L'ente
filantropico di Corato (Bari) è reduce dalla XXIV edizione de "I Dialoghi
di Trani", la rassegna culturale promossa e organizzata dall’Associazione
La Maria del porto Ets con la Regione Puglia e il Comune di Trani (Bt) e
quest'anno dedicata al tema dell'umanità.
Si
è appena conclusa la XXIV edizione de I Dialoghi di Trani,
la rassegna culturale promossa e organizzata dall’Associazione La Maria del
porto Ets con la Regione Puglia e il Comune di Trani (Bt) che da anni crea nel
territorio pugliese uno spazio di confronto su vari temi di attualità con
autori, giornalisti, filosofi e scienziati.
Dopo il tema dell’accoglienza al centro dei dibattiti dello scorso anno, nel
2025 si è scelto di proseguire questo cammino di apertura verso l’altro alla
ricerca di nuove interpretazioni e trasformazioni con un nuovo tema: Umanità.
Coltivare
l’umanità
Quale
umanità stiamo costruendo per il futuro? Possiamo ancora considerarci un’unica
umanità quando agiamo contro il nostro stesso avvenire? Queste sono alcune
delle domande a cui anche la Fondazione Vincenzo
Casillo, che sostiene la rassegna portando ogni anno contenuti e
progetti diversi, ha tentato di trovare delle risposte.
Coltivare l’humanitas oggi significa coltivare in modo consapevole
il rispetto per la dignità, l’empatia e la giustizia sociale, riscoprire il
valore dell’ascolto attivo, di un dialogo aperto.
In virtù di questo, presso la Biblioteca comunale Giovanni Bovio a Trani, la
Fondazione ha proposto tre appuntamenti nel mese di Settembre declinati in un
laboratorio intitolato C.a.r.e. destinato alle classi quinte
della scuola primaria, frutto di un progetto ideato e curato per la Fondazione
da Michela Campanale, giovane psicologa del lavoro e delle
organizzazioni.
C.a.r.e. è l’acronimo di Consapevolezza, Affetti, Relazioni, Emozioni:
è un percorso di educazione affettiva che si occupa di atteggiamenti,
sentimenti, credenze ed emozioni di bambini e bambine tra 10 e 14 anni e pone
un’attenzione particolare al loro sviluppo personale e sociale, lavora
sull’intelligenza emotiva, incentiva l’autostima, il rispetto reciproco e la
valorizzazione della diversità.
Analfabetismo
emotivo, un’emergenza
«Abbiamo
scelto di sostenere questo progetto perché crediamo che l’analfabetismo emotivo
sia una delle emergenze più gravi del nostro tempo», afferma Cardenia
Casillo presidente della Fondazione. «È all’origine delle violenze»,
sottolinea, «che si manifestano talvolta in forme quotidiane e silenziose,
altre volte in gesti estremi. Portare C.a.r.e. ai Dialoghi di Trani significa
inserirlo in un contesto in cui si riflette sull’Umanità, intesa soprattutto
come rispetto della dignità. In un tempo segnato da guerre, migrazioni forzate
e profonde disuguaglianze, parlare di Umanità significa scegliere la cura: di
sé, degli altri e delle relazioni. C.a.r.e. ci invita a ricostruire i legami, a
partire dalla comprensione delle emozioni, per contrastare l’indifferenza e
restituire centralità al valore umano che ci unisce.
Il
22 Settembre la Fondazione ha riunito in un incontro di restituzione, moderato
da chi scrive, responsabile comunicazione della stessa, tutti i bambini e le
bambine che hanno preso parte al laboratorio, le loro rispettive famiglie e
alcune docenti che hanno seguito le classi lungo il percorso, perché l’intera
comunità educante comprenda la necessità di unire le forze per una nuova
rivoluzione affettiva.
La
disarmante chiarezza dei bambini
Uno
dei bambini al microfono ha affermato con chiarezza disarmante: «Questo
percorso servirà per la mia vita». Una bambina ha aggiunto: «Dobbiamo accettare
gli altri anche quando sono diversi o quando commettono errori. Grazie a questo
progetto ho capito il vero senso delle parole, ho imparato a percepire le
sensazioni delle altre persone», hanno suggerito altri. «Quando
provo gioia sono particolarmente energica e questa emozione mi arriva quando
realizzo i miei sogni», ha attestato un’altra bambina nella didascalia
del suo disegno.
Tra i vari temi trattati da Campanale, sembra che quello dell’inclusione abbia
lasciato una traccia più incisiva nella percezione dei bambini e delle bambine:
includere significa non escludere mai nessuno. L’inclusione garantisce ad ogni
persona di partecipare pienamente alla società, indipendentemente dalle sue
caratteristiche. Tutti insieme nel girotondo senza escludere nessuno dal mondo. Affermazioni
semplici, dirette, trasparenti, eppure così inafferrabili quando si diventa
adulti.
Lo psicologo americano Jonathan Haidt nel suo ultimo libro
intitolato La generazione ansiosa (Ed. Rizzoli) ci chiede di
affrontare una realtà scomoda: dal 2012 con l’arrivo degli smartphone molte
cose sono cambiate; l’ansia, la depressione, l’autolesionismo, l’isolamento e i
disturbi alimentari sono aumentati drasticamente tra gli adolescenti. Gli
algoritmi sono programmati per trattenerli online più a lungo possibile e il
tempo dedicato alla parola scritta, parlata o anche cantata, al gioco, alla
scoperta del mondo reale si è ridotto considerevolmente. Lo spostamento dal
mondo fisico a quello virtuale sta riconfigurando l’infanzia e interferisce
pericolosamente con lo sviluppo sociale e neurologico dei bambini e degli
adolescenti, causando soprattutto paura del confronto sociale.
Un’esperienza
vincente
«L’esperienza
di C.a.r.e. è stata sicuramente vincente», racconta Maria
Antonietta Di Gravina, docente e referente per bullismo, cyberbullismo ed
educazione civica per la scuola primaria Istituto Comprensivo Rocca Bovio
Palumbo D’Annunzio di Trani.
«In
classe non mancano occasioni per parlare dei temi affrontati dal progetto»
dice, «ma l’intermediazione di una psicologa è un evento raro con i più
piccoli. Nella scuola primaria non è ancora previsto lo sportello psicologico,
presente alle medie e alle superiori. La figura professionale dello psicologo
invece servirebbe tantissimo anche alla primaria, sia per i giovani alunni, ma
anche per le famiglie e il corpo docente.
Progetti come questo rappresentano quindi occasioni preziose per percorrere
l’unica strada possibile per evitare violenze, suicidi, maltrattamenti,
depressioni, abbandoni scolastici. L’unica strada è quella della prevenzione.
Prima se ne parla a chiare lettere ma con un linguaggio chiaro per i più
giovani, comprensibile e soprattutto coinvolgente, prima si può sperare di
evitare tanti episodi che purtroppo alimentano le cronache quotidiane. Non
possiamo che ringraziare», conclude, «per questa settimana di incontri così
proficui e profondi e si spera fruttuosi per i nostri alunni e le loro
famiglie»
La
voce delle mamme e dei papà
In
chiusura dell’incontro di restituzione la Fondazione ha invitato tutti i
genitori presenti a rispondere su un post-it anonimo ad una domanda: «Nella
relazione con i vostri figli quale emozione vi risulta più complessa da
gestire?»
Tra
le risposte più significative: la paura, la delusione, la frustrazione,
l’incapacità di difendersi. Una mamma tra tutte ha scritto: la sua ingenuità.
La risposta più frequente è stata: la rabbia.
Intorno a queste parole, che pure dicono molto della difficoltà e della
fragilità dei cosiddetti grandi, si è tentato di aprire delle finestre e
lanciare dei semi, con l’auspicio di continuare ad osservare e coltivare.
Prima dei saluti e della consegna degli attestati di partecipazione, Cardenia
Casillo ha fatto dono a ciascuna classe di alcune copie di Prendi
una lacrima, di Beatrice Masini e Lucia Scuderi,
un libro illustrato nato dall’incontro tra Carthusia Edizioni e l’Associazione Anto
Paninabella Odv che mostra come accogliere, interpretare e condividere
le emozioni.
Portarsi
a casa
«Mi
porto gli occhi curiosi dei bambini e la loro voglia di scoprire», dice
Campanale, «ogni incontro è stato una sorpresa, perché anche nelle cose più
semplici sono riusciti a meravigliarsi e a farmi vedere prospettive nuove. Mi
resta la sensazione di aver potuto osservare una piccola parte dei loro mondi
che piano piano si aprivano, attraverso racconti personali, domande, emozioni
condivise. Mi restano i loro grazie sinceri, i sorrisi, ma soprattutto la
conferma che, quando ai bambini e ai ragazzi si lascia uno spazio sicuro e
accogliente per parlare di ciò che provano, loro rispondono con autenticità e
profondità».
Nessun commento:
Posta un commento