delle vocazioni
che diventano adulte
La spensieratezza e vitalità della giovinezza,
anche nell'ambito dei movimenti e carismi,
deve crescere ed evolvere in una maturità spirituale.
Non è
automatico, né semplice.
- - di Luigino Bruni*
Diventare adulti è sempre
un processo complicato e dall’esisto incerto. Ma se da giovani si è vissuta una
grande esperienza spirituale e ideale, la complicazione e l’incertezza
aumentano.
La giovinezza è l’età
meravigliosa per tutti, è il tempo delle energie infinite che ci fanno
iniziare cammini impossibili. È il tempo in cui tutto appare possibile, i
vincoli della realtà sono solo sfide, e i consigli di prudenza che arrivano
dagli adulti danno solo fastidio e vengono (giustamente) rispediti al mittente.
È la stagione della gratuità assoluta, dei sogni meravigliosi, della generosità
grande che arriva a farci donare tutta la vita ad una persona, addirittura a
Dio.
Quando sulla giovinezza
naturale si innesta una esperienza spirituale forte e identitaria, come accade
quando si incontra un carisma nel quale ci si riconosce totalmente, la
giovinezza esplode e tutte le sue virtù e doti naturali si amplificano. La
generosità diventa assoluta, il “per sempre” diventa l’unico linguaggio
comprensibile e il solo con cui vogliamo parlare di noi e della vita. Si dà
tutto perché si vuole dare tutto, perché non si può non dare tutto, ciò che si
possiede e ciò che ancora non si ha.
Per questa ragione, sulla
terra ci sono poche cose più belle e sublimi di un giovane, di una giovane che
incontra una vocazione e risponde con un “sì” che diventa donazione di tutta la
vita. Giovani che si illuminano di una luce diversa e chiarissima, gli
occhi prendono un’altra brillantezza, diventano ancora più belli dei bellissimi
occhi di tutti i giovani. Ci si immedesima totalmente nella vita di quel
carisma e della comunità, non si vuole altro. Una identificazione totale che
però non è vissuta come limite della propria personalità, ma come suo
potenziamento e pieno sviluppo. Vediamo di fronte un mare nuovo e bellissimo, e
vogliamo soltanto “naufragarci” dolcemente dentro.
Ci sono persone che
restano in questa gioventù carismatica per molti anni, ben oltre il tempo della
gioventù biologica e psicologica. Fa parte delle vocazioni l’allungamento del
tempo della giovinezza, che in un certo senso dura tutta la vita: si può
riconoscere una persona che ha avuto una vocazione da giovane anche da un timbro
diverso dell’anima che le resta fino alla vecchiaia, che gli consentirà di
chiamare per nome l’angelo della morte.
Non è difficile, allora,
comprendere perché quel misterioso e impreciso processo che si chiama
“diventare adulti” è particolarmente complesso per i giovani con vocazioni
vere. Da una parte, infatti, quando arriva la provvidenziale e necessaria crisi
della maturità, non è semplice capire che la forma che la vita spirituale ha
assunto durante la giovinezza e che sta finendo era soltanto l’involucro della
crisalide, che deve essere salutata se si vuol spiccare il volo.
È durante questa fase di
transizione-metamorfosi del bruco in farfalla che tante persone con vocazioni
autentiche si smarriscono. Le forme di questo smarrimento sono molte. La
prima, e la più ovvia, è quella di chi identifica la vita spirituale (Dio,
fede) con il bruco; e quindi di fronte alla crisi e morte della fede della
giovinezza si convince che la fede e Dio fossero soltanto illusioni di un
giovane ingenuo. Muore la prima fede e con essa muore tutto. Questi sono coloro
che per diventare adulti perdono la fede e la vocazione.
Poi ci sono coloro che
fanno l’esperienza opposta, sebbene generata dallo stesso errore di
identificazione della vita spirituale con la sua prima forma. Questi un giorno
intuiscono che sta per terminare e morire qualcosa di importante, e sono
terrorizzati dalla prospettiva di perdere per sempre l’unico tesoro della loro
vita, di smarrire la parte migliore di loro stessi; e bloccati da questo panico
si negano la possibilità di crescere. Così, per non perdere la vocazione e
la fede non diventano mai adulti. Credo che nelle comunità religiose questi
secondi sono maggiori dei primi. Queste persone non escono dalle comunità e
dalle istituzioni dove sono entrati da giovani, continuano a fare la vita di
sempre, ma in un certo senso escono dalla loro vita, perché interrompono, senza
saperlo né volerlo, il processo della loro fioritura umana e quindi della loro
libertà.
C’è comunque anche un
terzo esito, sempre possibile: diventare adulti salvando la vocazione
della giovinezza. Sono autentiche rinascite-resurrezioni, che sono ancora rare
nelle comunità e nei movimenti, perché richiedono la capacità-dono di resistere
nel silenzio del “sabato santo”, e perché ci vogliono tempo e molta mitezza per
imparare a riconoscere la fede e il Dio di ieri in una fede e in un Dio
diventati così diversi al punto di essere irriconoscibili. Molta fede adulta
prende la forma del perché?, e le risposte facili di ieri diventano solo
domande difficili, gridate insieme ai poveri e alle vittime della terra.
Articolo pubblicato sul
n. 6/2024 di Città Nuova
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* Luigino Bruni. Si è laureato in economia all'Università di Ancona, ha conseguito un dottorato in economia presso l'Università dell'Anglia orientale a Norwich e un dottorato in filosofia con l'Università degli studi di Firenze. Ha seguito corsi alla London School of Economics and Political Science. Storico del pensiero economico, con interessi in filosofia e teologia, è noto per il suo studio dell'economia di comunione e dell'economia civile.[1] Insieme a Stefano Zamagni, è promotore e cofondatore della Scuola di Economia Civile, per la quale riveste la carica di Presidente. Conduttore della trasmissione televisiva Benedetta Economia[2] su Tv2000 e Consultore del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita.
Il 23 settembre 2024 è stato nominato vicepresidente della "Fondazione The Economy of Francesco".[3]
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