Viviamo rinnovando
il nostro quotidiano cammino
di conversione
- di P. Giuseppe Oddone*
-
La storia di Gesù non
finisce con la sua crocifissione e la sua sepoltura, anzi la presenza di Gesù
riesplode con potenza divina nel primo giorno dopo il sabato. Dobbiamo essere
pertanto “pellegrini di speranza”, di quella virtù teologale che lega il nostro
impegno terreno, stimolato dalla grazia divina, al nostro destino eterno.
La speranza è l’attesa certa
della gloria futura, della vittoria di Cristo sul male e sul peccato, prodotta
in noi dalla presenza dello Spirito: la speranza è “grazia di operare”, qui e
ora, nel concreto della vita, mettendo a disposizione del regno di Dio tutte le
nostre energie fisiche e spirituali.
La speranza cristiana,
secondo le parole del nostro poeta Dante (Canto XXV del Paradiso), ti
“innamora”, ossia anima di amore tutta la tua attività per il Bene, “infiora la
mente”, ti “diletta”, ossia ti riempie di gioia come in una perenne primavera,
è una “luce” che discende nella tua vita da molte stelle, ossia da tanti passi
della Parola di Dio, è una “stilla”, una goccia continua di grazia, azione dopo
azione, che riempie, colma il nostro cuore, fino a che diventa una “pioggia”
che riversiamo su quanti sono in contatto con noi.
Riflettiamo brevemente sui
motivi pasquali della speranza cristiana. Gesù Risorto ci porta una ricchezza
di doni, per i quali dobbiamo sempre ringraziare. Prima di tutto diffonde la
pace e la gioia nel cuore, perché Egli ci svela il senso del nostro nascere,
del nostro vivere, del nostro morire, del nostro risorgere, dato che nella
vita, nella morte ed oltre la vita siamo del Signore. Ci illumina sul senso del
nostro soffrire, perché la sofferenza passa, ma l’aver sofferto con amore è
eterno e Gesù Crocifisso e Risorto ci mostra, per farsi riconoscere, le sue
piaghe gloriose. Ci invia per le strade del mondo in missione perché
diffondiamo e testimoniamo il lieto annuncio che Egli vive in mezzo a noi. Se
confessiamo nella fede la sua Risurrezione Egli cancella i nostri peccati, ci
riempie del soffio potente del suo Spirito, ci immerge nella nuova creazione,
facendo di noi persone nuove.
Viviamo perciò l’Anno Santo
del Giubileo, rinnovando il nostro quotidiano cammino di conversione! La
risurrezione di Gesù è un fatto reale, anche se non può essere dimostrato con
le categorie storiche, perché rimane un mistero divino che supera la nostra
intelligenza. Vi si accede soltanto con la fede, che tuttavia ha dei concreti
riferimenti storici. La tomba di Cristo fu trovata vuota dalle donne e dai
discepoli, e questo fu anche constatato dagli avversari di Gesù. Le prime
testimonianze di fede che troviamo nei Vangeli sono semplicissime: “Il
Crocifisso è risorto! Non è qui. Vi precede in Galilea!” (Mc. 16, 6-7). La
Galilea è un luogo teologico per indicare la nostra vita quotidiana, fatta di
lavoro, di fatica, di appelli del Signore Risorto.
I primi credenti completarono la formula di
fede: “E’ risorto secondo le Scritture” (1 Cor. 15, 3). Tutta la Parola di Dio
dell’Antico e del nuovo Testamento converge verso questo punto focale. Il primo
annuncio di Pietro nel giorno di Pentecoste è tutto centrato sulla risurrezione
di Gesù: “ Questo Gesù Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni”
(Atti 2, 32). La stessa testimonianza danno anche Paolo e tutti gli altri
apostoli nella loro predicazione e nelle loro lettere indirizzate alle prime comunità
cristiane. Infine confermano la nostra fede le apparizioni del Risorto alle
donne ed ai discepoli, narrate in tutti e quattro i Vangeli. Sono apparizioni
sensibili, perché coinvolgono gli occhi, l’udito, il tatto e tutto lo spettro
delle emozioni.
Gesù prende l’iniziativa di
apparire, si fa riconoscere mostrando le sue piaghe e facendole toccare,
condividendo il pasto; e poi si fa continuare perché invia chi lo ha
riconosciuto a diffondere questo lieto annuncio. Spesso il riconoscimento non è
immediato, ma avviene attraverso un cammino, una riflessione sulle Scritture e
la frazione del pane (i discepoli di Emmaus), la pronuncia del nome personale
da parte di Gesù in un gesto di amore (Maria Maddalena), una pesca miracolosa
all’alba al comando di uno Sconosciuto dopo una notte di inutile fatica
(Giovanni e Pietro).
Ogni domenica, celebrando
l’Eucaristia, noi professiamo la nostra fede in Gesù Risorto, dichiariamo la
nostra speranza nella venuta di Gesù nella nostra vita, nella storia, alla fine
dei tempi, siamo coinvolti nel suo mistero pasquale di morte, risurrezione ed
ascensione al cielo, riceviamo ancora il dono del suo Spirito, ci nutriamo del
suo corpo e del suo sangue, costruiamo la Chiesa, madre dei Santi.
Comprendiamo allora la
testimonianza di alcuni martiri africani (Saturnino e compagni, morti nel 303
durante la persecuzione di Diocleziano) che, arrestati mentre celebrano
l’eucaristia affermano nel processo: “Sine dominico vivere non possumus”, cioè
non possiamo vivere senza la celebrazione domenicale della Pasqua del Signore,
senza partecipare al mistero della sua morte e risurrezione, senza nutrirci del
suo corpo dato e del del suo sangue versato per noi!
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