DOMENICA DI CRISTO RE
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Sam 5,1-3/ Col 1,12- 20/ Lc 23,35-43
Abbiamo
bisogno di salvezza. Ho bisogno di salvezza, urgentemente. Di una soluzione, di
qualcuno che mi aiuti a mettere ordine nel mio caos interiore, qualcuno che
intervenga nella Storia, che faccia giustizia, che convinca alla pace.
Abbiamo
bisogno di un salvatore. Urgentemente.
E
lo cerchiamo con affanno, siamo disposti ad ascoltare le sirene di quanti
propongono soluzioni definitive. Lo attendiamo sperando ci sia un politico, un
imprenditore, un uomo di spettacolo, un guru, qualcuno, chiunque! capace di
toglierci dal buio. Siamo disposti a tutto, purché facciano loro, purché faccia
lui. Solo che, spesso, cerchiamo salvatori senza ammettere di esserci perduti.
Salvatori
a buon mercato, diciamo, loro a salvare, a salvarci, noi seduti a guardare
(disposti però a ringraziare, nel caso). No, non ci sentiamo davvero persi, non
scherziamo. Confusi sì, ma non persi.
Temiamo
la disperazione, ci inorridisce l’assurdo.
Senza
ammettere di esserci persi, spaventati dalla serietà della vita,
dall’ineluttabilità dell’esistere, senza ammettere, semplicemente, che non
abbiano in noi tutte le risposte, che da soli non ce la possiamo fare, che la
risposta di senso e di felicità, pur avendo bisogno di noi, di trova fuori da
noi, non sappiamo più cosa sia la salvezza. E nell’ultima domenica dell’anno
liturgico la Parola ha ancora qualcosa da dire, un’indicazione forte,
destabilizzante, inattesa, rivolta ai cercatori di salvezza, nella Solennità di
Gesù Cristo re dell’Universo. Una titolazione un po’ aulica, forse desueta, ma
che proclama con forza quanto i discepoli hanno sperimentato: Gesù è la
risposta di ogni ricerca, e il mondo non sta precipitando nel caos, ma nelle
sue braccia.
Gesù
è la salvezza, l’unica salvezza, la mia salvezza. La tua, se vuoi.
Tu
sei re?
Tu
sei re? (Gv 18,34), chiede uno stranito procuratore a quello scappato di casa
che gli hanno portato per essere giudicato e crocefisso. Non crede ai suoi
occhi il disincantato e spregiudicato Pilato: quale pericolo può rappresentare
quello svaporato che gli sta dinnanzi? Eppure, se il Sinedrio si è umiliato
chiedendogli un favore, deve esserci qualcosa di nascosto…
Tu
sei re? Ci chiediamo davanti alla croce: davanti al più sconfitto fra gli
sconfitti, al più fragile tra i fragili. Un re senza trono e senza scettro,
appeso nudo ad una croce, un re che necessita di un cartello per essere
identificato. Non un re trionfante, non un Dio onnipotente, ma un uomo nudo,
mostrato, sfigurato, piagato, arreso, sconfitto. Una sconfitta che, per Lui, per Dio, è il
definitivo e inequivocabile segno del dono di sé.
Un
Dio sconfitto per amore, un Dio che – inaspettatamente – manifesta la sua
grandezza nell’amore e nel perdono. Dio – lui sì – si mette in gioco, si
scopre, si svela, si consegna. Ecco Dio,
è qui, appeso. Ecco il salvatore. Nudo.
Salva
te stesso
Mette
i brividi il vangelo di oggi, che dice in che senso Cristo è re. Gesù è appeso,
agonizzante. Intorno a lui la folla, che poche ore prima ne chiedeva con forza
la morte, tace, sgomenta. In pochi parlano, i sacerdoti, i soldati romani
pagani e uno dei ladri, e ripetono lo stesso mantra: Se tu sei il re dei
Giudei, salva te stesso.
Vuoi
che ti crediamo? (Dopo averlo appeso), dimostra che sei ciò che dici scendendo
dalla croce e salvandoti. Salva te stesso e ti crederemo. Giusto. È esattamente
ciò che pensiamo di Dio. Dio è Dio perché pensa solo a se stesso. Perché non si
occupa degli altri, perché non he remore morali o densi di colpa. È un segno di
debolezza il dover dipendere dagli altri.
Il
potente, così come ce lo immaginiamo (Dio, il miliardario, lo sfrontato, fate
voi), è colui che salva se stesso, che può permettersi di pensare solo a sé, ha
i mezzi per essere soddisfatto, senza avere bisogno degli altri.
Dio
è ciò che non possiamo permetterci di essere, il più potente dei potenti, che
può tutto, che non ha bisogno di niente e di nessuno, beato lui! Per dimostrare di essere veramente Dio, Gesù
deve salvare se stesso, perché per molti, ancora, Dio è il Sommo egoista
bastante a se stesso, beato nella sua perfetta, asettica, immarcescibile solitudine.
Non
è così. Il nostro Dio non salva se stesso, salva noi, salva me. Dio si auto-realizza donandosi,
relazionandosi, aprendosi a me, a noi. Questa è la sua regalità. Dio è re
perché salva gli altri, noi, non se stesso.
Ladri
e ladroni
I
due ladri sono come noi; il primo sfida Dio, lo mette alla prova: se esisti,
toglimi dalla croce, liberami da questa sofferenza, salva te stesso (di nuovo!)
e noi, e me. Concepisce Dio come un re di cui essere suddito, ma lo riconosce
re solo se Dio si fa suo suddito. Non ammette le sue responsabilità, non è
adulto per rileggere la sua vita, tenta il colpo. Non è amorevole la sua
richiesta: trasuda piccineria ed egoismo, servilismo e sfida. Come – spesso – è
la nostra fede e la nostra preghiera. Cosa ci guadagno se credo? L’altro ladro,
invece, è solo stupito. Non sa capacitarsi di ciò che accade: Dio è lì che
condivide con lui la sofferenza. Una sofferenza conseguenza delle sue scelte,
la sua. Innocente e pura, quella di Dio. Ammette di essersi perso, perciò viene
salvato. Un ladro buono, dice la tradizione, nel senso di abile, aggiungo io:
ha fatto il colpo più spettacolare della sua vita, ha rubato il paradiso.
Ecco
l’icona del discepolo: colui che si accorge che il vero volto di Dio è la
compassione e che il vero volto dell’uomo è la tenerezza e il perdono. Nella
sofferenza possiamo cadere nella disperazione o ai piedi della croce e
confessare: davvero quest’uomo è il Figlio di Dio.
Ecco
il tuo re, Israele. Ecco il tuo re, discepoli del Signore, chiamati a costruire
la profezia di un mondo nuovo e riconciliato che è la Chiesa. Un re umile,
donato, pacificato, versato.
Tremo,
stordito.
Lo
voglio davvero un Dio così? Un Dio debole che sta dalla parte dei deboli? È
questo, davvero, il Dio che voglio? No, io preferisco un Dio potente che mi
risolve i problemi e sono disposto a sfinirmi di preghiere per convincerlo!
Ecco
l’ultima provocazione che la Liturgia ci offre a conclusione del nostro
cammino: di quale Dio vogliamo essere discepoli? Di quale re vogliamo essere
sudditi?
Non
date risposte affrettate, per favore, altrimenti ci tocca convertirci.
Paolo
Curtaz
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