Nel documento dei presuli d’Oltralpe l’invito a dare tempo alla carità e a evitare pretesti per saltare la Messa. L’importanza di contemplare la bellezza. L’ultimo messaggio di don Hamel, il parroco ucciso cinque anni fa da due jihadisti Durante il periodo di pausa dalle attività consuete «non basta rimanere cristiani ma si deve suscitare la fede negli altri». Fare molta attenzione all’egoismo «camuffato da relax»
Dai
vescovi francesi il “Decalogo del cristiano in vacanza” per evitare di mandare
in ferie anche la fede. Tra i consigli quello di portare con sé una piccola
Bibbia e il Rosario evitando i luoghi «senza il Signore»
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di
RICCARDO MACCIONI
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Siamo frenetici, agitati, di corsa.
La nostra vita è così “elettrica” che giochiamo con il vocabolario dell’energia
anche per parlare di riposo. «Ho le batterie a terra», «devo staccare la
spina», «mi prendo qualche giorno, giusto per ricaricare le batterie». Nelle
immagini che definiscono le vacanze c’è tutto il nostro bisogno di una pausa,
di aria pulita per riossigenare il corpo e lo spirito, di una scossa capace di
garantire la giusta riserva di freschezza per i mesi a venire. L’importante è
decidere il serbatoio giusto cui attingere, trovare un distributore aperto,
avere la lucidità necessaria per non sbagliare caricatore. Domenica scorsa
all’Angelus il Papa è stato chiaro: l’estate è il tempo giusto per una buona
«ecologia del cuore che si compone di riposo, contemplazione e compassione».
Un’immagine, quella del rinnovarsi dentro, che risuona chiara e commovente
nelle parole di Jacques Hamel, l’anziano sacerdote francese assassinato da due
estremisti islamici nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray. Nel suo ultimo
messaggio ai parrocchiani pochi giorni prima di quel terribile 26 luglio 2016
in cui fu ucciso, il “don” si augurava che in vacanza si riuscisse a «sentire
l’invito di Dio a prendersi cura di questo mondo» per renderlo «là dove
viviamo, più caloroso, più umano, più fraterno». L’estate, dunque, come «un
tempo di incontro con familiari e amici», come un momento per prendersi il
tempo di vivere qualcosa insieme, «per essere attenti agli altri, chiunque essi
siano. Un tempo di condivisione».
Perché sono tanti i modi di spendere
le ferie. Le vacanze possono essere una palestra a cielo aperto per rafforzare
il fisico, l’occasione per viaggiare, un’oasi di relax e di lettura, un modo
per dimenticare o almeno provare a farlo, ciò che ci opprime e ci fa star male.
Con, “allegato”, un rischio, quello di relegare in soffitta o spingere in fondo
all’archivio della memoria, tutto quanto richiede impegno. E qualche volta
fatica. Non caso i vescovi francesi, nel documento preparato in vista dell’estate
2021 mettono in guardia dal pericolo di mandare in ferie anche Dio. Nel
“Decalogo del cristiano in vacanza” i presuli transalpini so- no
espliciti: in estate «siamo meno cristiani, a volta non lo siamo
affatto». Può capitare allora che si viva la festa dimenticando il
festeggiato, come nelle domeniche in cui non si va a Messa.
Succede quando la religione
rappresenta un vincolo e non, come dovrebbe, una via di crescita personale e
comunitaria, una strada, (anche) per la piena realizzazione umana, che
necessariamente passa dall’incontro con l’altro, dall’ascolto di chi
incontriamo sul nostro cammino. Non a caso i vescovi francesi nel loro
Decalogo (consultabile sul sito eglise.catholique.fr/actualites )
mettono al primo posto l’esigenza di dare “tempo alla carità”, in qualche
modo di programmare la condivisione, evitando che le vacanze siano una forma di
egoismo «camuffato da relax».
Ma nel documento c’è anche molto
altro. Ad esempio, il secondo consiglio, parlare di comandamenti è francamente
troppo, è un invito a “mettere Dio in valigia”, cioè avere sotto mano «una
piccola Bibbia, la vita di un santo, magari un breve trattato di teologia». E
poi aggiungere un segno della nostra fede utile alla preghiera, tipo la
coroncina di Rosario, un’icona, una croce. Sembra di sentire papa Francesco e
il suo invito, ripetuto tante volte, di avere sempre a portata di mano un
Vangelo, in tasca o nella borsa, così da poterlo leggere durante il giorno. In
questo modo sarà più facile camminare “sulla strada della fede”, la regola
numero tre, che consiste nell’avere Dio nel cuore in ogni momento del proprio
viaggio. Una condizione, un legame che comporta di evitare il più possibile “i
luoghi senza Dio”, quarta voce del Decalogo, vale a dire le «situazioni che danneggiano
il nostro rapporto con il Signore e con gli altri». Al contrario invece le
vacanze andrebbero vissute come «una lunga domenica» con momenti da dedicare
soltanto a Dio, in una specie di anticipazione del riposo eterno dove, si
spera, saremo al Suo cospetto. Ne deriva ovviamente, e siamo al sesto punto,
l’importanza di “non perdere la Messa”, evitando il ricorso a scuse banali per
saltarla, tipo il rischio di perdere il treno o l’essere in posti privi di
chiese. «Sono pretesti», denunciano i vescovi francesi. E se la
preghiera fa parte del nostro bagaglio di vacanzieri, se l’Eucaristia
domenicale viene vissuta bene, risulterà più facile
rispettare gli altri punti del Decalogo. Come “contemplare”
la bellezza, senza la quale la vita diventa più amara ed arida.
Si tratta cioè, ed è un obbligo piacevole, di non perdere il
contatto con il bello che si trova negli altri esseri
umani, nell’arte. E, ovviamente, nella natura, secondo l’antico
detto francese: «Dio è solo in campagna». Così, con gli occhi illuminati
dai segni
del divino, sarà più facile
testimoniare Gesù, visto che in vacanza «non ci si deve limitare a rimanere
cristiani ma bisogna suscitare le fede negli altri» secondo la regola per cui
la Chiesa cresce per attrazione. E si concretizza, regola numero nove, nel
mettersi al servizio, condizione che, a pensarci bene, sovverte un po’ la
filosofia delle ferie, quando ci piace che siano gli altri a soddisfare le
nostre esigenze. Ma questo cambiamento di prospettiva non comporta affatto
tristezza, anzi se l’estate è un prolungamento virtuoso del cammino percorso
durante l’anno, se il riposo diventa occasione di autentica ricarica
spirituale, tutto confluirà nella festa, nel “gioire”, ultimo consiglio e in
qualche modo obiettivo dal Decalogo transalpino. «Il cristiano si rallegra di
tutto – scrivono i vescovi francesi – perché la sua gioia è innanzitutto in
Dio. Lontano dall’ideale mondano dell’ozio pigro e disumanizzante secerne gioia
come Dio dona la sua grazia, nella verità e nella gratuità del dono di sé» E al
suo ritorno dal periodo di relax, più ancora che mostrare orgoglioso le foto
scattate durante il viaggio, il cristiano «darà testimonianza di un cuore più felice»
perché ha «portato Dio in vacanza con sé». Non presenza ingombrante ma luce
lungo la strada, significato e insieme punto d’arrivo dell’eterno vagabondare
dell’uomo. Non solo in estate ma anche nei giorni più freddi. Da soli o in
compagnia. Sempre.
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