è un atto
di resistenza
rivoluzionaria
-
di Lorenzo Rosoli
Dalla
guerra a Gaza al fine vita, passando per la sinodalità, ecco tutti i temi
toccati.
L'educazione
alla pace come «atto di resistenza rivoluzionaria» in tempi in cui «si teorizza
che la guerra sia una compagna naturale della storia dell'uomo».
La
pace come «vocazione» dell'Italia e dell'Europa che la Chiesa vuole aiutare a
promuovere e realizzare.
L'impegno
per una «rinnovata passione per la vita», che va difesa «dal suo inizio alla
fine».
La
risposta al “bisogno” di «una rinascita della Chiesa come comunità, che generi
santità e speranza per il futuro», come emerge dal «desiderio di spiritualità,
di interiorità, di comunione e di Chiesa» che le nuove generazioni hanno
manifestato al Giubileo dei giovani come in occasione delle recenti
canonizzazioni di Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis.
Il
Cammino sinodale delle Chiese in Italia che offre al cammino dei prossimi anni
la sfida di costruire Chiese «sempre più missionarie e comunionali».
È
un invito a «guardare le sfide ecclesiali e sociali del nostro tempo come
farebbe Gesù» quello lanciato dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della
Conferenza episcopale italiana, nell'Introduzione ai lavori della sessione
autunnale del Consiglio episcopale permanente, che si è aperta oggi pomeriggio
a Gorizia, dove proseguirà fino a mercoledì 24 settembre.
E
che, martedì 23, offrirà due momenti particolarmente significativi: nel
pomeriggio l'incontro dei vescovi italiani con i confratelli sloveni e croati;
a sera la veglia di preghiera per la pace nel mondo che – con la partecipazione
di giovani italiani e sloveni – verrà celebrata in piazza Transalpina, ieri
luogo simbolo di un mondo lacerato dalle guerre e dalle ideologie, oggi invece
luogo simbolo dell'incontro e della fraternità fra i popoli.
Luogo
che ci ricorda che «niente del passato va perduto», ma che «nessun confine è
invalicabile», come ha ricordato il presidente della Cei spiegando il motivo
per cui questo Consiglio permanente viene celebrato a Gorizia – su invito del
suo arcivescovo Carlo Roberto Maria Redaelli, nell'anno in cui Gorizia e Nova
Gorica sono, insieme, prima capitale europea transfrontaliera della cultura.
Le
prime parole del cardinale Zuppi sono dedicate ad un suo predecessore alla
presidenza della Cei, il cardinale Camillo Ruini, perché dopo le notizie sul
suo ricovero in ospedale, il porporato si possa al più presto e al meglio
ristabilire in salute (sia il cardinale vicario di Roma Baldo Reina sia il
vescovo Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico della Cattolica, hanno
confermato dal canto loro il miglioramento delle sue condizioni).
Ecco,
quindi, Zuppi ricordare la vocazione di Gorizia come «segno visibile di unità e
di dialogo», ha detto citando Giovanni Paolo II.
Ed
eccolo allargare subito lo sguardo all'Europa per rievocarne le fatiche e le
fragilità ma anche la vocazione, quella di essere «maestra di pace», che chiama
a rilanciare il «sogno di Giovanni Paolo II» perché l'Europa «respiri a due
polmoni», e ad impegnarsi per «dare anima all'Europa e difenderne i valori
fondativi con una nuova Camaldoli».
Lo
scenario, ne è consapevole il presidente della Cei, è quello della «paura del
futuro».
E
di un moltiplicarsi delle guerre che, citando papa Francesco, lasciano il mondo
sempre peggiore di come l'hanno trovato.
«La
guerra ha già reso peggiore la vita di tanti Paesi e di milioni di persone» ha
sottolineato Zuppi.
E
«come non pensare a Gaza», ha subito aggiunto, rilanciando le parole e gli
appelli di Leone XIV e assicurando che, «come Chiesa italiana, continueremo ad
alleviare la crisi umanitaria e la sofferenza inaccettabile e ingiustificabile
con ulteriori iniziative di cui daremo notizia prossimamente» (e a braccio ha
aggiunto di sperare in un «presidio a Gaza» da realizzare «presto»).
Altra
dimostrazione che «la guerra è il fallimento della politica e dell'umanità» è
l'Ucraina.
Tornando
ad ampliare lo sguardo: «è avvenuto un cambio di paradigma, ormai
generalizzato, con la riabilitazione della guerra come strumento politico o di
affermazione dei propri interessi».
Mentre
la crisi dell'Onu chiama a riprendere e rilanciare le parole con cui Paolo VI
cinquant'anni fa – era il 4 ottobre 1965 – riconobbe nell'Organizzazione delle
Nazioni Unite «il riflesso del disegno trascendente e amoroso di Dio circa il
progresso del consorzio umano sulla terra».
Siamo
nella «età della forza» e, per dirla con Leone XIV, al tempo della
«globalizzazione dell'impotenza» alla quale rispondere con quella «cultura
della riconciliazione» e quella pace che «inizia dalla prossimità» che tanti
testimoni cristiani hanno saputo vivere e seminare «nella tempesta del male».
La
sfida, dunque: educare alla pace – e fare delle parrocchie e delle comunità
cristiane case di pace e di non violenza – per non «rimanere intrappolati nella
polarizzazione» che disumanizza l'interlocutore e semina odio.
Altro
tema cruciale dell'Introduzione del presidente della Cei: «La Chiesa, fedele al
Vangelo di Cristo, aiuta una rinnovata passione per la vita, che difende dal
suo inizio alla fine, trasmette la gioia di donarla, la bellezza della
famiglia, il senso di essere comunità, rappresenta un noi attraente e umano».
Ecco
dunque il cardinale Zuppi riaffermare quanto dichiarato in tempi recenti,
perché «si giunga, a livello nazionale, a interventi che tutelino nel miglior
modo possibile la vita, favoriscano l'accompagnamento e la cura nella malattia,
sostengano le famiglie nelle situazioni di sofferenza.
Ribadiamo,
peraltro, che la legge sulle cure palliative non ha ancora trovato completa
attuazione» e non si è raggiunto l'obiettivo di renderle davvero garantite a
tutti.
«Sulla
vita non ci possono essere polarizzazioni o giochi al ribasso» ha affermato
Zuppi.
Ecco,
infine, le parole dedicate al Giubileo dei giovani e alle canonizzazioni di
Frassati e Acutis a ricordare che «c'è bisogno di una rinascita della Chiesa
come comunità, che generi santità e speranza per il futuro; comunità che non
siano aziende, ma famiglia di coloro che «ascoltano e mettono in pratica la
Parola annunciando la fede nel Cristo risorto e nella vita eterna».
Le
comunità cristiane siano «luoghi dove imparare a volersi bene», nella luce di
quella Parola che verrà meditata nella veglia di domani – «Cristo è la nostra
pace», dalla lettera agli Efesini. Ebbene: «La grazia che chiediamo in questi
ultimi mesi del Giubileo” è che “la speranza rifiorisca nella Chiesa».
«Dopo
questo Giubileo, con la grazia di questo Anno, siamo chiamati a guardare con
uno sguardo missionario il futuro del nostro Paese».
Perciò
serve una Chiesa «creatrice di fraternità» e che «genera comunità».
Declinazione
ulteriore di questa «amicizia ecclesiale», ha concluso Zuppi, si coglie «negli
ultimi passi del Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia».
Ebbene:
se «il Cammino sinodale finirà verosimilmente tra un mese», con la terza
Assemblea sinodale del 25 ottobre, «come vescovi ci attende un impegno delicato
che va ben oltre, e riguarda i prossimi passi delle nostre Chiese: accogliere,
discernere e concretizzare quanto ci verrà consegnato dall'Assemblea sinodale»,
per fare della sinodalità «uno stile e una serie di scelte operative,
coinvolgenti, fraterne e protetiche», per costruire Chiese «sempre più
missionarie e comunionali».
Si
tratta, dunque, di guardare alla Chiesa e alla società «come farebbe Gesù».
Ecco:
«Forse a noi spetta il compito di seminare e ad altri di mietere».
Quello
che conta è «essere portatori di speranza come i giovani che sanno costruire il
loro futuro, diventare costruttori umili e tenaci di una pace giusta e di tanta
fraternità tra le persone».
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