sabato 19 luglio 2025

IL VOLTO SFIGURATO DEL DIO D'ISRAELE

 

La lettura fondamentalista e fanaticamente nazionalista che danno dei testi biblici personaggi come Ben-Gvir e i suoi sostenitori è un tradimento, non una conseguenza strutturale, dell’ebraismo.



-di Giuseppe Savagnone 

 

L’aspetto religioso della guerra d’Israele

Un aspetto particolarmente inquietante, e forse per questo poco approfondito dai media, nella drammatica escalation che in questo ultimo anno e mezzo ha portato lo Stato d’Israele al centro delle cronache, è quello religioso.

È un dato di fatto che un ruolo decisivo nel governo Netanyahu hanno avuto e continuano ad avere i partiti degli ebrei ortodossi, come «Potere Ebraico», il cui leader, Itamar Ben-Gvir, noto per il suo estremismo, è il ministro della Sicurezza e contribuisce in modo determinante ad assicurare l’appoggio della maggioranza. 

Sta di fatto che sono questi partiti ad aver dato, a quella che inizialmente era stata presentata come un’operazione difensiva, il carattere, ormai evidente a tutti, di una spietata pulizia etnica se non, come sostengono molti, di un vero e proprio genocidio. Ed è in nome della loro fede che essi perseguono il progetto del “grande Israele”, che implica la coincidenza dello Stato ebraico con la “terra promessa” di cui parla la Bibbia.

Che di questo fattore si parli molto poco è comprensibile. Siamo così abituati a identificare il fondamentalismo religioso con l’islam, che diventa imbarazzante  riconoscerlo in quelli che Giovanni Paolo II ha definito «i nostri fratelli maggiori», i quali, per di più, invocano a loro giustificazione la stessa Bibbia che costituisce un testo sacro per il cristianesimo e che viene utilizzata quotidianamente nella liturgia delle Ore e nella celebrazione eucaristica.

Eppure, è indubbio che, ancor prima del 7 ottobre, ancor prima del governo Netanyahu, si è via via verificata una trasformazione dello Stato ebraico in senso religioso. La storica ebrea Anna Foa, nel suo recente libro Il suicidio d’Israele, ha scritto che il suo fondatore, Ben Gurion, «laico convinto», era persuaso che la religione si sarebbe presto estinta. «In realtà è successo il contrario. I sionisti religiosi, fanatici della grande Israele data da Dio al popolo ebraico, si sono moltiplicati grazie al gran numero di figli, così come si sono moltiplicati gli ultra-ortodossi».

Ne è risultato, secondo la Foa, un profondo cambiamento della originaria prospettiva sionista: «Non era certo questa l’ideologia del sionismo delle origini e nemmeno quella della formazione dello Stato». Sono stati gli sviluppi politico-militari successivi alla sua nascita, nel 1948, che ne hanno cambiato la fisionomia.

In particolare, ella scrive, dopo la vittoria nella “guerra dei sei giorni” del giugno 1967, «il sionismo subiva una vera e propria metamorfosi e si diffondeva un diverso tipo di israeliano, un sionista religioso aggressivo e ispirato da Dio a colonizzare tutta la terra di Israele. Sebbene al governo fossero i laburisti, a partire dal 1967 iniziava nella West Bank occupata il fenomeno degli insediamenti da parte dei gruppi estremisti messianici».

Il trauma della violenza subìta il 7 ottobre 2023 ha contribuito a esasperare questa tendenza. Constata la Foa: «Dopo il 7 ottobre l’attività di insediamento si è moltiplicata (. . . ). I coloni sono ora quasi 700.000».

Così come si è scatenata una campagna militare che, nata con l’intento di combattere i terroristi di Hamas, si è via via trasformata essa stessa in una azione terroristica su larga scala nei confronti del popolo palestinese, mettendo in seria difficoltà i tradizionali alleati di Israele, tenaci sostenitori della sua legittimità democratica .

Viene spontaneo chiedersi come sia possibile che a giustificare questa politica, che viola non soltanto le risoluzioni dell’ONU dal 1947 in poi, non solo il diritto internazionale, ma anche – come purtroppo ci dicono quotidianamente i mezzi d’informazione e ci mostrano le immagini della televisione – i più elementari diritti umani, possa essere invocata la volontà di Dio, e non di una qualunque divinità, non di Allah, ma del Dio della Sacra Scrittura .

Due opposte letture

Ha provato a spiegarlo, in un recente articolo, Vito Mancuso, facendo notare che «la religione ebraica ha una duplice essenza: spirituale e politica». E mentre la prima contiene i germi dell’amore del prossimo, la seconda si ispira al primato della forza. «Esattamente per questo motivo nella Bibbia ebraica, accanto alla spiritualità della solidarietà, vi è un’ideologia del potere e dell’oppressione nazionalista e razzista verso altri popoli che partorisce i molti Ben Gvir».

L’autore conia, a questo proposito, il termine “israelismo”, contrapponendolo all’autentico ebraismo. «L’israelismo rappresenta il lato oscuro dell’ebraismo (ogni religione, anzi ogni realtà, ha il proprio)».

Su questa linea Mancuso arriva a parlare di un «nazi-sionismo». E cita dei passi del libro del Deuteronomio, in cui Mosè si rivolge al suo popolo, prima di entrare nella terra promessa, esortandolo ad annientare le popolazioni che vi risiedono: «Quando il Signore, tuo Dio, le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le voterai allo sterminio in ebraico, cherem]. Con esse non stringerai alcuna alleanza e nei loro confronti non avrai pietà» (Dt 7,2.6).

All’articolo di Mancuso ha risposto uno di Massimo Giuliani, docente di Pensiero ebraico, che giudica «aberrante la categoria di nazi-sionismo»: «Associare o equiparare il sionismo al nazismo è una perversione storica, dettata da puro accanimento ideologico. Si possono legittimamente criticare le politiche militari e le strategie belliche dell’attuale governo israeliano (…), ma non si può ascrivere alla “religione ebraica” la logica di quelle politiche».

Più alla radice, secondo Giuliani, «è contrario a ogni approccio critico scindere l’ebraismo in due essenze, una spirituale (supposta buona e accettabile) e una politica (ovviamente cattiva, demoniaca sin dall’origine)».

Torti e ragioni

In realtà, leggendo il libro di Anna Foa, si scopre che il paragone coi nazisti era già stato fatto proprio da un filosofo ebreo, Yeshayahu Leibowitz, detto «la coscienza di Israele» e vincitore nel 1993 del prestigioso Premio Israele, da lui rifiutato. «Leibowitz negava ogni diritto divino degli ebrei alla terra di Israele e sosteneva che l’occupazione avrebbe avvelenato l’animo degli israeliani trasformandoli in “giudeo-nazisti”».

Ed è molto difficile negare che i fondamentalisti religiosi e gli ultra-ortodossi attualmente al potere in Israele pretendano di ispirarsi ai testi biblici, visto che li invocano esplicitamente a giustificazione della loro campagna militare e del loro progetto politico.

Ha dunque ragione Mancuso nell’attribuire la violenza all’ “israelismo” che inevitabilmente accompagna l’ebraismo?  In realtà, neanche la sua tesi sembra corretta, perché non guarda alla complessità dei testi biblici e si ferma al Deuteronomio.

Un primo punto cruciale è quello sottolineato da un autorevole biblista, Giuseppe Barbaglio, in un libro intitolato Dio violento? Lettura delle Scritture ebraiche e cristiane: «L’esame delle diverse parti della bibbia giudaica mostra, senza ombra di dubbio, che il popolo dell’antico Israele ha avuto sempre e costantemente lucida coscienza dell’intangibilità della vita umana».

Nel libro della Genesi Dio dice: «Domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello». La motivazione è teologica: «Perché ad immagine di Dio è stato fatto l’uomo» (Gn 9, 5-6).

Un secondo punto decisivo è la guerra, pur presente abbondantemente nelle pagine bibliche, non è considerata inevitabile. In particolare, scrive Barbaglio, i profeti «hanno creato una vasta e sensibilissima coscienza antiviolenta». Ad essi innanzi tutto si deve la prospettiva «di un futuro di pace universale e cosmica e di distruzione di tute le armi».

Sta di fatto che «nella bibbia giudaica non si parla mai di “guerra santa”» C’è un intervento di Dio nelle guerre di Israele, «ma nel raffigurarsi il proprio Dio come guerriero e le guerre quali imprese in cui interviene la divinità adorata, l’antico Israele non tradisce alcuna originalità, dal momento che si tratta di un’ideologia diffusa allora in quell’area geografica e culturale». 

E, se è vero che la tradizione letteraria che sta dietro il libro del Deuteronomio è «caratterizzata da una forte bellicosità», come ha sottolineato Mancuso, va anche detto che quella  «presente soprattutto nei primi quattro libri della bibbia ebraica, Genesi, Esodo, Levitico, Numeri» evidenzia uno «spirito pacifista e non violento».

Un’ulteriore importante precisazione viene da un altro noto studioso  del problema della violenza nella Bibbia, Norbert Lohfink, nel suo libro Il Dio della Bibbia e la violenza. A proposito del cherem – lo sterminio delle popolazioni vinte, di cui si parla nel Deuteronomio, citato da Mancuso – , egli osserva: «Forse la realtà storica potrebbe anche avere conosciuto solo la cacciata delle élites al potere nelle città cananee e quindi il rovesciamento del sistema sociale e politico in vigore».  In realtà «il cherem era una rinunzia di carattere sacrale al bottino (…) riferita preferibilmente ai beni materiali. Solo la sistemazione deuteronomistica della tradizione ne fece uno sterminio dell’intera popolazione comandato da Dio». Insomma, si tratta probabilmente solo di una elaborazione letteraria posteriore.

A questo punto, l’anima violenta della Bibbia, attribuita da Mancuso alla sua dimensione politica, nazionale (l’“israelismo”), sembra in realtà dovuta a condizionamenti culturali e non è dunque un inesorabile risvolto dell’ebraismo.

Lo dimostra il grande fiume dalla spiritualità ebraica, con la tradizione dei chassidim e con personalità come quella di Martin Buber, filosofo che ha celebrato la  relazione e il dialogo, che pure aderì al sionismo e fu favorevole alla creazione di uno Stato ebraico, inteso però come luogo di pacifica convivenza  tra ebrei e palestinesi.

La lettura fondamentalista e fanaticamente nazionalista che danno dei testi biblici personaggi come Ben-Gvir e i suoi sostenitori è un tradimento, non una conseguenza strutturale, dell’ebraismo. Sono loro, con la loro religiosità distorta, non la Bibbia, all’origine della violenza a cui stiamo assistendo. E, seguendo loro, Israele non si sta solo suicidando, ma sta profanando e sfigurando il vero volto del suo Dio.

 www.tuttavia.eu

 Immagine: Foto di Cole Keister su Unsplash



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