Chi sceglie i ragazzi rischia
Alla
Fiera delle Parole di Padova, il filosofo Umberto Galimberti ha tenuto una
lectio magistralis dal titolo “La tecnica, la terra e l’uomo. Un filo da
ricucire”, analizzando la crisi dell’epoca contemporanea e dedicando passaggi
cruciali alla condizione giovanile e al ruolo della scuola. Nel suo intervento,
Galimberti ha denunciato come l’età della tecnica abbia privato l’esistenza di
senso, con conseguenze drammatiche soprattutto per le nuove generazioni.
Galimberti
ha affermato che i giovani di oggi soffrono per una ragione culturale, non
semplicemente psicologica. Al centro della loro sofferenza c’è l’assenza di
prospettive: “per loro è stato tolto il futuro”, ha dichiarato il filosofo,
spiegando come la droga rappresenti per molti ragazzi un anestetico
dall’angoscia che provano quando “sporgono lo sguardo sul futuro”. Poi ha
invitato genitori e nonni a non ripetere la frase “ai miei tempi”,
sottolineando che nelle generazioni precedenti il futuro “era lì ad
aspettarmi”. Galimberti ha ricordato di aver insegnato filosofia in un liceo a
ventun anni, quando ancora non era laureato, perché “non c’erano filosofi” e il
futuro era accessibile. Oggi, invece, chi studia filosofia “potrà fare cose
eccellenti ma non potrà mai insegnare filosofia”.
La
condizione giovanile contemporanea è caratterizzata da quella che Nietzsche
definiva nichilismo: “manca lo scopo, il futuro non è più una promessa, manca
la risposta al perché”. Perché studiare, perché lavorare, perché stare al mondo
sono domande che non trovano più risposte convincenti in un’epoca dominata
dalla tecnica e dalla mancanza di senso.
Scuola
ingabbiata dall’apparato
Galimberti
ha dedicato un passaggio importante alla scuola, denunciandone la
trasformazione in apparato tecnico che privilegia l’esecuzione dei programmi
ministeriali rispetto alla cura degli studenti. Il filosofo, poi, illustrato un
esempio emblematico: un insegnante che svolge tutti i programmi dall’inizio
alla fine “senza aver mai guardato in faccia uno studente, senza averlo mai
seguito in quell’età incerta che si chiama adolescenza caratterizzata da
entusiasmi vertiginosi e depressioni abissali” viene premiato dal sistema. Al
contrario, un docente che si occupa degli studenti, che parla con loro, che li
segue nella loro evoluzione adolescenziale ma non termina i programmi “rischia
il posto”.
La
scuola, secondo Galimberti, è diventata uno dei tanti apparati che impongono
“azioni prescritte e descritte” secondo i valori della tecnica: efficienza,
produttività, velocizzazione del tempo. L’insegnante è ridotto a funzionario
che deve garantire il funzionamento del sistema, proprio come accade in banca,
in ospedale o in tribunale. La logica sottesa è quella che Galimberti definisce
“logica nazista”, citando le riflessioni di Gunther Anders: ciò che conta non è
cosa si prova, ma far funzionare il sistema.
Cambiare
paradigma
Per
uscire da questa situazione, il filosofo ha proposto un radicale cambiamento di
paradigma: passare dall’antropocentrismo cristiano al biocentrismo, ponendo al
centro non più l’uomo ma la vita di tutti i viventi. Poi ha Francesco d’Assisi
come precursore di questa visione, capace di parlare di “fratello sole, sorella
luna, fratello lupo”, superando l’idea dell’uomo al vertice del creato. Solo
attraverso un’evoluzione culturale, ha concluso Galimberti, sarà possibile
difendere la terra e garantire un futuro alle nuove generazioni. La cultura
rimane infatti “l’antitesi massima al potere” perché crea persone critiche,
capaci di pensare e obiettare.
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