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lunedì 9 dicembre 2024

DUE GENERAZIONI, UNA RIVOLUZIONE


 Esce in libreria per Rubbettino “Due generazioni, una rivoluzione”, di Vannino Chiti e Valerio Martinelli, un’opera che propone una riflessione approfondita e costruttiva sulle grandi sfide del nostro tempo, viste attraverso il dialogo tra due generazioni diverse ma complementari. Gli autori, guidati dalle domande di Chiara Pazzaglia, costruiscono un ricco confronto su temi cruciali con uno sguardo attento alla società ma anche alla dimensione spirituale. 


Il testo è arricchito dalla prefazione del Cardinale Matteo Maria Zuppi e dalla postfazione di Romano Prodi. 

Pubblichiamo la prefazione del presidente della Cei.

 

Papa Francesco ha ripetuto spesso che la cosa peggiore dopo una pandemia è restare quelli di sempre, non fare tesoro della sofferenza vissuta per cambiare, per migliorare, rafforzare la consapevolezza che solo insieme c’è salvezza. Quando l’uomo imparerà? La tragica esperienza del Covid ha rivelato la fragilità della nostra condizione e ci ha insegnato che il nostro futuro si gioca tutto sul dialogo tra le generazioni e sulla solidarietà, l’unica che può permettere di affrontare le pandemie. E il male stesso è sempre pandemio. 

 Il primo aspetto è quello, molto concreto e vasto, del ruolo degli anziani nella società e nella Chiesa. 

Ritengo sia decisivo permettere agli anziani un coinvolgimento attivo nella vita sociale. Il primo problema di questa generazione è la lotta contro la solitudine e il senso di inutilità, l’idea di essere “scarto”, nonostante tutto quello che si è potuto dare nella vita. Anche da questa condizione non se ne esce da soli. La solitudine è come una pandemia invisibile che avvolge la vita di tante persone, spegne l’esistenza perché non siamo un’isola e solo nella relazione la persona trova sé stessa. La vecchiaia, ma non solo, è accompagnata da tanta solitudine che rende la condizione di fragilità insostenibile. 

 Dall’altra parte, ai giovani serve riscoprire il gusto di una vita senza paura, non perché senza consapevolezza ma con il vero antidoto alla paura: la speranza, la passione, il gusto del futuro, il desiderio di costruirlo e la consapevolezza di poterlo fare, per non arrendersi ai primi inevitabili ostacoli o cercare tante sicurezze da essere sempre insicuri. In queste due semplici indicazioni è racchiuso il senso di questo volume: tutti gli argomenti su cui si confrontano le voci delle due generazioni, dal lavoro al welfare, dall’Europa alla pace, dalla partecipazione al multiculturalismo, partono dal presupposto che solo aiutandosi e sostenendosi, scoprendosi complementari e non escludenti, giovani e anziani possono superare solitudini e paure. 

 Sappiamo bene che la denatalità è uno dei mali del nostro tempo: anche questa è frutto della paura del futuro, minacciosa proiezione del presente che fa rinchiudere nel consumo dell’oggi e, nonostante tante certezze impensabili nelle generazioni precedenti, queste non appaiono mai sufficienti. Senza passione e speranza restiamo prigionieri delle nostre paure. Occorre conciliare il lavoro con la famiglia, la giusta rivendicazione di un ruolo sociale unito a quello familiare. C’è davvero ancora molto da fare su questo che mi appare uno dei problemi principali da risolvere, senza dimenticare il precariato e la casa. 


Serve allora un’alleanza che metta da parte, come già diceva papa Giovanni XXIII, ciò che ci divide e ci faccia scegliere ciò che ci unisce. Serve un sistema Paese che dia sicurezze, che punti sul benessere e sulla stabilità economica e lavorativa, senza dubbio. Ma serve anche, forse soprattutto, una riscoperta del gusto di una vita senza paura. È nella famiglia, come dice Papa Francesco, che si costruisce la speranza e la vita si mostra nella sua piena forza: è questa il migliore esempio di come si costruisca la storia, di generazione in generazione. E la famiglia è il primo laboratorio dove impariamo a pensarci insieme. 

 La conversazione che queste pagine ci affidano è frutto di due persone che si offrono l’un l’altro, senza fretta e senza concessioni all’epidermico o al sensazionale. Ho apprezzato il tentativo di Vannino Chiti e Valerio Martinelli, guidati dalle precise domande di Chiara Pazzaglia, di operare un confronto intergenerazionale su temi importanti. Ho notato che, quasi sempre, c’è piena convergenza di opinione. Ecco l’utilità del dialogo: ascoltarsi, confrontarsi, anche discutere, per far risaltare ciò che unisce più di ciò che divide, per pensarsi insieme. L’augurio è che, oltre le pagine del libro, questa capacità di ascolto e confronto tra generazioni possa essere di ispirazione e di stimolo a tanti, anche nella quotidianità. 

Sono molti gli argomenti trattati, spaziando sui temi di maggiore passione sociale, in particolare il tema della transizione digitale ed ecologica, della partecipazione e, soprattutto, della pace, rappresentano davvero le sfide più importanti del nostro tempo. Attrezzarsi per affrontarle significa proprio farlo in una piena alleanza tra i più e i meno giovani, ognuno sostenendo l’altro con l’esempio della memoria passata e la fiducia nel futuro comune, che sia davvero di pace. 

 Come hanno scritto i nostri autori «È quel tutti insieme di Don Milani che ci piace: la sfida vera della nostra collettività è riscoprire la coesione come comunità di uomini e donne, il gioco di squadra, anche fra generazioni diverse che condividono un Cammino comune». La spiritualità si sottende a tutto ed è la passione che può generare il nuovo anche da quello che è vecchio.

 Famiglia Cristiana

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RICOSTRUIRE IL PATTO EDUCATIVO

 

“La crisi educativa nasce dalla perdita del limite e del patto tra generazioni”



Di redazione

Ospite su La7, lo psicoanalista Massimo Recalcati ha offerto una riflessione profonda sulla crisi educativa che attraversa la società contemporanea, soffermandosi sul rapporto tra genitori, figli e scuola.

Secondo Recalcati, uno dei problemi principali è la dissoluzione del patto educativo tra le generazioni, un’alleanza che un tempo vedeva genitori e insegnanti uniti nel compito di educare i giovani. “Freud notava che il ragazzo vedeva nei professori il prolungamento dell’autorità dei genitori. Oggi questa continuità si è spezzata”, ha spiegato.

Recalcati attribuisce questa rottura alla perdita della “differenza simbolica” tra le generazioni: “I genitori di oggi si vestono come i loro figli, parlano lo stesso linguaggio, giocano agli stessi giochi. Si sono messi in difesa dei propri figli contro i professori, come in una sorta di sindacalismo alla rovescia”. L’atteggiamento, unito alla tendenza a sospettare di ogni provvedimento disciplinare o insufficienza scolastica, mina l’autorità degli insegnanti e amplifica il narcisismo dei figli, rendendo il processo educativo sempre più fragile.

“Il fallimento e il limite sono ingredienti fondamentali della crescita”

Un altro aspetto critico, secondo Recalcati, è l’angoscia dei genitori di oggi di amplificare il valore della prestazione dei propri figli, eliminando ogni spazio per il fallimento o lo smarrimento. “Non viene più dato tempo alla caduta, allo sbandamento, allo smarrimento, che invece sono ingredienti fondamentali di ogni processo formativo”, ha sottolineato. Tale ossessione per la performance, che si traduce in un rifiuto del limite, priva i giovani di esperienze essenziali per la loro crescita.

Recalcati ha richiamato il concetto di “legge del padre”, elaborato dallo psichiatra Jacques Lacan, per spiegare l’importanza del limite nell’educazione. “Il padre è il simbolo della legge, ma non di una legge scritta o giuridica. È la legge che fonda la vita insieme, che dice che non tutto è possibile. Il nostro tempo, invece, incoraggia l’idea perversa che tutto sia possibile. Ma senza un limite, senza confini, non esiste discorso educativo”.

La necessità di ricostruire il patto educativo

Per Recalcati, la crisi educativa non è solo una questione di scuola, ma riguarda l’intera società. La perdita del limite e del patto tra le generazioni ha portato a una situazione in cui i genitori, anziché sostenere il processo educativo, lo ostacolano, proteggendo i figli da ogni forma di frustrazione o insuccesso. “I genitori vivono con sospetto ogni iniziativa educativa degli insegnanti, come se si trattasse di un abuso di autorità o di un’incapacità di riconoscere le qualità dei propri figli”, ha osservato.

La soluzione, secondo lo psicoanalista, passa attraverso una riscoperta del valore del limite e del fallimento come elementi essenziali della crescita, e attraverso la ricostruzione di un’alleanza educativa tra genitori e insegnanti. Solo così sarà possibile restituire ai giovani un percorso formativo autentico, capace di prepararli alle sfide della vita.

Orizzonte Scuola

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venerdì 16 febbraio 2024

GLI ANZIANI, UNA PREZIOSA RISORSA

 Nella vecchiaia non abbandonarmi”, 

tema della Giornata dei nonni e anziani

È tratto dal Salmo 71 il tema scelto da Papa Francesco per il quarto appuntamento mondiale che si celebrerà domenica 28 luglio prossimo. Il cardinale Farrell: la solitudine è condizione irriducibile dell’esistenza umana, occorre vincere ogni forma di cultura dello scarto

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-         di Paolo Ondarza - Città del Vaticano

 “La solitudine è una realtà purtroppo diffusa, che affligge molti anziani, spesso vittime della cultura dello scarto e considerati un peso per la società”, per questo “le famiglie e la comunità ecclesiale sono chiamate a essere in prima linea nel promuovere una cultura dell'incontro, per creare spazi di condivisione, di ascolto, per offrire sostegno e affetto: così si dà concretezza all'amore del Vangelo”. È quanto dichiara il prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, cardinal Kevin Farrell commentando il tema scelto dal Papa per la IV Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani che si celebrerà il prossimo 28 luglio: “Nella vecchiaia non abbandonarmi”.

Costruire legami tra le generazioni

Le parole sono tratte dal Salmo 71. Si tratta di un’invocazione di un anziano che ripercorre la sua storia di amicizia con Dio e in cui si evidenzia come “la solitudine sia, purtroppo, l’amara compagna della vita di tanti anziani che, spesso, sono vittime della cultura dello scarto”, spiega un comunicato del Dicastero. “La celebrazione della Giornata, valorizzando i carismi dei nonni e degli anziani e il loro apporto alla vita della Chiesa”, si legge ancora “vuole favorire l’impegno di ogni comunità ecclesiale nel costruire legami tra le generazioni e nel combattere la solitudine, consapevoli che - come afferma la Scrittura - Non è bene che l’uomo sia solo”.

 La condizione di ogni uomo

“La solitudine”, aggiunge il cardinale Farrell esprimendo gratitudine al Santo Padre per il tema scelto, “è anche una condizione irriducibile dell'esistenza umana, che si manifesta in modo particolare nella vecchiaia, ma non solo. Per questo la preghiera del salmista è la preghiera di ogni cristiano che si rivolge al Padre e confida nel suo conforto”.

 Il “noi” che vince la cultura dello scarto

La celebrazione della IV Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, secondo il porporato, “invita dunque a costruire, insieme – nonni, nipoti, giovani, anziani, membri della stessa famiglia – il ‘noi’ più largo della comunione ecclesiale. È proprio questa familiarità, radicata nell'amore di Dio, che vince ogni forma di cultura dello scarto e di solitudine”.

 Dio non abbandona mai nessuno

“Le nostre comunità”, conclude Farrell, “con la loro tenerezza e con un'attenzione affettuosa che non dimentica i suoi membri più fragili, sono chiamate a rendere manifesto l'amore di Dio, che non abbandona nessuno, mai”. Da qui l’invito a prepararsi spiritualmente rivolto dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita alle parrocchie, alle diocesi, alle realtà associative e alle comunità ecclesiali di tutto il mondo. A questo scopo un apposito kit pastorale  sarà messo a disposizione nei prossimi mesi sul sito web www.laityfamilylife.va

 Vatican News


venerdì 22 settembre 2023

GENERAZIONI CONNESSE

 

Generazioni Connesse, al MIM l’evento “Back to School 2023”, dedicato alla sicurezza degli studenti in rete

 Si è svolto al Ministero dell’Istruzione e del Merito il 20 e il 21 settembre l’evento “Back to School 2023”, a cura del progetto Safer Internet Centre – Generazioni Connesse (SIC) (https://www.generazioniconnesse.it/), dedicato alla sicurezza in rete e all’educazione digitale delle studentesse e degli studenti. “Back to School”, all’inizio dell’anno, offre un’occasione per coinvolgere i ragazzi e l’intera comunità scolastica in un percorso di approfondimento, riflessione, dibattito ed elaborazione di proposte su questi temi.

I lavori sono iniziati nel pomeriggio del 20 settembre, con la formazione dello Youth Panel (il gruppo di consultazione giovanile del SIC) a cura dei gruppi di lavoro.

Nella mattinata del 21 settembre, aperta dal saluto del Direttore Generale per lo Studente, l’Inclusione e l’Orientamento Scolastico, Maria Assunta Palermo, si è svolta la premiazione del concorso “The Kids are All Rights”, destinato agli studenti del primo e del secondo ciclo d’istruzione. Il vincitore è stato l’IC “Bassa Sabina” di Poggio Mirteto (RI), premiato con una giornata di formazione sui temi del coding e della sicurezza online messa a disposizione da Hewlett Packard Enterprise, membro dell’Advisory Board del SIC.

Sono stati presentati gli strumenti di supporto dell’ePolicy e del Kit Didattico, con Daniele Catozzella di Save The Children, Federica Pilotti del MIM, mentre Patrizia Corrada ha ricordato le linee di Helpline e Hotline curate da Telefono Azzurro. È stato poi presentato il video promozionale realizzato dallo Youth Panel di Generazioni Connesse con il supporto di Giffoni Experience, rappresentato da Marco Cesaro e dal Direttore Claudio Gubitosi.

A seguire, i ragazzi dello Youth Panel si sono confrontati in una tavola rotonda sulla sicurezza con le esperte delle piattaforme Google (Martina Colasante), Meta (Costanza Andreini) e TikTok (Luana Lavecchia).

Nel pomeriggio, si è svolto il webinar destinato ai docenti “Strumenti e pratiche di eSafety all’interno del progetto Generazioni Connesse: l’ePolicy e il Kit Didattico”, a cura del SIC, in collaborazione con il progetto europeo eTwinning.

Tra le attività di supporto rivolte a chi, come genitori, insegnanti o minori, è più esposto a situazioni di difficoltà e/o pericolo, risulta particolarmente rilevante il percorso di autovalutazione e formazione che, attraverso un iter guidato da esperti, conduce le scuole a dotarsi di un documento, denominato e-policy, che le supporti nell’educazione e nella formazione all’uso consapevole e sicuro delle tecnologie. Un ulteriore supporto per gli istituti, utile alla realizzazione di attività didattiche ed educative da realizzare in classe, risulta essere il kit didattico.

L’obiettivo del MIM, attraverso il progetto SIC, è rendere il web un luogo più sicuro per i giovani, contrastando il cyberbullismo e promuovendo un uso positivo e consapevole della rete, oltre che le capacità di sintesi e valutazione critica dei contenuti online. Cofinanziato dalla Commissione Europea, in linea con le Politiche Europee del cd. “Better Internet for Kids”, il progetto SIC è coordinato dal 2012 dalla Direzione Generale per lo Studente, l’Inclusione e l’Orientamento Scolastico del Ministero. Il progetto si avvale del partenariato delle principali realtà italiane che si occupano di sicurezza in rete e comunicazione: Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, la Polizia di Stato, gli Atenei di Firenze e “La Sapienza” di Roma, Save the Children Italia, Telefono Azzurro, la Cooperativa EDI Onlus, Skuola.net e l’Ente Giffoni Experience.

Il video della diretta del 21 settembre

MIM



domenica 13 agosto 2023

NELLA LUCE DELL'INIZIO

  Vivere 

è sempre ricominciare

 

-         di Vincenzo Sansonetti

Il primo romanzo di Massimo Camisasca, vescovo emerito di Reggio Emilia, “Nella luce dell’inizio”, è una storia che aiuta “a comprendere e a vivere i rapporti tra le generazioni”

“Un padre conosce mai un figlio? Un figlio conosce mai un padre?”. Da queste semplici ma ineludibili domande, che ci riguardano tutti, prende le mosse il romanzo Nella luce dell’inizio (San Paolo, 2023), di monsignor Massimo Camisasca. Dopo decine di saggi di carattere spirituale, teologico, storico e pastorale, il vescovo emerito di Reggio Emilia-Guastalla ci offre la sua prima prova narrativa. È una vicenda ricca di umanità, che racconta il rapporto non facile tra Enrico, un avvocato romano che – anche a causa del suo passato – sta vivendo un momento molto tormentato, e il figlio Marco, studente universitario, pieno di speranze, che vorrebbe avere con il padre un legame più sincero e schietto, più libero. Entrambi alla ricerca di un senso da dare alla propria vita, che li aiuti a superare le loro debolezze e a riscoprire la bellezza dell’esistenza. Ma perché, abbiamo chiesto all’autore, un vescovo scrive un romanzo? Perché l’ha fatto? “Questo libro”, spiega monsignor Camisasca, “nasce da una urgenza che è andata maturando dentro di me da parecchi anni. Desideravo infatti riflettere attraverso una narrazione sul rapporto padre-figlio. Dopo i due racconti per ragazzi con protagonista Tullio (entrambi editi da Electa Junior, ndr), ho scelto di scrivere una storia per adulti. Volevo capire se ero in grado di elaborare narrativamente una vicenda che mi stava a cuore. Diranno i lettori se ci sono riuscito”.

 Il romanzo copre un arco temporale che va dagli inizi del Novecento fino al mese di giugno del 1968, poco dopo il fatidico Maggio francese (“Sono giorni di fuoco in tutta Europa”), e comprende travagliate vicende familiari (Enrico è del 1915 e ha avuto un’infanzia difficile, il figlio Marco è nato nel 1946, nell’immediato dopoguerra) strettamente intrecciate a vicende storiche. Come, per esempio, l’armistizio dell’8 settembre 1943, con il cambio di alleanze e il confino di Enrico, ufficiale dell’esercito, in un campo di prigionia tedesco (“Nel lager emergevano gli aspetti migliori e peggiori di ciascuno, era un inferno e un paradiso assieme”). I luoghi che fanno da sfondo alla narrazione sono diversi: da Milano a Roma, dalla spiaggia molisana di Termoli al buen retiro di Tivoli dai nonni, da Cortina a Marbella, in Andalusia. E su padre e figlio incombe il ricordo della loro moglie e madre, morta prematuramente dopo una lunga malattia, “donna forte, abituata a lottare tanto quanto dolce era il suo animo, un’anima fragile in un temperamento duro”. Monsignore, i personaggi descritti sono di pura fantasia o c’è qualche riferimento autobiografico o comunque a persone conosciute nella sua esperienza di sacerdote ed educatore? “Nessun riferimento esplicito, ma ogni scrittore porta nelle sue pagine esperienze vissute: la loro trasposizione letteraria conferisce universalità a ciò che altrimenti resterebbe relegato nel solo ricordo personale”.

 Viene raffigurato un mondo lontano anni luce da quello di oggi. Dai rapporti familiari a quelli affettivi, dal lavoro al contesto sociale, tutto è diverso. Una certa leggerezza e pacatezza, pur nella sofferenza e nella fragilità, che emergono dal racconto, sono state sostituite nella società odierna da un approccio convulso e quasi disperato alla realtà. Chiediamo al vescovo-autore se è un caso che il racconto si fermi al 1968, quasi che quell’anno sia un crinale, il confine tra un “prima” e un “dopo” … “Tanto più ce ne allontaniamo cronologicamente”, risponde, “tanto più il Sessantotto ci appare in effetti come un vero discrimine tra il prima e il poi. Ma non ho apertamente affrontato questo tema, mi sono volutamente tenuto lontano da analisi sociologiche, approfondite ormai in innumerevoli saggi, per concentrarmi invece sulle vicende personali dei protagonisti, che per me avevano un’importanza primaria”.

 Non si può tuttavia negare che con il Sessantotto c’è un cambio di paradigma, di riferimenti culturali e ideologici. Che cosa abbiamo “perso”? Nelle pagine del romanzo si respira, pur nelle innegabili difficoltà, una serenità, una fiducia, un ottimismo che sembrano appartenere a un passato che non tornerà più. È così? “L’umanità dei miei personaggi”, precisa Camisasca, “ha per me una sua validità permanente, che anche oggi possiamo non solo apprezzare ma ritrovare nei rapporti con i giovani, che hanno in fondo le stesse attese di allora”.

 I protagonisti della storia sono un padre e un figlio e il loro complesso legame, che alla fine del racconto si trasforma in un fecondo rapporto di scambio (“Il rapporto tra padre e figli è proprio il più difficile, ma anche il più bello”, ammette Marco). Ma nel romanzo c’è anche Lucia, la fidanzata e futura sposa dello stesso Marco. Qual è il suo ruolo? Per Camisasca “il ruolo di Lucia, come suggerisce anche il nome, è di portare luce nella vita di Marco, facendo emergere gli strati più profondi della sua personalità, sia positivi che negativi, aiutandolo così a camminare verso la maturità”. La “luce” è presente anche nel titolo del libro, Nella luce dell’inizio. Qual è il significato di questo bel titolo? “L’ho scelto per dire che vivere è sempre ricominciare, come dice Pavese nel suo diario”.

Infine, monsignore, a quali lettori si rivolge questa storia familiare? “A tutti, ma in particolare a chi è interessato a comprendere e a vivere i rapporti tra le generazioni”.

 

Massimo Camisasca, Nella luce dell’inizio, ed .San Paolo, 2023

lunedì 16 dicembre 2019

UN PATTO TRA LE GENERAZIONI

Si è svolto a Firenze il III Forum di etica civile, promosso da una serie di realtà culturali e sociali radicate su tutto il territorio italiano. 
I partecipanti al Forum hanno prodotto e firmato un patto fra le generazioni che riprende alcune fra le principali questioni per lo sviluppo culturale, politico, economico e sociale del nostro Paese.
Degli esiti dell’appuntamento fiorentino, parliamo con Simone Morandini. Vicepreside dell’Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino di Venezia, Morandini è coordinatore del progetto Etica, Teologia e Filosofia della Fondazione Lanza di Padova. Fa parte del gruppo Custodia del creato dell’Ufficio per i problemi sociali e del lavoro della CEI ed è membro della presidenza ATISM.


 Negli ultimi tempi, si registra nella nostra comunità nazionale un aumento di tensioni sociali e politiche spesso alimentate da logiche di chiusura e di scontro. In questo panorama culturale, che significato ha l’espressione “etica civile”?
Etica civile: una prospettiva morale tesa a costruire vita buona assieme nella società plurale. Una linea di ricerca, dunque, che mira a ritessere quelle reti di relazionalità solidale che stanno alla base della convivenza civile, valorizzando una pluralità di contributi ideali.
In questo senso ha una particolare importanza la città, nella sua valenza simbolica come nella sua concretezza reale: essa dice di uno spazio plurale, che consente ad ognuno di sviluppare al meglio le proprie potenzialità, ma che esige al contempo di vivere da cittadini (e non da free-riders, che si limitano approfittare dei vantaggi loro offerti), da soggetti civili (e non incivili).
C’è quindi un gioco di diritti e di doveri che interessa un’etica civile, ma anche una comprensione del bene comune che va persino aldilà di essi fino ad interessare gli spazi dell’economia, della politica, del rapporto all’ambiente…
– Perché, per la nostra società, è così importante un patto fra le generazioni?
Il rapporto tra le generazioni è stato individuato dai promotori del III Forum – una ventina di soggetti associativi della società civile (dalla Fondazione Lanza alla FUCI, da Aggiornamenti Sociali alla FOCSIV ed alla Fondazione Finanza Etica) – come particolarmente critico per questo nostro tempo.
Da un lato, infatti, gli sviluppi delle tecniche della comunicazione rendono sempre più acuto il gap comunicativo tra le diverse età; dall’altro si va disegnando – specie in Italia – una paradossale situazione, in cui all’esaltazione verbale di uno stile di vita giovanile si accompagna una marginalizzazione dei giovani dalla vita sociale e politica.
Lo ha ben evidenziato il professor Alessandro Rosina (Università Cattolica di Milano) nel suo intervento al Forum fiorentino: le dinamiche demografiche, una struttura distorta del mercato del lavoro ed il peso del debito pubblico pongono pesanti ipoteche sulla possibilità dei giovani di assumere ruoli attivi nello spazio sociale, impedendo così loro di dispiegare il contributo di creatività ed innovazione che portano con sé.
Né va dimenticata la pesante ipoteca posta sul futuro di tutti dal degrado ambientale ed in particolare dal mutamento climatico in atto.
In questo contesto si è posto il Forum, interrogandosi su come costruire una diversa relazione tra le generazioni, nel segno di una responsabilità condivisa, pur nella distinzione dei ruoli. L’orizzonte è quello di una società davvero orientata alla giustizia tra le generazioni, tra i generi, tra presente e futuro.
– Quali sono le peculiarità del patto che avete sottoscritto a conclusione del III Forum di Etica civile?
Il Patto è il frutto di una riflessione che i soggetti promotori hanno condotto ormai da più di un anno, tramite diversi eventi preparatori sul territorio nazionale. Esso raccoglie una serie di proposte che sono stati individuate come essenziali per un rinnovamento della vita civile nel nostro paese in vista di un più equilibrato rapporto intergenerazionale.
Il Patto tra generazioni è stato quindi rielaborato nel corso del Forum (specie nei dieci gruppi di discussione tematici) ed è stato siglato al termine di esso. Adesso è accessibile sul sito www.forumeticacivile.com, dove invito ognuno ed ognuna a prenderne visione ed a firmarlo – sia a titolo personale, sia eventualmente, per chi ne ha titolo, a nome dei rispettivi soggetti associativi.
Aggiungo che il Patto è intenzionalmente essenziale e sintetico, benché già articolato; un più ampio testo di Premesse, pure accessibile sullo stesso sito, consente peraltro di comprendere quale sia l’orizzonte concettuale in cui esso si colloca. Per chi desiderasse poi un ulteriore livello di approfondimento, segnalo l’agile volume pubblicato dalla Fondazione Lanza proprio in occasione del Forum Etica delle generazioni (Proget Edizioni, Padova 2019, da richiedere sul sito dell’editore).
– Caduto il muro di Berlino e terminata la stagione dei partiti di massa, la politica odierna pare sempre più disorientata da spinte estremiste. Perché è importante tornare all’educazione al pensiero politico?
L’estremismo dei diversi populismi è un tentativo di offrire risposte semplici a società attraversate invece da tensioni sempre più cariche di complessità.
Spesso, però, le soluzioni proposte sono del tutto inadeguate, come se l’individuazione di un nemico bastasse ad affrontare un problema.
Per farvi effettivamente fronte occorre invece una politica che sappia farsi carico di quella relazionalità articolata che abita ormai le nostre città. L’esigenza di un pensiero davvero comprensivo – e di un’educazione ad esso – si salda quindi con l’urgenza di condensare tale esigenza in parole efficaci e mobilitanti. L’etica civile vuole essere uno sguardo in tale direzione, ma ha ancora bisogno di buone gambe, di cuore, di testa e di mani attive per crescere ed ampliare il proprio orizzonte.
– A suo parere, quanto e perché l’impianto culturale e antropologico dell’enciclica di Francesco Laudato si’ può contribuire alla promozione dell’etica civile?
L’Enciclica Laudato Si’ è un vero e proprio testo di convocazione, teso a mobilitare una varietà di energie, di competenze e di ispirazioni ideali per la cura della casa comune.
Se certo un primo referente di tale espressione è la terra (l’oikos, la casa che ci porta), tuttavia lo sguardo di Francesco coglie acutamente l’intreccio di relazioni tra la dimensione ambientale, quella socio-economica e quella culturale.
L’espressione ecologia integrale ben compendia tale approccio, che trova espressione nell’esigenza di una conversione ecologica che dalla spiritualità e dall’educazione si estenda ai comportamenti quotidiani, per raggiungere lo spazio pubblico. Un testo, insomma, estremamente prezioso, che ha costituito una fonte di ispirazione di grande rilievo per i lavori del Forum.



giovedì 7 marzo 2019

I GIOVANI E IL FUTURO: IL RUOLO DEGLI ADULTI

La responsabilità 
di un patto 
tra generazioni

In Italia i giovani sono troppo pochi rispetto a quello che sarebbe economicamente, socialmente, culturalmente necessario. E quei pochi, talvolta, non hanno le competenze necessarie per operare nei settori tecnologicamente avanzati, ma sovente sono sottoutilizzati, impossibilitati a costruire un proprio progetto di vita, costretti – i più intraprendenti – ad andarsene. Il rapporto tra formazione, mercato del lavoro, mondo delle imprese e dei servizi è problematico. Ciò non sempre per i ritardi della scuola. In numerosi casi la struttura qualitativa della domanda di lavoro espressa dal sistema produttivo corrisponde solo in parte all’accresciuto livello di scolarizzazione e di conoscenze possedute. Non sempre c’è correlazione tra grado di istruzione e mansioni offerte. Un occupato su quattro – come evidenziato in un recente Rapporto Istat – è troppo istruito per i compiti svolti.
Ciò non significa ovviamente che il livello di capacità acquisite dai nostri giovani sia nel complesso soddisfacente specie se raffrontato a quanto si verifica altrove. La situazione in cui ci troviamo è paradossale. Siamo in presenza di una generazione di giovani molto più istruita rispetto a 20-25 anni fa, anche se ancora al di sotto della media europea. Pur tuttavia questa generazione di giovani guadagna molto meno degli adulti. Eppure i ragazzi di oggi hanno molti punti di forza. Sanno usare le Ict, conoscono le lingue, sanno muoversi nel mondo, non si stupiscono della diversità, credono nel merito e nella solidarietà. Il guaio è che questi giovani non hanno voce, non fanno sistema, non riescono ad attivare masse critiche. I giovani italiani dovrebbero avere le stesse condizioni e opportunità dei loro coetanei tedeschi e francesi.
Dietro i numeri delle statistiche sul mercato del lavoro giovanile ci stanno ragazzi e ragazze in carne e ossa con le loro storie, esigenze, aspirazioni, sogni, delusioni che rischiano di tradursi in rassegnazione e sfiducia. Questi giovani ci interpellano, aspettano delle risposte che tardano ad arrivare. Eppure il futuro del nostro Paese dipende da loro. Il ricambio generazionale – inteso come solidarietà costruttiva tra generazioni – è tra i fattori fondamentali dell’innovazione di cui tanto si parla.
La consapevolezza di tutto ciò è molto scarsa. La generazione che si trova nei posti di comando, ha largamente mancato alla sua responsabilità. Si è occupata solo di se stessa e ha saturato di merci e di consumi il paesaggio delle nuove generazioni. La relazione genitori-figli è stata, per così dire, monetizzata, senza preoccuparsi delle questioni di senso. E i giovani hanno finito per trovarsi soli e sfiduciati.
In questa prospettiva si impone la necessità di riprogettare nuovi e buoni legami tra le generazioni nei diversi contesti della vita sociale. Sono i legami che tengono in vita e aprono al progredire della storia. Le generazioni si susseguono, ma anche coesistono. Si aiutano all’interno della famiglia (la pensione dei nonni, la liquidazione del padre aiutano i nipoti e i figli a studiare, a mettersi in proprio) e sono talvolta contrapposte nella società (gli anziani tolgono il lavoro ai giovani, i figli sono più poveri dei padri). Mancano reali processi di cooperazione e di mutuo sostegno. C’è una grande povertà relazionale.
Ogni generazione ha bisogno dell’altra. Ognuna ha le proprie risorse che possono contribuire al bene e alla crescita di tutti. Perché ciò avvenga occorre creare le condizioni per un patto tra le generazioni. Sta alla politica proporsi l’obiettivo dell’equità e della solidarietà nelle creazione e nella distribuzione delle opportunità affinché, superando sterili contrapposizioni, si possano unire le forze per promuovere collaborazioni e sinergie in vista di una vita buona e duratura per tutti. In questa ottica sviluppo e lavoro dei giovani devono essere assunti in termini contestuali. Il lavoro dei giovani non deve venire dopo, come semplice e improbabile conseguenza. Al contrario costituisce elemento coessenziale dello sviluppo stesso. La prima cosa da fare è allora quella di guardare i nostri giovani con occhi diversi, non come un problema da risolvere, ma come una opportunità per rigenerare il nostro Paese dotandolo di quelle energie e di quelle spinte ideali che solo i giovani hanno se adeguatamente formati e responsabilizzati.
*Economista, professore emerito Università di Genova

da www.Avvenire.it