- VANGELO IV Domenica di Pasqua (Anno A)
(3 maggio 2020)
Commento di don Mario Simula
Gesù guarda la gente
che lo segue. Ne prova compassione, fino a sentire il bisogno di attardarsi
sulla storia di ciascuno.
Sicuramente, per Lui che non conosce l'anonimato, tutte quelle
persone hanno un nome, una vicenda umana, una povertà da portare, un conto
aperto con la vita.
E' una umanità vera, rugosa,
affaticata e sfruttata.
Ha bisogno di Lui fino a sentire la
necessità di toccarlo. Gesù è ai loro occhi la novità assoluta dell'amore.
L'amore senza aggettivi, essenziale, diretto. L'amore di cui
ciascuno di noi ha sete e che solo Lui, Gesù di Nazareth, può far
sperimentare a quei volti segnati dalla fatica della vita.
In questi incontri instancabili e
diuturni, Gesù intuisce che cosa fa soffrire quella gente.
Si ferma per guardarla
intensamente. La osserva oltre le apparenze, poi, ad alta voce, esclama: “Ho
compassione di tutta queste persone: sono come pecore senza pastore.
Hanno le loro guide, ma sono mercenari e ladri. Sfruttano le pecore grasse e
non curano quelle deboli. Per loro non esiste il gregge da servire. Esiste un
capitale ignaro da usare per il proprio tornaconto. Ho davanti a me tanta
umanità che si sente come gregge senza pastore”.
Il dolore di Gesù è questo. Un
dolore che lo fa sanguinare. Un dolore che lo fa indignare.
Non può resistere oltre.
“Io sono il buon pastore!”.
Gesù il nostro pastore, la
nostra certezza, il vincastro dei nostri percorsi accidentati.
Sento la sua presenza di pastore
buono con gioia, se penso alle sue attenzioni.
Sento la sua presenza di pastore
buono con rimorso, se penso alla mia attitudine di mercenario.
Al culmine della com-passione Gesù
sente l'urgenza di esclamare: “Sono come pecore senza pastore!”.
Gesù sarà e sarà sempre il
Pastore buono.
Me ne accorgo perché conosce ciascuno
per nome. Ha scritto i nostri nomi sulle sue mani.
Quando ci cerca entra per la porta
con delicatezza e trepidazione. Non vuole farci violenza. Non vuole violare il
segreto della nostra casa. Entra con così dolce attenzione che la sua presenza
ci illumina.
Può esistere un gregge, una
comunità che non si lasci visitare dal Pastore immolato e Risorto?
Abbiamo bisogno di Lui.
I suoi pascoli sono fecondi e
saporiti. Le sue fonti sono genuine e salutari.
Se ci smarriamo viene a cercarci.
Se ci dividiamo si dona tutto per ricomporre l'amore. Se
rimaniamo feriti e sanguinanti, Gesù, il Pastore buono, diventa samaritano
delle nostre sofferenze.
Gesù, Pastore crocifisso e
immolato, entra nella nostra vita come ospite atteso, che rispetta come
un segreto la spontaneità del nostro cuore.
Gesù conosce le notti interminabili
dei pastori che amano il gregge.
Sa che se cammina davanti a noi
ci incoraggia e ci dà energia.
Non ha tregua nell'amore. Dura
sempre. Brucia sempre. E' sempre all'erta, senza farcelo pesare.
Gesù, il Pastore buono, è la
tenerezza che si rivela ad ogni passo. Anche quando è stanco e vuole passare
all'altra riva. Si trova immancabilmente la gente ad aspettarlo.
Allora tra Gesù e le folle esiste
una comunicazione intensa e intima. Non dichiarata. Vissuta.
Sembra che quella comunità dai
molti volti, dai molti odori, dalle molte abitudini sia la sua vera famiglia.
Il buon Pastore non può fare a meno
delle sue pecore.
Non ne deve perdere una.
A volte, guardando le nostre
comunità, mi chiedo dove sia il pastore o chi sia il pastore.
Gesù prepara per la sua famiglia
una mensa di amore. Ci vuole tutti attorno. Un cuore solo, un'anima sola.
Un solo pane. Un solo Padre. Una
sola appartenenza.
Dov'è il pastore? Chi è il pastore
delle nostre comunità?
Non ha fisionomia perché fa il
mestiere di pastore.
Non ha sorrisi, perché non ama il
gregge.
Non trova parole di vita, perché
esistono sempre faccende più importanti.
Non spreca il tempo, perché è
troppo faticoso il ritmo delle pecore.
Adesso capiamo cosa ci dice Gesù:
“Sono come pecore senza pastore!”.
Adesso capiamo cosa vuole dirci
Gesù: “Io sono il buon pastore. Impara da me. Segui me. Ascolta me. Ama
me. Ti troverai immerso nella vita di ogni uomo e di ogni donna.
Scoprirai soprattutto che molte pecore non sono ancora nell'ovile. Quelle devo
ricondurre nel recinto aperto dell'amore. Tutte. Tutte quelle che io ti ho
affidato!”.
Gesù, non ho mai capito cosa
significhi pascolare. Oggi la memoria del cuore mi aiuta ad intuire che
pascolare significa nutrire.
Oggi mi folgora questo pensiero
e diventa una domanda: nella mia esperienza di prete ho nutrito o mi sono
nutrito?
Gesù, una volta ho letto che il
prete è un uomo mangiato. Che nutre. Che si offre come nutrimento.
La mia storia! Ad ogni pagina il
rimpianto diventa dolore. Il ricordo diventa amarezza.
Se piango davanti a te, le
lacrime diventano verità che mi libera.
Gesù, dimmelo francamente: sono
stato mai un uomo mangiato? Ho nutrito con la mia vita tanta fame di amore che
ho incontrato? Ho sfamato bisogni immediati, essenziali, urgenti o li ho
rimandati perché pensavo che il piatto apparecchiato bastasse per uno solo: e
quell'uno ero io?
Tu hai sempre saputo il mio
problema. Per questo motivo non si contano le notti nelle quali ti ho obbligato
a venirmi a cercare. Passando da un burrone all'altro, andavi dietro il mio
lamento forte o tenue; ma sempre distinguibile. Lo avevi imparato a memoria.
Sapevi di quale argilla ero impastato. Sapevi quali erano i miei rifugi
pericolosi. Di notte, anche per te era difficile rintracciare le mie orme.
Confondevo, per volermi far male, i segnali del mio nascondiglio.
Gesù, come sei riuscito a
trovarmi?
Ricordo: hai pronunciato il mio
nome ed io, anche se lontano, ho riconosciuto la tua voce. Ho vibrato
nell'anima come la sposa che cerca lo sposo. Il nome che pronunciavi aveva
l'armonia delle dichiarazioni di amore. Non era un rimprovero. Non raccontava
durezza. Un po' di dolore sicuramente.
Gesù, io conosco il sapore dei
tuoi pascoli. Conosco la limpidezza delle tue fonti. Ho memoria dei tuoi gesti.
Ho seguito le tue indicazioni. Quando riuscirò a far gustare agli altri la
mensa che per me tu prepari? Desidero diventare pane spezzato e vino versato.
E' l'unico sentiero per ritrovarmi o per farmi ritrovare.
Gesù, concedimi di gustare la
voce del Pastore Buono. Concedimi di sentire il sapore del Pastore Bello.
Gesù, metti nel mio cuore il
bisogno irresistibile di rimanere nel tuo recinto. Con gli altri. Come pastore
penitente, proverò gioia ad essere cibo per qualcuno. Anche per uno solo. Per
quell'uno tu, ancora oggi, vai peregrinando finché non lo ritrovi.
Fino a quando non sarà al sicuro nel tuo cuore.
Tratto da Qumran2.net | www.qumran2.net
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