«Sintomo del fallimento
della scuola
ma abolirli porta
più tempo sui social,
non in famiglia»
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Lo
psichiatra sulla riduzione del carico di lavoro per gli studenti evocato
dall'assessore altoatesino Galateo: «Meglio la scuola a tempo pieno per
recuperare chi è indietro e offrire alternative - sport, teatro o altro - agli
altri»
«I
compiti a casa? Il sintomo di un fallimento totale della scuola. È una sorta di
delega alla famiglia per colmare le lacune che la scuola non riesce a colmare
da sola».
Lo
psichiatra e sociologo Paolo Crepet, noto per le esternazioni schiette e le
posizioni anticonvenzionali, è critico verso il sistema scolastico italiano:
unico motivo per cui concorda con l’assessore provinciale all’istruzione
Galateo, che mercoledì ha scritto a docenti e dirigenti scolastici della
provincia chiedendo di ridurre i compiti durante le vacanze per favorire un
clima familiare e di svago. Un «palliativo mal concepito che ignora la realtà
sociale contemporanea» e le vere carenze del sistema scolastico, secondo Crepet, che sostiene il «modello di scuola a tempo pieno
ampiamente diffuso in Paesi civili come la Francia, con brevi periodi di
vacanza distribuiti lungo l’anno scolastico». Non ha senso dare lunghe vacanze
per poi «rovinarle con i compiti, che io ricordo come un incubo della mia
gioventù: meglio sarebbe avere vacanze meno lunghe e giornate scolastiche
dilatate fino a metà pomeriggio, più efficaci per rimettere al passo chi è
indietro e offrire alternative, dallo sport al teatro, per chi non ha
problemi».
Scuola e famiglia
«Se
vogliamo dargli tempo extra per l’ulteriore utilizzo di tecnologie, diamogli le
vacanze libere — provoca Crepet —. I compiti non hanno niente di formativo;
l’ho sono sempre detto ed è un discorso retrodatato: la scuola dovrebbe
funzionare a tempo pieno e finirla lì, senza i compiti a casa.
Mi
chiedo, però: questo tempo “risparmiato” come verrebbe utilizzato? Lo sappiamo
benissimo: sui social. Quanti ragazzi o ragazze si metterebbero a dipingere o
ad ascoltare musica per due ore?».
Politica scolastica assente
Non
manca una stoccata agli insegnanti: «Questi quindici giorni di vacanza
invernale sono sindacalmente interessati, più una boccata d’aria per loro che
per gli studenti». Crepet è fermo nel voler mantenere la scuola «una
palestra di merito e responsabilità, che si rifletta nella valutazione rigorosa
e nei voti». D’altro canto, secondo lo psichiatra, un aspetto critico è proprio
«la distrazione dei giovani causata dai dispositivi digitali. La tecnologia ha
anestetizzato la curiosità e il senso critico. Se un ragazzo non sa qualcosa,
lo cerca online».
La
soluzione? «Se fossi un insegnante, mi baserei sui ragazzi che ho davanti e
darei delle linee guida, consiglierei film tosti: tutto Kubrick — avanza
l’educatore —. Mi piacerebbe moltissimo, in un liceo, far vedere «Lolita», un
archetipo nato dalla fantasia maschile, e proporre una discussione: guardando
il film, come vi sentite? Oppure film violenti: “Arancia meccanica”, perché no?
Un assoluto capolavoro.
Tra
i libri oserei Calvino o, più hard, Moravia».
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