*Perché fare memoria
dei
morti?*
-
p. Giuseppe Grampa
Perché
ricordare i morti? Riconosciamolo: è questo un pensiero che istintivamente
cerchiamo di allontanare e che invece dovrebbe accompagnarci.
La
morte dell'altro è già in parte il nostro morire.
Chi
tra noi non ha fatto l'esperienza del silenzio che scende dentro di noi con la
morte d'altri, soprattutto di una persona cara? È l'esperienza di un dialogo ormai
impossibile. Qualcosa di me muore con la morte dell'altro.
Col
silenzio di chi muore e col quale non potremo parlare più, la morte dell'altro
penetra in me spezzando questa appartenenza reciproca.
Al
fondo la morte svela il senso profondo della vita, svela una appartenenza
reciproca, una comunione di vita che appunto la morte interrompe.
Allontanare
la morte d'altri, renderci ad essa indifferenti vuol dire negare questa
appartenenza, negare che il senso della vita va cercato nella reciprocità e non
nella distanza.
Abbiamo
costruito un 'noi' con chi ci lascia.
Questo
vale soprattutto per la morte di persone care con le quali abbiamo avuto
consuetudine di vita, ma vale anche per ogni morte che in qualche misura ci
appartiene.
Vale
per gli innumerevoli morti di questa guerra che sembra non aver mai fine, vale
per le migliaia di morti che giacciono in fondo al Mediterraneo.
Cesare
Pavese ha espresso mirabilmente questa appartenenza, anche nel caso della morte
del 'nemico': "Ho visto i morti sconosciuti, i morti repubblichini. Sono questi che mi hanno svegliato.
Se
un ignoto, un nemico diventa, morendo, una cosa simile, se ci si arresta e si
ha paura a scavalcarlo, vuol dire che anche vinto, il nemico è qualcuno, che
dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare una voce a questo sangue,
giustificare chi l'ha sparso.
Potremmo
infatti essere al loro posto: per questo ogni guerra è una guerra civile, ogni
caduto somiglia a chi resta e gliene chiede ragione" (La
casa in collina, p. 185).
È
bello, anche se arduo, fare memoria dei morti.
Vuol
dire tener desta, nella sofferenza, la consapevolezza del nostro comune destino.
Con
linguaggio cristiano: la comunione dei santi, cioè il legame di appartenenza
che tutti ci unisce, nel vivere e nel morire, tra noi e con Colui che ha voluto
condividere il nostro vivere e il nostro morire.
Per
questo da Lui, il Vivente, e dai nostri Morti, niente ci può separare.
RS Servire
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