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di Giuseppe Savagnone*
Il fenomeno Trump
Esiste
probabilmente un legame – neanche tanto sottile – tra quello che in questi
giorni sta accadendo negli Stati Uniti, dove è in corso una serie di
procedimenti giudiziari a carico dell’ex presidente Donald Trump, e le vicende
che hanno visto, in Italia, la rimozione del generale Vannacci dal suo incarico
di direttore dell’Istituto Geografico Militare.
In
entrambi i casi si tratta di provvedimenti che penalizzano un personaggio
pubblico – ovviamente con le debite proporzioni – in nome di princìpi che
vengono ritenuti fondamentali dalla comunità civile. Ma in entrambi i casi si
registra una reazione, da parte di settori consistenti, se non addirittura
maggioritari, dell’opinione pubblica, che esprimono non solo la propria
solidarietà, ma la propria entusiasta adesione, alla figura, prima ancora che
al pensiero, del personaggio in questione.
Così
è negli Stati Uniti, dove i sondaggi dicono che la popolarità di Trump non solo
non è stata minimamente intaccata dalle (fondate) accuse di avere incoraggiato
il tentativo di insurrezione consumatosi il 6 gennaio 2021 con l’assalto a
Capitol Hill, ma è in costate ascesa e ne fa di gran lunga il principale
candidato repubblicano alle prossime elezioni presidenziali. Sembra addirittura
che proprio l’accumularsi dei processi a suo carico favorisca la crescita dei
consensi: «Mi basta ancora un’altra incriminazione per assicurarmi l’elezione
alla Casa Bianca», ha dichiarato sprezzantemente alla stampa.
Non
è una sorpresa
Non
è una sorpresa, del resto. Già quando diventò presidente, nel 2016, il Tycoon
non era certo un esempio di correttezza morale. In particolare, era famoso per
il suo ricorso sistematico alla menzogna. In un articolo del «New York Times»,
dedicato all’analisi dei suoi discorsi pubblici, si rilevava che il 70% delle
sue affermazioni fattuali erano false. Per non parlare dei suoi comportamenti
sessuali, ispirati al più totale disprezzo delle persone e ostentati
spudoratamente ad ogni occasione.
In
altri tempi, in un Paese fortemente condizionato dalla tradizione etica
puritana come gli Stati Uniti, questi comportamenti avrebbero reso impensabile
anche la sola candidatura di chi se ne fosse macchiato. Invece non
impensierirono minimamente gli elettori americani. Come non li scoraggiano,
oggi, le evidenti infedeltà di Trump alla Costituzione.
Che
cosa li attira? Le risposte basate sull’aspetto meramente economico non sono
sufficienti. Qui siamo davanti a un’adesione popolare che va molto al di là del
puro e semplice appoggio a una linea politica favorevole ai propri interessi e
che si spiega, dunque, innanzi tutto a livello culturale.
C’è in gioco la reazione a una cultura democratica “liberal”, che al tempo delle elezioni del 2016 era rappresentata emblematicamente da Hillary Clinton e che oggi continua ad essere decisamente sostenuta dall’attuale presidente Joe Biden. Una cultura che promuove in modo indiscriminato i diritti individuali a cominciare da quello di aborto, a suo tempo ampiamente promosso dalla Clinton e adesso accanitamente difeso da Biden.
È
significativo che questi, in occasione della decisione con cui la Corte
Suprema, in una sentenza del 24 giugno 2022, senza minimamente negarlo, ne
rimetteva semplicemente in discussione l’automatico riconoscimento a livello
federale – lasciando ai singoli Stati il compito di legiferare in merito – ,
abbia definito questo pronunciamento una «sentenza devastante».
A
questa posizione libertaria si unisce, nella Sinistra americana, la difesa dei
diritti delle minoranze – degli immigrati, dei “neri”, degli omosessuali -,
misconoscendo la mentalità e le esigenze della middle class, che da un lato
resta legata a un’etica sessuale più tradizionale, dall’altro guarda con
diffidenza ai nuovi diritti che si diffondono nella società statunitense.
Uno
stato d’animo che Trump ha saputo perfettamente interpretare, da un lato
opponendosi, per quanto era nelle sue possibilità, al diritto di aborto – sua
la nomina dei giudici della Corte suprema che il 24 giugno hanno votato per
ridimensionarlo – , dall’altro alzando muri (anche materiali) contro
l’immigrazione dal Messico.
La scissione dell’etica cristiana
Paradossalmente,
è come se, nel mondo occidentale, l’etica tradizionale, originariamente di
matrice cristiana, si fosse scissa: da un lato ci sono le ragioni della vita
nascente, i modelli di “normalità”, soprattutto sessuale, il bisogno di ordine
e di sicurezza, che sicuramente ne erano un caposaldo; dall’altro il rispetto
della libertà delle persone e l’attenzione ai più deboli (anche se solo di
quelli già nati), che pure ne costituivano un elemento essenziale.
In
realtà entrambe queste facce della morale rimangono sfigurate dalla loro
separazione. La prima, più attenta a salvaguardare alcune certezze della
tradizione, tende a degenerare in un fanatico populismo conservatore, sempre
tentato da forme di discriminazione razziale e sessuale, e portato a vedere in
ogni pretesa “verità” fornita dalla nuova cultura “ufficiale” il frutto di un
complotto ordito alle spalle della gente comune. La seconda si muove in base a
criteri di “politically correct” che, da un lato, prevedono la solidarietà
verso le minoranze svantaggiate, ma dall’altro privilegiano in modo del tutto
unilaterale i criteri del singolo, sganciandoli dalla prospettiva di un bene
comune da cui dovrebbero essere misurati.
La vicenda italiana
Qualcosa
di analogo accade in Italia. Il grande successo editoriale del libro del
generale Vannacci, che stupisce tanto i media, è in realtà l’ultimo segnale di
una tendenza culturale ormai da tempo evidente e di cui la prima vittoria
storica della destra – non del centro-destra! – alle elezioni del 2022 è stato
il culmine.
In
realtà si tratta di una stagione che aveva avuto il suo inizio e il suo trionfo
già col populismo di Berlusconi – anch’esso, come quello di Trump, ben poco
sensibile al rispetto della verità e della legalità, per non parlare dell’etica
sessuale – , non a caso celebrato
dall’attuale governo, alla morte del “cavaliere”, con la proclamazione del
lutto nazionale.
L’avvento
sulla scena politica di Salvini e poi della Meloni ha fortemente sottolineato –
questa è la novità rispetto a Berlusconi – il carattere di difesa dei “valori
cristiani” di questa linea: il sostegno alla famiglia tradizionale, la tendenza
a valorizzare, della legge 194, gli aspetti (misconosciuti dalla Sinistra)
volti ad evitare l’interruzione volontaria della gravidanza a parte della
donna, la lotta contro la maternità surrogata.
Frammenti
di una visione etica effettivamente radicata nella tradizione cristiana, che
però coesistono inscindibilmente con una politica di totale chiusura nei
confronti dei migranti e di scarsissima attenzione alle condizioni delle
categorie più povere, in nome di una politica fiscale sostanzialmente protesa a
ridurre le imposte ai ricchi e di una concezione dell’ordine sociale che
privilegia la sicurezza sulla giustizia. La protesta del generale Vannacci, nel
suo libro, contro il preteso strapotere delle “minoranze”, è perfettamente in
linea con questa logica.
Anche
qui a fronteggiare questa linea è una “Sinistra” che in realtà è su posizioni
liberali e che anch’essa rispecchia degli aspetti importanti dell’etica
cristiana – la solidarietà verso migranti e svantaggiati di ogni tipo – , ma
alla luce di una visione individualista che privilegia unilateralmente i
criteri del singolo nel determinare il (proprio) bene e il (proprio) male.
Come
scriveva su «La Repubblica» Michela Marzano, in quest’ottica appare
inconcepibile che ci si appelli alla dignità delle persone in termini
“oggettivi”, «facendo finta di non sapere che la dignità di ognuno di noi si
fonda sulla nostra autonomia, e che nessuno dovrebbe arrogarsi il diritto di
giudicare le nostre scelte e i nostri desideri».
Applicata
ai temi etici questa logica escluderebbe ogni limitazione. Emblematica la
reazione dei nostri quotidiani alla sentenza della Corte suprema americana
sull’aborto, di cui sopra si accennava: «Attacco ai diritti», titolava «La
Stampa»; «Norme come l’Afghanistan e
peggio della Polonia reazionaria» scriveva «Il Manifesto»; «L’America corre a
marcia indietro. Cancellato il diritto all’aborto», era il titolo de «Il
Riformista»; «Medioevo Usa, Il diritto all’aborto abolito dai giudici», si
leggeva su «Il Dubbio».
Stati Uniti ed Italia sono peraltro solo due esempi di ciò che sta accadendo in tutto l’Occidente. Basterebbe guardare alla politica dell’Unione europea in tema di diritti e alle reazioni che essa suscita in una popolazione sempre più orientata, moralmente e politicamente, verso posizioni di destra, anche estrema. La frantumazione dell’etica abolisce il vecchio confine tra pubblico e privato e si riflette in realtà sulla scena politica.
È
possibile un dialogo?
Di
fronte a questa radicale polarizzazione, che contrappone aspetti un tempo
organicamente connessi di un’unica visone, viene da chiedersi se non sia
possibile un dialogo che consenta ai loro rispettivi sostenitori di
confrontarsi lealmente, forzandosi di andare oltre i propri schemi ideologici e
di accogliere ciò che di valido può contenere il punto di vista opposto al
proprio.
Ma
la condizione per questo tentativo sarebbe il riconoscimento che, al di là
delle rispettive interpretazioni che se ne danno, c’è una verità che sta oltre
di esse e a cui, attraverso l’ascolto reciproco, ci si può avvicinare. Abbiamo
visto, parlando di Trump, le difficoltà di certe posizioni di destra a
riconoscere questa condizione. Non meno arduo appare tale riconoscimento in
un’ottica, come quella proposta dalla Marzano, che faccia del punto di vista
dell’individuo il solo metro di giudizio, sottraendolo ad ogni valutazione
altrui.
Eppure,
è la sola speranza che abbiamo, nell’attuale congiuntura storica, di uscire da
uno stallo che ci paralizza e che dà luogo, come l’esperienza attuale
evidenzia, a conseguenze politiche devastanti. A fare questo tentativo, del
resto, siamo chiamati tutti. Nulla è più universalmente
umano della morale. dipende da ciascuno di noi dare il suo contributo in questa
impresa, sicuramente ardua, ma che vale la pena tentare.
* Responsabile
del sito della Pastorale della Cultura dell'Arcidiocesi di Palermo, Scrittore
ed Editorialista.
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