-di
LUCA MAZZA
Cresce
il gap tra l’Italia e la media europea sui livelli d’istruzione e preoccupa la
persistenza di alcuni divari di genere e territoriali all’interno dei confini
nazionali. Il report Istat fa risuonare l’allarme sul peggioramento dei numeri
in campo formativo per il nostro Paese. In Italia solo un adulto su cinque ha
una laurea (20,1%), molto meno della media dei Paesi dell’Unione europea dove
la possiede quasi un terzo (32,8%). In tempi segnati dal Covid, dunque, non si
sono registrati progressi significativi per l’istruzione. Il dato 2020 conferma
come la crescita della popolazione laureata in Italia sia più lenta rispetto
agli altri Paesi dell’Unione: l’incremento è di soli 0,5 punti nell’ultimo
anno, meno della metà della media Ue27 (+1,2 punti) e decisamente più basso
rispetto a quanto avvenuto in Francia (+1,7 punti), Spagna (+1,1) e Germania
(+1,4).
Anche
sul tasso di diplomati l’Italia resta nelle retrovie d’Europa, fermandosi al
62,9% (+0,7 punti rispetto al 2019), valore decisamente inferiore rispetto a
quello medio europeo (79%) e a quello di alcuni tra i più grandi Paesi
dell’Unione.
Il rapporto Istat torna a porre l’accento anche sull’anomalia femminile italiana nel binomio formazione-lavoro. Il livello di istruzione delle donne rimane sensibilmente più elevato di quello maschile (il 65,1% ha almeno il diploma contro il 60,5% degli uomini),una differenza ben più alta di quella osservata nella media Ue27, pari a circa un punto percentuale. Non solo: le donne laureate sono il 23% e gli uomini il 17,2%, anche se diminuisce il numero delle lauree nelle materie Stem. Il primato femminile sull’istruzione, tuttavia, non si traduce in un analogo vantaggio in ambito lavorativo. Anche le donne straniere hanno un livello di istruzione più elevato rispetto alla componente maschile: cinque straniere su dieci possiedono almeno il diploma contro quattro uomini su dieci (il 14,3% di queste è laureato contro l’8,3% degli uomini).
In generale, resta elevato il numero dei giovani che abbandonano gli studi, nonostante si sia compiuto qualche timido passo in avanti lo scorso anno. In Italia, secondo l’Istat, nel 2020 la quota di giovani che hanno abbandonato gli studi precocemente è pari al 13,1%, per un totale di circa 543 mila unità, in leggero calo rispetto all’anno precedente. di istruzione e formazione. La quota di Elet (acronimo di Early leaving from education and training), resta tra le più alte dell’Unione europea, dove la media è del 9,9%. L’abbandono scolastico, rileva ancora l’Istat, caratterizza i ragazzi (15,6%) più delle ragazze (10,4%) e per queste ultime si registra una diminuzione anche nell’ultimo anno (-1,1 punti). I divari territoriali restano molto ampi e persistenti. Nel 2020, lo stop agli studi prima del completamento del sistema secondario superiore o della formazione professionale riguarda il 16,3% dei giovani nel Mezzogiorno, l’11% al Nord e l’11,5% nel Centro. Il divario territoriale tra Nord e Mezzogiorno si è ridotto a 5,3 punti nel 2020, grazie al calo registrato nel Mezzogiorno, dopo la sostanziale stabilità che aveva caratterizzato il quinquennio precedente (7,7 punti nel 2019). Tra i giovani con cittadinanza non italiana, il tasso di abbandono precoce degli studi è più di tre volte superiore a quello degli italiani: 35,4% contro 11%.
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