lunedì 6 ottobre 2025

IL PROGRAMMA o LE PERSONE?

 


Docenti costretti a scegliere tra programmi ministeriali e cura degli studenti adolescenti. 

Chi sceglie i ragazzi rischia

 



Di Andrea Carlino

 

Alla Fiera delle Parole di Padova, il filosofo Umberto Galimberti ha tenuto una lectio magistralis dal titolo “La tecnica, la terra e l’uomo. Un filo da ricucire”, analizzando la crisi dell’epoca contemporanea e dedicando passaggi cruciali alla condizione giovanile e al ruolo della scuola. Nel suo intervento, Galimberti ha denunciato come l’età della tecnica abbia privato l’esistenza di senso, con conseguenze drammatiche soprattutto per le nuove generazioni.

Galimberti ha affermato che i giovani di oggi soffrono per una ragione culturale, non semplicemente psicologica. Al centro della loro sofferenza c’è l’assenza di prospettive: “per loro è stato tolto il futuro”, ha dichiarato il filosofo, spiegando come la droga rappresenti per molti ragazzi un anestetico dall’angoscia che provano quando “sporgono lo sguardo sul futuro”. Poi ha invitato genitori e nonni a non ripetere la frase “ai miei tempi”, sottolineando che nelle generazioni precedenti il futuro “era lì ad aspettarmi”. Galimberti ha ricordato di aver insegnato filosofia in un liceo a ventun anni, quando ancora non era laureato, perché “non c’erano filosofi” e il futuro era accessibile. Oggi, invece, chi studia filosofia “potrà fare cose eccellenti ma non potrà mai insegnare filosofia”.

La condizione giovanile contemporanea è caratterizzata da quella che Nietzsche definiva nichilismo: “manca lo scopo, il futuro non è più una promessa, manca la risposta al perché”. Perché studiare, perché lavorare, perché stare al mondo sono domande che non trovano più risposte convincenti in un’epoca dominata dalla tecnica e dalla mancanza di senso.

Scuola ingabbiata dall’apparato

Galimberti ha dedicato un passaggio importante alla scuola, denunciandone la trasformazione in apparato tecnico che privilegia l’esecuzione dei programmi ministeriali rispetto alla cura degli studenti. Il filosofo, poi, illustrato un esempio emblematico: un insegnante che svolge tutti i programmi dall’inizio alla fine “senza aver mai guardato in faccia uno studente, senza averlo mai seguito in quell’età incerta che si chiama adolescenza caratterizzata da entusiasmi vertiginosi e depressioni abissali” viene premiato dal sistema. Al contrario, un docente che si occupa degli studenti, che parla con loro, che li segue nella loro evoluzione adolescenziale ma non termina i programmi “rischia il posto”.

La scuola, secondo Galimberti, è diventata uno dei tanti apparati che impongono “azioni prescritte e descritte” secondo i valori della tecnica: efficienza, produttività, velocizzazione del tempo. L’insegnante è ridotto a funzionario che deve garantire il funzionamento del sistema, proprio come accade in banca, in ospedale o in tribunale. La logica sottesa è quella che Galimberti definisce “logica nazista”, citando le riflessioni di Gunther Anders: ciò che conta non è cosa si prova, ma far funzionare il sistema.

Cambiare paradigma

Per uscire da questa situazione, il filosofo ha proposto un radicale cambiamento di paradigma: passare dall’antropocentrismo cristiano al biocentrismo, ponendo al centro non più l’uomo ma la vita di tutti i viventi. Poi ha Francesco d’Assisi come precursore di questa visione, capace di parlare di “fratello sole, sorella luna, fratello lupo”, superando l’idea dell’uomo al vertice del creato. Solo attraverso un’evoluzione culturale, ha concluso Galimberti, sarà possibile difendere la terra e garantire un futuro alle nuove generazioni. La cultura rimane infatti “l’antitesi massima al potere” perché crea persone critiche, capaci di pensare e obiettare.

  OrizzonteScuola

 


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