PER
ANTICIPARE
UN MONDO
MIGLIORE
«La mitezza consiste nel
lasciar essere l'altro quello che è».
È il contrario della
protervia e della prepotenza.
Il mite non entra nel
rapporto con gli altri con il proposito di gareggiare, di confliggere, e alla
fine di vincere. Ma la mitezza non è remissività: mentre il remissivo rinuncia
alla lotta per debolezza, per paura, per rassegnazione, il mite invece rifiuta
la distruttiva gara della vita per un profondo distacco dai beni che accendono
la cupidigia dei più, per mancanza di quella vanagloria che spinge gli uomini
nella guerra di tutti contro tutti.
Il mite non serba
rancore, non è vendicativo, non ha astio verso chicchessia. Attraversa il fuoco
senza bruciarsi, le tempeste dei sentimenti senza alterarsi, mantenendo la
propria misura, la propria compostezza, la propria disponibilità. Ecco quel "potere
su di sé" di cui abbiamo già sentito.
Il mite può essere
configurato come l'anticipatore di un mondo migliore.
Egli non pretende alcuna
reciprocità: la mitezza è una disposizione verso gli altri che non ha bisogno
di essere corrisposta per rivelarsi in tutta la sua portata.
Amo le persone miti,
perché sono quelle che rendono più abitabile questa “aiuola”, tanto da farmi
pensare che la città ideale non sia quella fantastica e descritta sin nei più
minuti particolari dagli utopisti, dove regna una giustizia tanto rigida e severa
da diventare insopportabile, ma quella in cui la gentilezza dei costumi sia
diventata una pratica universale».
#NorbertoBobbio, Elogio della mitezza, 1994
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