi, la progettazione e le esperienze
educativo-didattiche -; una prospettiva che ha ricompreso anche la relazione
con le famiglie, con la comunità, con i Servizi socio-sanitari. Un
approccio all’inclusione, dunque, certamente come 'valorizzazione delle
diversità' nell’ambito scolastico - con la dovuta cura ai bambini 'disabili',
ai bambini fragili, ai bambini BES -, ma anche come 'pratica sociale' e come
'impresa comune'.
Assicurare
inclusione attraverso la valorizzazione delle diverse
competenze di ciascuno implica per le scuole associate
considerare la diversità una risorsa educativa e non un
vincolo; un arricchimento e non un 'intralcio', un
ripiego. Significa cogliere le competenze dei bambini nel loro
intrecciarsi; promuovere gli spazi dell’interazione che
danno spessore a ciò che i bambini possono costruire insieme.
Significa, ancora, assumersi come adulti la responsabilità di
non escludere nessuno dall’esperienza condivisa. Perché tutti i
bambini possono collaborare alla buona riuscita di un’azione
condivisa.
Si
possono progettare e generare momenti di scuola a cui ciascuno può partecipare
come può e come sa fare, facendo affidamento al proprio bagaglio attuale,
aggiungendo comunque valore al lavoro insieme.
E
questa è un’idea precisa di cultura inclusiva; vale a dire una chiara idea di
comunità professionale e sociale che sa trovare per tutti degli aspetti di
valore, che sa riconoscere e valorizzare l’apporto di ciascuno in quanto
originale, autentico e per questo diverso da tutti gli altri. L’inclusione è
una 'pratica sociale'. Le nostre scuole dell’infanzia, infatti, si
impegnano a rendere inclusive le proposte educative, a fare in modo che i
contesti di apprendimento, le specifiche situazioni della giornata scolastica
mettano i bambini in grado di esprimere e 'giocarsi' competenze, di sviluppare
potenzialità, di ampliare i confini di ciò che possono fare. Ed è solo con gli
altri che questo può accadere; è con gli altri che si impara a fare ciò che
ancora non si è in grado di fare da soli; è con gli altri che si apprende
e si cresce.
L’interazione
con i pari e con gli adulti a scuola rappresenta il 'trampolino' per realizzare
inclusione. È lo spazio sociale in cui il riconoscimento reciproco, tra
bambini, delle risorse e delle fragilità, permette un contatto autentico e una
piena partecipazione all’esperienza collettiva di persone nella loro unicità.
L’inclusione è, inoltre, una pratica sociale che si può imparare; è a
disposizione di ciascun bambino e di ciascun adulto educatore che vive la
scuola. Non sta solo 'nella testa' delle persone, ma nello spazio delle loro
interazioni ed è 'distribuita' in quanto è in stretta relazione con i contesti
che la scuola mette a disposizione dei bambini.
L’inclusione
è una 'impresa comune'. Le nostre scuole sanno bene che
riguarda ciascun membro della comunità scolastica;
che 'appartiene' a tutti coloro che abitano la
scuola:
i bambini, gli insegnanti, gli operatori, i volontari, le famiglie, i testimoni
privilegiati della comunità; chiunque contribuisca quindi, con la specificità
del proprio ruolo, all’esperienza di educazione, apprendimento e
socializzazione dei bambini. L’impresa inclusiva chiama in causa la scuola su
più livelli: con i bambini, le cui forme molteplici di partecipazione la scuola
si impegna a garantire; tra insegnanti, il cui lavoro collegiale consente di
restare in apprendimento e poter agire il proprio contributo nelle pratiche
educative; con le famiglie, per investire nella restituzione del senso delle
proposte educative e per renderne partecipi genitori e adulti della comunità. Le
diverse possibilità di partecipazione e le diverse forme di coinvolgimento
rispondono dunque alla cultura inclusiva di scuola propria del Sistema Fism e,
nel contempo, danno conto di quanto per le scuole associate l’inclusione sia
realmente uno 'stile' di essere e di fare scuola, una 'postura' istituzionale,
professionale e organizzativa.
Le
diverse forme di coinvolgimento nelle realtà Fism: uno «stile» di essere e di
fare scuola, una pratica sociale che permette a ciascuno di sviluppare
potenzialità e di ampliare i propri confini, imparando con gli altri.
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