Il pianista e direttore d’orchestra Ezio Bosso è morto all’età di 48 anni. Nel 2011 fu operato per un tumore al cervello e subito dopo gli fu diagnosticata una malattia neurodegenerativa.
Riproponiamo una sua lettera ai cittadini del Continente per sensibilizzarli al voto per le elezioni europee
Quanto è bella la parola Unione. Deriva da
unus, essere uno. Significa divenire un unico corpo, condividendo le nostre
singolarità e nutrendo attraverso l’altro la nostra esistenza.
È una parola che racchiude la sacralità insita
nell’essere umano, la sacralità del vivere ogni giorno per rendersi
inseparabili e proteggersi quotidianamente. Se ci pensiamo è la prima parola
associata all’amarsi, rende quell’amore oggetto terzo, lo dichiara: è la base
su cui poggiamo il desiderio di essere famiglia.
Bella è quindi la scelta di popoli che si sono
avvicinati e sono divenuti una nazione più grande grazie al contributo di ogni
singola cultura, esperienza, fortuna, di ogni trauma.
La bellezza sta nella prospettiva che i nostri
popoli si sono dati per essere un’umanità migliore e impedire che qualcuno
decidesse di nuovo di possedere e disporre della vita dell’altro.
La bellezza sta in quel giorno in cui
finalmente siamo diventati europei, fondando un’Unione su sogni antichi e
generosi, su auspici di condivisione, sull’ambizione di crescere insieme. La
bellezza sta nel partecipare, abbattere i muri, accedere al superamento dei
confini sia pratici e fisici, sia semantici.
Vedete, la fortuna di essere un interprete di
musica è anche questa. Non si esegue semplicemente un autore di un paese o di
un altro. Lo si diventa: per poter interpretare bisogna accantonare ogni
egoismo e barriera, bisogna mettere al servizio la propria origine fino a
trasformarsi in qualche modo nell’altro.
Io in una sera, quando dirigo o suono, ho la
fortuna di poter essere tedesco, inglese, austriaco, ceco o polacco pur
restando con orgoglio italiano.
Partecipare a un’Unione diventa una forma di
liberazione vera e propria, è l’opportunità di trascendere nell’idea di
“altro”.
La nostra Unione è questa: portare contributo,
poter appoggiarsi e avere sostegno alle nostre fragilità, poter rispecchiarsi.
L’opportunità di riconoscersi è un diritto così voluto, cercato, così
fondamentale.
L’Unione, come in amore e in musica, ha
bisogno di essere determinata costantemente, con ogni pensiero e con ogni
parola. Soprattutto con ogni gesto, un termine che da direttore d’orchestra mi
è particolarmente caro.
Cambiando insieme. Diventando piccoli e grandi
allo stesso tempo.
Sono felice che lo sforzo di tante lotte abbia
portato a questo regalo, questa fortuna. Che abbia allargato i sorrisi.
E forse oggi è il caso di ricordarlo ancora di
più, di lavorare ancora di più perché non lo si dimentichi, nemmeno in quel
luogo cruciale già solo nella sua definizione: il Parlamento. Perché è lì che
appunto si parla, ma soprattutto si ascolta.
Noi cittadini (che vuole dire “libero” e anche
a questo va ricordato e protetto) come in ogni Unione siamo chiamati a portare
il nostro contributo tramite gesti che contengono opinioni, manifestano
problemi, ci rendono parte di ogni luce. E il primo piccolo gesto per esprimere
la nostra libertà, per rafforzare il nostro diritto a riconoscerci, a dare e
ricevere vicinanza è proprio il voto.
Sì, è bella la parola Unione.
Mi piace l’idea che come ogni cosa bella sia
da proteggere e che ci aiuti ad amarci un po’ di più.
È bello poter dire Sono un europeo.
Sono me stesso e sono insieme all’altro. Sono unito.
Perché l’Unione europea non è solo
un’istituzione. È la definizione di un sentire. È la dichiarazione di un
sentimento. L’Unione europea siamo tutti noi. Ogni giorno.
Ezio Bosso
Nessun commento:
Posta un commento