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venerdì 22 settembre 2023

GENERAZIONI CONNESSE

 

Generazioni Connesse, al MIM l’evento “Back to School 2023”, dedicato alla sicurezza degli studenti in rete

 Si è svolto al Ministero dell’Istruzione e del Merito il 20 e il 21 settembre l’evento “Back to School 2023”, a cura del progetto Safer Internet Centre – Generazioni Connesse (SIC) (https://www.generazioniconnesse.it/), dedicato alla sicurezza in rete e all’educazione digitale delle studentesse e degli studenti. “Back to School”, all’inizio dell’anno, offre un’occasione per coinvolgere i ragazzi e l’intera comunità scolastica in un percorso di approfondimento, riflessione, dibattito ed elaborazione di proposte su questi temi.

I lavori sono iniziati nel pomeriggio del 20 settembre, con la formazione dello Youth Panel (il gruppo di consultazione giovanile del SIC) a cura dei gruppi di lavoro.

Nella mattinata del 21 settembre, aperta dal saluto del Direttore Generale per lo Studente, l’Inclusione e l’Orientamento Scolastico, Maria Assunta Palermo, si è svolta la premiazione del concorso “The Kids are All Rights”, destinato agli studenti del primo e del secondo ciclo d’istruzione. Il vincitore è stato l’IC “Bassa Sabina” di Poggio Mirteto (RI), premiato con una giornata di formazione sui temi del coding e della sicurezza online messa a disposizione da Hewlett Packard Enterprise, membro dell’Advisory Board del SIC.

Sono stati presentati gli strumenti di supporto dell’ePolicy e del Kit Didattico, con Daniele Catozzella di Save The Children, Federica Pilotti del MIM, mentre Patrizia Corrada ha ricordato le linee di Helpline e Hotline curate da Telefono Azzurro. È stato poi presentato il video promozionale realizzato dallo Youth Panel di Generazioni Connesse con il supporto di Giffoni Experience, rappresentato da Marco Cesaro e dal Direttore Claudio Gubitosi.

A seguire, i ragazzi dello Youth Panel si sono confrontati in una tavola rotonda sulla sicurezza con le esperte delle piattaforme Google (Martina Colasante), Meta (Costanza Andreini) e TikTok (Luana Lavecchia).

Nel pomeriggio, si è svolto il webinar destinato ai docenti “Strumenti e pratiche di eSafety all’interno del progetto Generazioni Connesse: l’ePolicy e il Kit Didattico”, a cura del SIC, in collaborazione con il progetto europeo eTwinning.

Tra le attività di supporto rivolte a chi, come genitori, insegnanti o minori, è più esposto a situazioni di difficoltà e/o pericolo, risulta particolarmente rilevante il percorso di autovalutazione e formazione che, attraverso un iter guidato da esperti, conduce le scuole a dotarsi di un documento, denominato e-policy, che le supporti nell’educazione e nella formazione all’uso consapevole e sicuro delle tecnologie. Un ulteriore supporto per gli istituti, utile alla realizzazione di attività didattiche ed educative da realizzare in classe, risulta essere il kit didattico.

L’obiettivo del MIM, attraverso il progetto SIC, è rendere il web un luogo più sicuro per i giovani, contrastando il cyberbullismo e promuovendo un uso positivo e consapevole della rete, oltre che le capacità di sintesi e valutazione critica dei contenuti online. Cofinanziato dalla Commissione Europea, in linea con le Politiche Europee del cd. “Better Internet for Kids”, il progetto SIC è coordinato dal 2012 dalla Direzione Generale per lo Studente, l’Inclusione e l’Orientamento Scolastico del Ministero. Il progetto si avvale del partenariato delle principali realtà italiane che si occupano di sicurezza in rete e comunicazione: Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, la Polizia di Stato, gli Atenei di Firenze e “La Sapienza” di Roma, Save the Children Italia, Telefono Azzurro, la Cooperativa EDI Onlus, Skuola.net e l’Ente Giffoni Experience.

Il video della diretta del 21 settembre

MIM



martedì 20 settembre 2022

ADOLESCENTI ABBANDONATI ALA RETE


Con il Lego tra i ragazzi iperconnessi 

 - di VIVIANA DALOISO

Ore 8.45, terza media di un istituto dell’hinterland milanese. Il sacco pieno di Lego in una mano, le cartelle del Bingo nell’altra. A ogni studente ne viene distribuita una: al posto dei numeri ci sono frasi. «Ha un profilo social seguito da più di 300 follower», «Guarda video su YouTube», «Manda più di 50 messaggi al giorno su WhatsApp» e così via, fino alle condivisioni, ai video su Tik Tok, a chi il telefono lo tiene acceso anche di notte, a chi condivide foto e video.

Alessandro alza la mano annoiato: «E adesso che ci facciamo?». L’educatore risponde: «Adesso giochiamo». Ogni giorno in 150 scuole italiane – prima di vietarne l’uso, prima di chiedere di rinchiuderlo in un cassetto e riprenderlo alla fine delle lezioni – c’è chi prova a insegnare ai ragazzi a usare il cellulare come uno strumento.

Che è quello che dovrebbe essere, o tornare ad essere. Che è quello che gli adulti – a cui pure al liceo Malpighi di Bologna in queste ore i cellulari sono stati tolti – forse per primi, come uno strumento soltanto, non usano più.

Non servono trattati di psicologia o lunghe prediche su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato a chi vive già connesso h24: «Serve provare a connettere i ragazzi con loro stessi, ridando anima e senso a quello che col cellulare fanno» spiega Ivano Zoppi, pedagogista e segretario generale di Fondazione Carolina, in prima linea ormai da anni sul fronte dell’educazione digitale (e su quello strettamente connesso della prevenzione al cyberbullismo). Di qui il Bingo: ad Alessandro e i suoi compagni viene chiesto di alzarsi e di parlare con gli altri, chiedendo loro se fanno o hanno fatto una delle azioni riportate nelle caselle. Vince chi per primo le completa – facendole firmare –, il che in effetti avviene piuttosto in fretta. Perché chiunque ha un profilo social, già a 13 anni; perché chiunque pubblica video su Tik Tok, passa il tempo su You-Tube, naviga senza il controllo degli adulti, chatta con gli sconosciuti nei videogiochi, partecipa a una challenge. «Che non lo faccia a scuola, può senz’altro avere conseguenze positive. Ma il punto – prosegue Zoppi – è che, in qualsiasi altro momento della giornata e ovunque lo faccia, abbia consapevolezza di quello che fa e di come lo fa». A questo punto le azioni descritte nelle caselle vengono prese in esame, una ad una: perché si ha un profilo social anche se la legge non lo consente ancora? Come mai si chatta di notte? Con che rispetto verso l’altro si condivide una sua foto mentre sta facendo qualcosa di stupido, o imbarazzante? Che cosa proviamo se viene fatto lo stesso con noi? E via dicendo.

 In classe si apre il confronto, fioccano le domande. Che scatenano risate, piccole confessioni, dibattito. «Il profilo me lo ha aperto mia madre – racconta Elena –, se ero fuori dalla chat di classe e di pallavolo non ero nessuno». «Me che vuol dire? – sbotta la sua vicina di banco, Cristina – Mica sei qualcuno perché hai le chat». «E invece sì» interviene ancora Alessandro dall’ultima fila, che annoiato non lo è più. L’occasione è buona, per l’educatore, per suggerire ai ragazzi che la loro identità con lo smartphone non c’entra affatto. A questo scopo viene proposto loro di costruire un avatar con il Lego, che viene poi preso in esame da tutti, osservato, messo in relazione con gli altri. E poi, ancora, di costruire una “scatola degli attrezzi”, con la “pinza delle responsabilità”, il “nastro della privacy”, il “martello delle regole”: su ogni oggetto si discute, si passa del tempo a guardarlo da lontano, il cellulare, per capire cos’è e «perché non può diventare il contenitore della loro vita». A compiere questo e altri percorsi, nell’ultimo anno scolastico, sono stati oltre 70mila studenti soltanto con Fondazione Carolina. Che della responsabilizzazione dei ragazzi e della formazione degli adulti (genitori, insegnanti, educatori, allenatori, catechisti) ha fatto i suoi pilastri: «Spesso veniamo chiamati in scenari di emergenza – continua Zoppi – laddove sono accaduti fatti gravi legati all’uso sbagliato degli smartphone e al cyberbullismo ». Quando è troppo tardi, cioè, per educazione e prevenzione. Ma la consapevolezza dei dirigenti sta crescendo, «complice il vissuto del Covid, gli anni della Dad e il malessere crescente dei ragazzi». Che vivendo sugli smartphone, sugli smartphone anche parlano, amano, odiano, litigano, soffrono, a volte purtroppo muoiono. «La sensazione che abbiamo, dalle scuole nel centro di Milano fino a quelle della periferia di Lecce, è che siano persi, travolti da un’esposizione di cui ignorano regole e modalità. Soprattutto, drammaticamente invisibili agli adulti». Adulti che ai percorsi di Carolina, sempre pensati per un momento di raccordo anche con le famiglie, partecipano pochissimo (appena 10mila le mamme e i papà degli studenti incontrati sui 70mila ragazzi di cui si diceva poco fa, contro i 140mila attesi) e che nel 75% dei casi problematici legati all’uso dei cellulari (dalle molestie fino al cyberbullismo) dai figli non vengono minimamente coinvolti «per sfiducia, per paura, più spesso perché del tutto disinteressati ai loro problemi». Ed ecco perché, allora, chiudere lo smartphone in una scatola sei ore al giorno rischia di assomigliare più a un alibi: «A rimanere aperta, e sanguinante, è la ferita dell’educazione».

www.avvenire.it

 

 

mercoledì 17 agosto 2022

CONNESSI, MA SOLI


 La connessione da sola non basta per comunicare

Il prefetto del Dicastero per la Comunicazione è intervenuto al Signis World Congress, Congresso mondiale dell' Associazione cattolica per la comunicazione, che quest’anno si tiene a Seul alla presenza di circa 300 partecipanti da 31 Paesi. “L'unico modo per rispondere alla sfida della tecnologia è quello di non pensarla come un idolo"

 -         di Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

 

Ci sono cose che la tecnologia non può sostituire. “Come la libertà. Come il miracolo dell’incontro fra le persone, la sorpresa dell’inatteso, la conversione, lo scatto dell’ingegno, l’amore gratuito”. È quanto ha affermato Paolo Ruffini, intervenendo in apertura del Congresso mondiale della rete cattolica “Signis”, associazione internazionale per i professionisti cattolici nell’ambito della comunicazione. L’evento, incentrato quest’anno sul tema "Pace nel mondo digitale", si svolge a Seul fino al prossimo 18 agosto e vede riuniti circa 300 partecipanti giunti da tutti i continenti. Proprio la capitale sudcoreana si prepara ad essere la prima città a varcare - come città - il confine del meta-verso e a rendere più efficienti i propri servizi.

Iperconnessi ma anche soli

Il prefetto del Dicastero per la Comunicazione ha ricordato che la tecnologia, frutto dell’ingegno umano, permette oggi cose - come le teleconferenze, la telemedicina, l’e-commerce - “che erano impensabili solo pochi decenni fa”. Ma il paradosso del nostro tempo, ha sottolineato, è che “siamo iperconnessi e anche soli”. “Il problema è esattamente qui. Quando non c’è più comunicazione, ma solo connessione”. È allora che “bisogna mettersi in discussione, fare un esame di coscienza personale e collettivo”. E rispondere ad alcune domande. Come è possibile essere allo stesso tempo iperconnessi, e terribilmente soli? Cosa manca alla nostra connessione per colmare questa solitudine? “L’unico modo per rispondere alla sfida della tecnologia – ha detto Paolo Ruffini - è quello di non pensarla come un idolo. Ma anche di non demonizzarla. Di non credere le sia affidato il compito di redimere l’umanità. Ma anche di non pensare che dipenda da essa la sua perdizione”.

La felicità non si compra

Paolo Ruffini ha inoltre ricordato che nel 2014 proprio nella Repubblica di Corea Papa Francesco, rispondendo ad una ragazza durante l’incontro con i giovani nel Santuario di Solmoe, aveva sottolineato che “la felicità non si compra”. “E quando tu compri una felicità - aveva aggiunto il Pontefice - poi te ne accorgi che quella felicità se n’è andata… Non dura la felicità che si compra. Soltanto la felicità dell’amore, questa è quella che dura”. “Il consumismo – ha poi affermato Paolo Ruffini - scambia la soddisfazione a breve termine con la felicità più profonda e duratura”. “Noi sappiamo di non essere solo dei consumatori. E tantomeno degli oggetti da consumare. Noi sappiamo benissimo che solo una relazione, una connessione fondata sull’amore può renderci meno soli, può durare, può renderci felici”. “E l’amore - ha osservato il prefetto del Dicastero per la Comunicazione - si basa su questa fragilità suprema che è il sentire il bisogno di amore, di amare e di essere amati, di donare e di donarsi. Qui è la radice di ogni comunicazione. Per questo la connessione da sola non basta”.

I rischi delle social network communities

Nel suo intervento Paolo Ruffini si è poi soffermato sulle social network communities. Come ha scritto Papa Francesco nel suo messaggio per la 53.ma giornata delle comunicazioni sociali, queste reti non sono automaticamente sinonimo di comunità: “Troppe volte la loro identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, di chi è estraneo al gruppo”. “Troppe volte si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce. Dà spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri)”. “E quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo diventa una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo”.

Un nuovo umanesimo

La sfida del buon giornalismo, che è anche la sfida di Signis, è quella di “trovare vie nuove per una nuova comunicazione”, di contaminare i generi e i linguaggi “puntando sul dialogo piuttosto che sul marketing delle idee, sull’intelligenza come categoria morale piuttosto che sul moralismo fanatico della folla”. “Serve creatività – come ha detto recentemente il Papa in Quebec - per raggiungere le persone laddove vivono, trovando occasioni di ascolto, di dialogo e di incontro. Occorre ritornare all’essenzialità e all’entusiasmo degli Atti degli Apostoli”. I comunicatori cattolici, i giornalisti cattolici, tutti gli uomini e le donne di buona volontà impegnati “sul fronte difficile e grandioso che è la comunicazione possiamo essere protagonisti di un nuovo umanesimo, incarnato in comunità attive e partecipate, esempio di una nuova idea di cittadinanza”.

Incontri in presenza, conferenze virtuali sull’uso dei media, tra cui i social media. È questo l’orizzonte verso cui si orientano quest’anno i lavori del Signis World Congress.  “L’uso dei media digitali, specialmente dei social media – si legge nel messaggio inviato nel mese di giugno del 2022 da Papa Francesco in vista di questo Congresso - ha sollevato un gran numero di questioni etiche serie che richiedono un giudizio  saggio e perspicace da parte dei comunicatori e di tutti coloro che si occupano dell’autenticità e della qualità delle relazioni umane. A volte e in alcuni luoghi, i siti dei media sono diventati ambiti di tossicità, incitamento all’odio e notizie false. Nell’affrontare questa sfida, Signis può svolgere un ruolo importante attraverso l’educazione ai mezzi di comunicazione e una rete di media cattolici, e combattendo bugie e disinformazione".

 

Vatican News