-In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Nel
grembo del mondo lievita una vita nuova
Come
nei giorni che precedettero il diluvio, mangiavano e bevevano e non si
accorsero di nulla… i giorni di Noè sono i giorni ininterrotti delle nostre
disattenzioni, il grande peccato: «questo soprattutto perdonate: la mia
disattenzione» (Mariangela Gualtieri).
Al
vertice opposto, come suo contrario, sull’altro piatto della bilancia ci
soccorre l’attenzione «che è la preghiera spontanea dell’anima» (M. Gualtieri).
Avvento:
tempo per essere vigili, come madri in attesa, attenti alla vita che danza nei
grembi, quelli di Maria e di Elisabetta, le prime profetesse, e nei grembi di
«tutti gli atomi di Maria sparsi nel mondo e che hanno nome donna» (Giovanni
Vannucci).
Avvento
è vita che nasce, a sussurrare che questo mondo porta un altro mondo nel
grembo, con la sua danza lenta e testarda come il battito del cuore. Avvento:
quando Dio è una realtà germinante, colui che presiede ad ogni nascita, che
interviene nella storia non con le gesta dei potenti, ma con il miracolo umile
e strepitoso della vita, con la danza di un grembo, in cui lievita il pane di
un uomo nuovo. Dio è colui che invece di porre la scure alla radice
dell’albero, inventa cure per ogni germoglio, per ogni hinnon (Salmo 72,17),
che è anche nome di Dio.
Due
uomini saranno nel campo… due donne macineranno alla mola, una rapita, una
lasciata; due soldati saranno al fronte in Ucraina, uno sarà ferito, uno resta
incolume….
UN
SOGNO DI PAROLE IN ATTESA
Matteo
ci introduce nell’attesa di un Dio che ha sempre da nascere, incamminato e
straniero in un mondo dal cuore distratto, oggi “come ai giorni di Noè, quando
non si accorsero di nulla”. E’ questo il Tempo per guardare in alto e più
lontano.
Inizia
il tempo d’Avvento, quando la ricerca di Dio si muta in attesa di Dio. Con
Matteo, prima al soldo dell’impero, poi sedotto da Gesù, ci immergiamo in un
sogno di parole chiamato Vangelo. Questo termine, all’origine, non indicava il
titolo di un libretto su Gesù, ma identificava una “buona notizia”, l’annuncio
di un accadimento felice che attraversava l’impero.
Matteo
ci introduce nell’attesa di un Dio che ha sempre da nascere, incamminato e
straniero in un mondo dal cuore distratto, oggi “come ai giorni di Noè, quando
non si accorsero di nulla”.
È
possibile vivere così, da utenti e non da viventi, senza sogni e senza mistero.
È possibile vivere senza accorgersi dei volti, ed è questo il grande diluvio
che spazza via tutto! I giorni di Noè sono i miei, quando dimentico che il
segreto della vita è oltre me, e placo la fame di cielo con larghe sorsate di
terra, senza più pensare in grande, senza sognare più pace e giustizia per me e
per il mondo.
È
possibile vivere senza neppure accorgersi di chi ti sfiora in casa e ti parla;
senza spingere l’orizzonte un po’ più in là, un po’ più in alto, indifferenti
ai barchini di Lampedusa, al pianeta umiliato, alla casa comune depredata e
avvelenata. Si può vivere senza vedere i volti dei popoli in guerra, come sotto
anestesia.
Avvento,
tempo di strade
L’Avvento
che inizia è invece un tempo per accorgerci, come madri in attesa, che germogli
di vita crescono e si arrampicano in noi.
Tempo
di strade è l’avvento, quando il nome di Dio è “Colui-che-viene”, Dio che
cammina a piedi nella polvere della strada, sui passi dei poveri e dei
migranti, camminatore dei secoli e dei giorni. E’ questo il Tempo per
guardare in alto e più lontano, per vivere con attenzione a ciò che è
dentro di me e con grandi occhi sul mondo. Ma per farlo è necessario rallentare
la corsa, questa furia di vivere che ci ha preso tutti.
L’immagine
conduttrice è Miriam di Nazaret nell’attesa del parto, incinta di Dio, gravida
di luce. Attendere, infinito del verbo amare. Le donne, le madri, sanno nel
loro corpo che cosa è l’attesa, la conoscono dall’interno.
Avvento
è vita che nasce, a sussurrare che questo mondo porta un altro mondo nel
grembo, con la sua danza lenta e testarda come il battito del cuore.
«Due
uomini saranno nel campo, uno sarà preso e l’altro lasciato… perciò anche voi
state pronti». Sui campi della vita, ognuno di noi può vivere in modo adulto
oppure infantile; uno vive nell’attesa di un mondo nuovo, uno no; uno è dentro
il circuito breve della sua pelle, l’altro vive sull’orlo dell’infinito.
Antonio
Rosmini morendo affidava a Manzoni le tre parole del suo testamento
spirituale: tacere, adorare, godere.
Tacere,
non per amore del silenzio, ma della sua Parola.
Adorare,
per aprire varchi al Signore nel cielo chiuso dei giorni.
Godere,
perché la bella notizia del Vangelo ci assicura che la vita è una continua
ricerca di felicità, di un Dio regala gioia a chi produce amore.
Sono
tre parole, colonne per il tempo d’Avvento, per ogni tempo di chiunque attenda
qualcosa.
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