FARE IDEOLOGIA NON AIUTA GLI STUDENTI
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di Alessandro Artini
Ieri
mattina, dopo essermi svegliato, e aver dato un’occhiata alle cronache dei
giornali on line, ho avuto la netta impressione di avere una quarantina di anni
in meno. Inizialmente la cosa mi pareva piacevole, ma poi, considerato che a
una certa età capita di avere dei disorientamenti, mi sono immediatamente
interrogato sulle mie condizioni di salute. Subito dopo, però, ho provato
tutt’altra sensazione: quella che anche il nostro Paese fosse tornato indietro.
Così ho capito che non si trattava di una questione fisica o di una patologia
personale. E mi sono risollevato.
Tutto
nasce dalla vicenda dell’aggressione perpetrata, sabato scorso, ai danni di
alcuni alunni di un collettivo studentesco del Liceo Michelangelo di Firenze,
nell’area antistante all’entrata del liceo stesso, da parte di giovani del
gruppo di Azione Studentesca, che erano lì presenti per effettuare un
volantinaggio.
Sembra
che, quando gli studenti del Collettivo del liceo hanno contestato i contenuti
dei volantini, si sia scatenata immediatamente la reazione dei giovani di
destra che, per la velocità di esecuzione, è parsa preordinata. Fortunatamente
non vi sono stati gravi danni alle persone, ma senz’altro si è corso il rischio
che le cose volgessero al peggio. Poi, da quel momento, è stato tutto un
susseguirsi di dichiarazioni da parte di politici, sindacalisti, uomini delle
istituzioni, ecc. Così, si è creata una bolla di commenti che è arrivata
perfino in Parlamento.
Ovviamente
premettiamo (non sarebbe necessario, ma non si sa mai) che ogni violenza deve
essere condannata in quanto tale. Tuttavia, osserviamo che di scazzottate,
perché di questo si è trattato, ce ne sono ogni giorno e, a leggere bene le
cronache, nel nostro Paese accadono aggressioni ben più gravi, nel mondo dei
giovani. Mi limito a citare quelle delle tifoserie calcistiche, quelle delle
baby gang, quelle dei bulli nelle scuole, quelle sessuali e potrei andare
avanti. Dunque, cos’ha di importante la scazzottata davanti al “Miche” di
Firenze?
Ciò
che emerge, dietro a quella vicenda, è che c’è l’ideologia, che, almeno
all’apparenza, ha motivato il tafferuglio. Fascismo? Be’, se si parla di
questo, non si può dimenticare l’aspetto deuteragonistico, che è quello del
comunismo. Così sono tornato alla mia giovinezza del secolo scorso. Ma questo
mondo esiste tutt’oggi?
Certamente
esiste nella mente dei protagonisti della scazzottata. Si consideri, tuttavia,
la cosiddetta legge di Thomas. Essa suggerisce che, se le persone definiscono
come reali certe situazioni, queste saranno reali nelle loro conseguenze.
Fascismo e comunismo sono anticaglie in disuso e molti giovani, probabilmente
anche quelli che si sono scontrati, vivono condizioni di solitudine, di
disinteresse e disadattamento scolastico (conosco la storia di qualcuno dei
“picchiatori”), di incapacità relazionale con il proprio e con l’altro sesso.
Giovani perlopiù infelici e rabbiosi, spavaldi rispetto alla vita, nella quale
non intravedono alcuna sensatezza. Già, ma sono fascisti.
Anche
gli altri, quelli dell’altra parte della barricata, spesso vivono le stesse
condizioni di nichilismo. Sono accomunati ai loro antagonisti dallo stesso
vuoto interiore e dalla stessa pesantezza esistenziale, riempita in maniera
posticcia dalla socialità dello smartphone. Già, ma sono comunisti.
E
così siamo tornati nel rutilante mondo delle ideologie dove finalmente le cose
hanno un senso: quello per cui ci si divide felicemente e prodemente in
fascisti e comunisti.
Ma
basta tutto ciò per rendere effettiva la legge di Thomas e inverare il ritorno
agli anni Settanta (e seguenti)? No, perché i giovani occupano i loro spazi
sociali, che non sono quelli dei media tradizionali, tutt’oggi più diffusi.
Affinché una situazione immaginata ambisca ad acquisire lo statuto di realtà,
occorre che essa sia condivisa dagli adulti, i quali hanno effettivamente gli
strumenti di persuasione di massa.
Ed
ecco che alcuni politici appaiono poco convinti nella condanna della violenza
commessa al “Miche” e dell’ideologia che l’ha indotta, affatto dissonante con
una società di democrazia matura come la nostra. Altri politici, con un
atteggiamento complementare, parlano di “squadrismo”. E il nostro Paese è
ricaduto un secolo addietro, ai tempi della marcia su Roma, che, nella sua
infausta attuazione, è stata recentemente ricordata. Ma davvero ci sono gli
squadristi, quelli che distruggono le sedi dei partiti di sinistra e dei
sindacati, bruciano le case dei principali esponenti antifascisti, bastonano,
somministrano l’olio di ricino e commettono omicidi?
Si
obietterà che ancora non è così ma potrebbe esserlo. Già, ma questa risposta è
apodittica e vale in qualsiasi tempo e luogo, perché auto-evidente. Nel
frattempo, cosa succederà in un mondo in cui imperversano gli squadristi? Forse
molti giovani si prepareranno alla “resistenza antifascista”?
Una
politica senza ideali ripropone ideologie polverose e obsolete. Di mezzo, però,
ci sono i giovani.
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