Vigilia del
vertice di Glasgow. Alla luce dell'appello lanciato dal Papa ad una rinnovata
solidarietà globale per compiere "scelte radicali" ed uscire dalla
crisi trasversale che l'umanità affronta, la riflessione a Vatican News di
Antonello Pasini, docente di Fisica del clima e ricercatore del CNR: la
connessione nel mondo tra salute dell'ambiente e salute umana, ma anche tra
natura, economia e vita dei popoli è fondamentale per il futuro del pianeta
Il
Papa: il vertice sul clima offra risposte efficaci e speranze concrete
Per Antonello
Pasini, ricercatore dell'Istituto inquinamento atmosferico del CNR e
docente di Fisica del clima all’Università Roma Tre, quanto afferma il Papa è
estremamente importante e attuale:
Un appello e
una riflessione quella di Papa Francesco che parla ai leader politici, agli scienziati
e alla comunità nel suo insieme?
Ancora una
volta il Pontefice dimostra, innanzitutto una modernità scientifica incredibile
cioè il suo concetto di ecologia integrale che è sottinteso anche in questo
messaggio è assolutamente basilare nel senso che ci fa capire che noi umani, la
antroposfera, diciamo così, è completamente collegata a quella che è la natura,
il sistema climatico, ma non solo, l'economia ecc..., quindi ci dà una visione
veramente integrale di quello che è il nostro rapporto con la natura. E poi il
fatto che ribadisca ancora una volta che bisogna pensare a uscire da questa
crisi verso una nuova normalità, quindi una normalità che sia più solidale e
più equa. Insomma, queste sono tutte cose estremamente importanti.
Ascolta
l'intervista a Antonello Pasini
Papa
Francesco mette insieme le crisi create sia dal cambiamento climatico che dalla
pandemia e parla di crisi che ci mettono di fronte a scelte radicali...
Sì,
assolutamente, noi dobbiamo ripensare completamente il nostro rapporto con la
natura, a cominciare dal fatto che finora abbiamo agito come predatori, vedendo
la natura come qualcosa di inerte, di plasmabile a piacere, con una visione
estremamente antropocentrica, dobbiamo passare, invece, ad una visione in cui
noi siamo intimamente legati e connessi alla natura e la salute dell'uomo
equivale alla salute della natura, questo sia per quanto riguarda la crisi
pandemica che per quanto riguarda la crisi climatica. È estremamente importante
che il Papa ribadisca questo legame assolutamente stretto da cui non possiamo
scioglierci e non vogliamo scioglierci.
I decisori
politici che prenderanno parte alla COP 26 sono chiamati con urgenza ad offrire
risposte efficaci alla crisi ecologica in cui viviamo. In concreto, professor
Pasini, quali potrebbero essere queste risposte?
Le risposte si
stanno intravedendo, al di là del fatto che ognuno di noi può fare qualcosa
innescando dei circuiti virtuosi dal basso e può spingere sui politici affinché
facciano qualcosa, è chiaro che la transizione ecologica va gestita dalla
politica. Quindi adesso, per esempio l'Europa io credo si sia messa sulla
strada giusta. In America si sta muovendo qualcosa con il cambio del
presidente, anche in Cina si sta pensando veramente di virare a 180° verso le
energie rinnovabili, anche perché c'è stata una grossa spinta dal basso da
parte della popolazione perché lì, insomma, si moriva e si muore ancora, in
parte, di inquinamento atmosferico. Quindi il legame fra popolazione e
politici, con la spinta dal basso, può far sì che effettivamente si vada verso
una direzione nuova e più efficace anche nelle misure da prendere, come ad
esempio: disincentivare assolutamente i combustibili fossili, incentivare le
energie rinnovabili e la mobilità sostenibile, tutto un mosaico di misure che
porti realmente ad un nuovo modello di sviluppo.
L'ultimo
Accordo importante sul clima era stato siglato a Parigi nel 2015, che cosa è
successo in questi sei anni che hanno preceduto la COP 26 che sta per
cominciare?
E' successo che
stiamo vedendo sempre più le conseguenze del cambiamento del clima come gli
eventi estremi, le ondate di calore assolutamente fortissime e così via. E dal
punto di vista politico e programmatico per quanto riguarda il cambiamento
delle azioni contro la crisi climatica, appunto l'Europa si è mossa, gli Stati
Uniti si stanno muovendo e dalla parte, diciamo così, del business c'è, secondo
me, una maggiore attenzione. Lo stesso Accordo di Parigi nel preambolo diceva
qualcosa di importante e cioè che se vogliamo evitare i problemi più gravi del
clima, bisogna che la seconda parte di questo secolo sia ad emissione di
carbonio 0 e questo era un messaggio fortissimo agli economisti, ai politici e
ai businnesman. Diceva: guardate che se volete fare business, carbone,
petrolio e gas naturale non hanno futuro. Ecco, in questo momento si sta
evolvendo la situazione e io mi auguro che a Glasgow si trovino misure
veramente concrete che leghino le popolazioni e soprattutto i governi a fare
qualcosa di efficace.
Lei
accennava agli effetti concreti dei cambiamenti climatici: spesso siamo un po'
confusi dalle informazioni, ma c'è unanimità dal punto di vista scientifico che
questi effetti ci sono veramente?
Assolutamente
sì, ci sono, sono concreti e stanno peggiorando. Quindi se non facciamo nulla,
siamo destinati, per esempio, a prendere 4,5 gradi da qui a fine secolo che
un'enormità, perché non si tratta soltanto di sudare un po' di più, ma
dell'impatto sui territori, sugli ecosistemi e sull'uomo. Il clima è un
sistema globalizzato, quello che succede al Polo Nord può avere influssi su di
noi, oppure sulla fascia del Sahel da dove arrivano 9 migranti su 10 di quelli
che arrivano coi barconi. Quindi questa popolazione, come dire, incastonata fra
guerre, fame, povertà e cambiamento climatico è ovvio che deve trovare una
strada per poter vivere. Quindi è un problema di equità internazionale e il
cambiamento climatico, purtroppo, allarga quella forbice di disequità che già
c'è attualmente tra i Paesi sviluppati e quelli poveri e non bisogna fare
divaricare ancora di più questa forbice perché andremmo in una situazione
estremamente critica per loro, che appunto non avrebbero più risorse, ma anche
per la stabilità internazionale.
Come dice il
Papa è necessaria una corresponsabilità mondiale, e guardando a Glasgow, quali
sono i Paesi sui quali dobbiamo puntare di più l'attenzione?
Ovviamente sui
maggiori inquinatori che sono quelli più responsabili di questa situazione e
quelli che devono per primi agire per fare qualcosa di concreto. Perché non
possiamo guardare all'Africa e chiedere di fare qualcosa ai Paesi africani, che
hanno una responsabilità assolutamente infinitesima per quel che riguarda il
riscaldamento globale e i cambiamenti climatici e, un altro effetto di
disequità, è che sono proprio questi Paesi che sostanzialmente risentono degli
impatti più forti. Ecco, quindi, che i Paesi sviluppati devono mettersi in
testa di agire concretamente e soprattutto anche di stabilire un fondo, che è
già stato stabilito teoricamente, per l'adattamento e lo sviluppo dei Paesi
poveri che dovranno svilupparsi, ma non facendo gli errori che noi abbiamo
fatto in passato, quindi sviluppandosi con energie alternative, senza bruciare
carbone, petrolio o gas naturale.
Professor
Pasini, ha ragione quello scienziato, citato da Papa Francesco, che diceva che
la sua nipotina appena nata se le cose non cambiano, entro 50 anni, dovrà
abitare in un mondo inabitabile?
Inabitabile o,
comunque, molto difficile da vivere. Sì, certo, dobbiamo guardare ai nostri
figli e in parte lo abbiamo già fatto, perché io dico sempre che da quando è
uscita sulla scena Greta, ha fatto più lei e gli altri giovani in 2-3 anni, che
noi scienziati in 30 anni di rapporti internazionali con sommari per i decisori
politici.
Nessun commento:
Posta un commento