Con quale sguardo torneremo a incontrarci?
Padre Lombardi ci invita a guardare oltre, al futuro che ci attende: Gesù
non è stato una manifestazione virtuale di Dio, ma la sua incarnazione, proprio
perché lo potessimo incontrare. E ci ha detto che Lui è presente e ci aspetta
nell’altro.
di p. FEDERICO LOMBARDI
Leggevo in questi giorni l’affermazione di un pensatore russo: “Il semplice
rapporto fra la gente è la cosa più importante del mondo!”. Mi ha fatto tornare
in mente una bella canzone piena di gioia di qualche decennio fa, lanciata da
un simpatico movimento di giovani che promuoveva l’amicizia e la fraternità fra
i popoli: “Viva la gente!”. Qualcuno la ricorda certamente. Parlava delle
tantissime persone che incontriamo ogni mattina andando a lavorare; diceva fra
l’altro: “Se più gente guardasse alla gente con favor, avremmo meno gente
difficile e più gente di cuor…” e ispirava molti sentimenti saggi e
positivi. Vi avevo ripensato molte volte negli ultimi anni camminando per
strada, incontrando tante persone indaffarate e come chiuse in sé, e molte
altre con dei fili che escono dalle orecchie, che erano completamente
concentrate sullo schermo del loro cellulare o parlavano nell’aria ad alta voce
con chissà chi, senza tener alcun conto delle persone che erano sull’autobus a
pochi centimetri da loro. Mi sembrava che il gusto di guardare agli altri con
benevolenza e attenzione stesse diventando più raro e l’intrusione sempre più
pervasiva delle nuove forme di comunicazione nella vita quotidiana ce li
rendesse quasi estranei.
Dopo varie settimane chiuso in casa sento un grande desiderio di incontrare
di nuovo per strada volti diversi. Spero che prima o dopo, a tempo debito, ciò
possa avvenire anche senza mascherina e senza divisori di plexiglass, e spero
di poter scambiare con loro una parola cordiale, o anche solo un sorriso sincero.
Moltissimi di noi in questi mesi hanno sperimentato con sorpresa positiva le
possibilità offerte dalla comunicazione digitale e speriamo di farne tesoro
anche per il futuro, ma con il prolungarsi degli isolamenti abbiamo capito che
non bastano.
Come torneremo dopodomani a incontrarci per la strada o sulla metro?
Riusciremo a ripopolare con serenità gli spazi comuni delle nostre città?
Saremo condizionati da paura e sospetto, o con l’aiuto dell’auspicata saggezza
di scienziati e governanti sapremo bilanciare la giusta prudenza con il
desiderio di ritrovare e ritessere quella qualità di convivenza quotidiana che
– come dicevamo all’inizio – “è la cosa più importante del mondo”, la tela
stessa del mondo umano? Ci renderemo conto (di più o di meno di prima?)
che siamo famiglia umana in cammino nella casa comune che è il nostro unico
pianeta Terra?
Ora che la pandemia ci avrà fatto sperimentare un aspetto problematico
della globalizzazione di cui tutti dovremo tener conto in futuro, sapremo
ritrovare lo slancio della fraternità fra i popoli aldilà e al di sopra dei
confini, l’accoglienza benevola e curiosa della diversità, la speranza del
vivere insieme in un mondo di pace?
Come vivremo il nostro corpo e come vedremo quello degli altri? Una via
possibile di contagio, un rischio da cui stare in guardia, o l’espressione
dell’anima di una sorella o di un fratello? Perché questo è in fondo ogni corpo
umano: la manifestazione concreta di un’anima - unica, degna, preziosa,
creatura di Dio, immagine di Dio … Che meraviglia il timbro della voce, il
ritmo dei passi, soprattutto il sorriso delle persone care!… Ma di più, questo
non dovrebbe valere per tutte le persone che incontriamo? Allora,
recuperare la libertà dal coronavirus ci aiuterà a liberarci anche dagli altri
virus del corpo e dell’anima che ci impediscono di vedere e incontrare il
tesoro che sta nell’anima dell’altro, o saremo diventati ancora più
individualisti?
La tecnologia digitale può mediare e accompagnare utilmente il nostro
rapporto, ma la presenza fisica vicendevole delle persone, dei loro corpi come
trasparenza delle anime, la loro prossimità e il loro incontro, rimangono punto
di partenza e di riferimento originario della nostra esperienza e del nostro
cammino. Gesù non è stato una manifestazione virtuale di Dio, ma la sua
incarnazione, proprio perché lo potessimo incontrare. E Gesù ci ha detto che
Lui è presente e ci aspetta nell’altro, nel povero (e chi non è povero in
qualche modo, lo sappia o no?), e che nel volto dell’altro possiamo e dobbiamo sapere
in fondo riconoscere il suo.
Con quali occhi, con quale cuore, con quale sorriso torneremo a camminare
per le strade e a incrociare il cammino di tante persone, che anche se
apparentemente sconosciute in fondo in questi mesi ci sono mancate, e che come
noi hanno sentito il desiderio di incontrarci di nuovo sulle strade quotidiane
della loro vita, del nostro mondo comune?
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