martedì 15 aprile 2025

PELLEGRINI DI SPERANZA

 


Auguri di Pasqua Anno Santo 2025


Viviamo rinnovando

 il nostro quotidiano cammino

 di conversione

 

-         di P. Giuseppe Oddone*

-          In questo Anno Santo 2025, segnato purtroppo ancora da tante sofferenze causate dalle guerre e dalle turbolenze internazionali, la Pasqua ci apre in modo particolare alla speranza, perché ci porta il più gioioso annuncio della nostra fede: Cristo è risorto da morte!

La storia di Gesù non finisce con la sua crocifissione e la sua sepoltura, anzi la presenza di Gesù riesplode con potenza divina nel primo giorno dopo il sabato. Dobbiamo essere pertanto “pellegrini di speranza”, di quella virtù teologale che lega il nostro impegno terreno, stimolato dalla grazia divina, al nostro destino eterno.

La speranza è l’attesa certa della gloria futura, della vittoria di Cristo sul male e sul peccato, prodotta in noi dalla presenza dello Spirito: la speranza è “grazia di operare”, qui e ora, nel concreto della vita, mettendo a disposizione del regno di Dio tutte le nostre energie fisiche e spirituali.

La speranza cristiana, secondo le parole del nostro poeta Dante (Canto XXV del Paradiso), ti “innamora”, ossia anima di amore tutta la tua attività per il Bene, “infiora la mente”, ti “diletta”, ossia ti riempie di gioia come in una perenne primavera, è una “luce” che discende nella tua vita da molte stelle, ossia da tanti passi della Parola di Dio, è una “stilla”, una goccia continua di grazia, azione dopo azione, che riempie, colma il nostro cuore, fino a che diventa una “pioggia” che riversiamo su quanti sono in contatto con noi.

Riflettiamo brevemente sui motivi pasquali della speranza cristiana. Gesù Risorto ci porta una ricchezza di doni, per i quali dobbiamo sempre ringraziare. Prima di tutto diffonde la pace e la gioia nel cuore, perché Egli ci svela il senso del nostro nascere, del nostro vivere, del nostro morire, del nostro risorgere, dato che nella vita, nella morte ed oltre la vita siamo del Signore. Ci illumina sul senso del nostro soffrire, perché la sofferenza passa, ma l’aver sofferto con amore è eterno e Gesù Crocifisso e Risorto ci mostra, per farsi riconoscere, le sue piaghe gloriose. Ci invia per le strade del mondo in missione perché diffondiamo e testimoniamo il lieto annuncio che Egli vive in mezzo a noi. Se confessiamo nella fede la sua Risurrezione Egli cancella i nostri peccati, ci riempie del soffio potente del suo Spirito, ci immerge nella nuova creazione, facendo di noi persone nuove.

Viviamo perciò l’Anno Santo del Giubileo, rinnovando il nostro quotidiano cammino di conversione! La risurrezione di Gesù è un fatto reale, anche se non può essere dimostrato con le categorie storiche, perché rimane un mistero divino che supera la nostra intelligenza. Vi si accede soltanto con la fede, che tuttavia ha dei concreti riferimenti storici. La tomba di Cristo fu trovata vuota dalle donne e dai discepoli, e questo fu anche constatato dagli avversari di Gesù. Le prime testimonianze di fede che troviamo nei Vangeli sono semplicissime: “Il Crocifisso è risorto! Non è qui. Vi precede in Galilea!” (Mc. 16, 6-7). La Galilea è un luogo teologico per indicare la nostra vita quotidiana, fatta di lavoro, di fatica, di appelli del Signore Risorto.

 I primi credenti completarono la formula di fede: “E’ risorto secondo le Scritture” (1 Cor. 15, 3). Tutta la Parola di Dio dell’Antico e del nuovo Testamento converge verso questo punto focale. Il primo annuncio di Pietro nel giorno di Pentecoste è tutto centrato sulla risurrezione di Gesù: “ Questo Gesù Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni” (Atti 2, 32). La stessa testimonianza danno anche Paolo e tutti gli altri apostoli nella loro predicazione e nelle loro lettere indirizzate alle prime comunità cristiane. Infine confermano la nostra fede le apparizioni del Risorto alle donne ed ai discepoli, narrate in tutti e quattro i Vangeli. Sono apparizioni sensibili, perché coinvolgono gli occhi, l’udito, il tatto e tutto lo spettro delle emozioni.

Gesù prende l’iniziativa di apparire, si fa riconoscere mostrando le sue piaghe e facendole toccare, condividendo il pasto; e poi si fa continuare perché invia chi lo ha riconosciuto a diffondere questo lieto annuncio. Spesso il riconoscimento non è immediato, ma avviene attraverso un cammino, una riflessione sulle Scritture e la frazione del pane (i discepoli di Emmaus), la pronuncia del nome personale da parte di Gesù in un gesto di amore (Maria Maddalena), una pesca miracolosa all’alba al comando di uno Sconosciuto dopo una notte di inutile fatica (Giovanni e Pietro).

Ogni domenica, celebrando l’Eucaristia, noi professiamo la nostra fede in Gesù Risorto, dichiariamo la nostra speranza nella venuta di Gesù nella nostra vita, nella storia, alla fine dei tempi, siamo coinvolti nel suo mistero pasquale di morte, risurrezione ed ascensione al cielo, riceviamo ancora il dono del suo Spirito, ci nutriamo del suo corpo e del suo sangue, costruiamo la Chiesa, madre dei Santi.

Comprendiamo allora la testimonianza di alcuni martiri africani (Saturnino e compagni, morti nel 303 durante la persecuzione di Diocleziano) che, arrestati mentre celebrano l’eucaristia affermano nel processo: “Sine dominico vivere non possumus”, cioè non possiamo vivere senza la celebrazione domenicale della Pasqua del Signore, senza partecipare al mistero della sua morte e risurrezione, senza nutrirci del suo corpo dato e del del suo sangue versato per noi!

 In sintesi la Pasqua ci aiuta a essere testimoni della speranza che è in noi, ci conferma nella fede che si nasce, si vive, si muore, si risorge nell’amore per – con – in Qualcuno, Gesù Risorto, il “Possente, con segno di vittoria coronato!” (Inf. IV, 53-54).

 *Assistente Ecclesiastico Nazionale AIMC e UCIIM


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