Francesco:
a un
cristiano
senza umorismo manca qualcosa
Nel
libro “Dio è Gioia”, scritto da Chiara Amirante, l’autrice chiede al Papa quale
sia il suo “segreto” per uno stato d’animo gioioso nonostante le enormi
responsabilità. Francesco risponde: la gioia che mi sostiene è un dono di Dio,
una luce tranquilla che è unita alla pace
Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
“Dammi, Signore, una
buona digestione, e anche qualcosa da digerire. Dammi la salute del corpo, con
il buonumore necessario per mantenerla”. È un incipit spesso citato di una
preghiera altrettanto nota.
I versi di Tommaso Moro sono molto cari a
Francesco, che in un dialogo con Chiara Amirante dice con franchezza: “Il senso
dell’umorismo è l’atteggiamento più umano più vicino alla grazia di Dio”.
Una preghiera da 40 anni
Il Papa si confida
con la fondatrice di “Nuovi Orizzonti” in un colloquio successivo alla visita
da lui compiuta lo scorso 24 settembre nella “Cittadella Cielo”, centro
principale della Comunità, che nel 2019 festeggia i 25 anni di vita. Durante
quel colloquio Chiara Amirante chiede a Francesco di poter conoscere cosa sia
per lui la gioia, argomento centrale del libro che la stessa Chiara sta
scrivendo per fissare su carta la visita del Papa alla Cittadella e che si
intitola per l’appunto “Dio è Gioia”, pubblicato da Libreria Editrice Vaticana
e Piemme. Il Papa confessa di non aver nessun particolare segreto. “Da quarant’anni
– dice – recito la preghiera di San Tommaso Moro per avere il senso
dell’umorismo”, il quale va di pari passo, sostiene, “alla gioia cristiana”.
Un dono fin dall’inizio
Del resto, ricorda
Francesco, sono temi che ha già trattato nel quarto capitolo della Gaudete
et exsultate. Per lui provare la gioia non è disgiunto dal sentirsi nella
pace, entrambi doni di Dio, afferma, rivelando che questo stato d’animo è in
lui fin dal conclave, quando constatando ciò che stava per accadere ha sentito
scendere dentro di sé un sentimento di pace. “La gioia – osserva ancora il Papa
– non è un sentimento chiassoso, non vuol dire fare rumore, anche se a volte si
esprime così” e ribadisce che “senso dell’umorismo, pace e gioia vanno insieme,
ma il segreto non lo so… è una grazia, io non la merito ma il Signore mi
aiuta”.
Una riserva di ossigeno
Chiara Amirante
domanda allora un suggerimento per vivere in questa condizione e Francesco
risponde che si favorisce imparando “lo spogliamento di sé”. “Io da me non me
le darei – riconosce – io lo vivo come un dono. Il diavolo, nel mio caso, cerca
sempre di rovinare questo stato d’animo, ma non riesce perché è una cosa così
tanto gratuita che il Signore la custodisce Lui stesso”. Ciò che conta,
prosegue, è fare come indica San Paolo, camminare “secondo lo Spirito” perché
“amore, gioia, pace” sono “frutto dello Spirito”. Mi aiuta, dice Francesco,
ripetere “Dio è più grande”, e “sapendo che lo Spirito è più potente, è come
camminare con una riserva di ossigeno quando ti manca l’ossigeno. La gioia –
ripete – è un dono, come la pace è un dono”.
“Non ce la faccio, fallo tu”
L’ago della bussola
per capire interiormente se il cammino è quello giusto, sono le “inquietudini”,
il riflettere nell’esame di coscienza giornaliero “a cosa è successo nel mio
cuore, quale gente è passata per il mio cuore, questo mi aiuta a individuare le
inquietudini buone e distinguerle da quelle cattive, non buone”. La gioia è
come la luce, c’è la luce mite, tranquilla, che ti fa stare bene, e invece la
luce del diavolo, fuoco d’artificio, che è forte e poi sparisce”. Un problema,
chiede Chiara Amirante, può essere custodire la gioia quando si è nella
sofferenza e ci si sente sopraffatti. E qui Francesco confida la preghiera che
rivolge a Dio in queste circostanze: “Non ce la faccio, fallo tu”. E conclude
riandando con la memoria a un suo professore che invitava gli studenti a
fissarsi per un minuto nello specchio. “Quando qualche volta l’ho fatto –
racconta il Papa – mi porta in mezzo minuto a ridere di me stesso… Ridere di se
stessi, questo è molto importante! “
“Fammi la grazia di capire gli scherzi”
L’intervista sulla
gioia finisce e resta sullo sfondo il profilo di Tommaso Moro, l’eco antica
della sua preghiera modernissima: “Dammi un’anima che non conosca la noia, i
brontolamenti, i sospiri e i lamenti, e non permettere che mi crucci
eccessivamente per quella cosa tanto ingombrante che si chiama “io”. Dammi,
Signore, il senso dell’umorismo. Fammi la grazia di capire gli scherzi, perché
abbia nella vita un po’ di gioia e possa comunicarla agli altri”.
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