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di Luigi
Sanlorenzo
Occorrerà attendere lo storico Polibio e poi Marco Tullio
Cicerone, un avvocato del Foro di Roma, per avere della democrazia una
descrizione positiva che poi si farà strada nel pensiero filosofico e politico.
In tempi non lontani è stata invocata, ottenuta,
ridimensionata, oltraggiata, negata, perduta e riconquistata.
Winston Churchill ne coglieva i limiti ma ammetteva di non
avere idea di una forma migliore di convivenza e ne diventò il campione
nell’Europa funestata dai fascismi.
Tra le due epoche ed oltre, esiste una bibliografia
sterminata che il lettore potrà facilmente reperire e che, pertanto, ometterò.
Tralasciate le definizioni scolastiche, l’etimologia della
parola e le declinazioni peggiorate da aggettivi non sempre appropriati, più
utile può essere ragionare su quegli elementi che possono preservarla e se, del
caso, estenderla e migliorarla.
Sono gli “anticorpi” della democrazia cioè le difese che essa
può mettere in campo per opporsi ad ogni tentativo di corruzione dei propri
valori se non di annullamento dell’ intrinseco significato cui il termine
riconduce.
I tempi che viviamo ci hanno reso familiare il lessico della
biologia e della medicina e mai come oggi si parla di anticorpi, di sistema
immunitario, di difese dell’organismo e di barriere, naturali o chimiche,
contro l’attacco quotidiano che virus e batteri sferrano ogni giorno contro
tutti gli esseri viventi.
Risulterà così più facile analizzare il processo mediante il
quale la democrazia si difende, sopravvive, supera momenti drammatici o, per
converso, si indebolisce, vacilla e soccombe.
Il primo e più immediato riferimento è l’analisi del termine
“anticorpo” che sta a significare come ad un’ entità sia pure microscopica si
oppone a difesa un’altra di segno contrario e portatrice di un contenuto
cellulare diverso.
Perché ciò avvenga è necessario che quest’ultima esista, in
base al principio logico di non contraddizione che distingue A da non A.
Applicato a ciò che ci occupa in questo scritto, vuol dire
essenzialmente che il principale anticorpo di cui la democrazia dispone è la
conoscenza e la consapevolezza di ciò che essa è e delle potenzialità che
possiede.
Se in una società gli individui partecipano di una
definizione, generica, vaga e imprecisa, si è già in presenza di un forte
deficit immunitario e il corpo estraneo troverà facile breccia per farsi
strada, assumendo due principali caratteri: il populismo che fa leva sulle
emozioni profonde e sulle pulsioni istintive abilmente evocate e provocate e
l’egalitarismo che azzera competenze, meriti e valore, tradendo di fatto il
termine “democrazia” specifico contesto sociale e politico in cui non si è
affatto tutti uguali, se non davanti alle leggi contenenti diritti e doveri che
autonomamente e liberamente essa ha prodotto con il contributo di tutti e a
tutela di ciascuno.
I migliori e i peggiori
In ogni società esistono i “migliori” per eredità genetica,
capacità personali, inclinazioni naturali, livello culturale, abilità nel fare
le cose o nel farle accadere.
Si tratta di elementi che troppo spesso si vogliono far
risalire al censo o alle opportunità offerte dall’ambiente familiare e sociale;
spesso non è così, come dimostrano le biografie di personalità eccellenti
provenienti da condizioni sociali svantaggiate, contesti culturali carenti,
situazioni familiari devastanti.
Allo stesso modo, esistono, senza giri di parole, i
“peggiori” portati naturalmente a negarsi ad ogni opportunità di migliorare se
stessi e di confidare, in modo parassitario, sull’assistenza da parte degli
altri, pretesa come un diritto.
Essi adducono quale esimente del proprio destino il “sistema”
quale entità astratta cui attribuire le proprie sventure.
Avvinti da bisogni crescenti ed incapaci di emanciparsi,
perché non educati ed aiutati a farlo, costituiscono il milieu in cui si
sviluppano le peggiori tentazioni antidemocratiche alimentate da quanti sanno
come costruirvi sopra il proprio successo personale.
L’anticorpo di cui la democrazia dispone al riguardo è il
concetto di pari opportunità quale condizione di partenza offerta a tutti in
egual misura e consistenza, lasciando poi a ciascuno la libertà, ma anche la
responsabilità, di farne tesoro in ogni parte del mondo.
Istruzione, formazione e internazionalizzazione agevolate, se
non gratuite, per i meritevoli meno abbienti sono i suoi migliori alleati e non
mancano mai, quando ben gestiti, di dare i propri frutti.
Spesso gli ingenti fondi a ciò destinati sono stati stornati
altrove o restituiti, con vergogna, all’Unione Europea che ancora aspetta di
capire come mai l’Italia meridionale (cui si sono aggiunte nel 2020 anche
Sardegna e Molise) sia ancora tra le aree meno sviluppate del continente.
Un argomento inoppugnabile che abbiamo regalato ai “paesi
frugali” che di quei fondi hanno fatto tesoro per decenni.
Tra i “migliori” e i “peggiori” si estende il mare interno
dei mediocri in cui prevalgono la difesa di privilegi illegittimamente
acquisiti, l’appartenenza acritica a partiti o movimenti, il qualunquismo più
cinico, il perseguimento di interessi particolari, familiari o personali, messi
davanti a tutto ciò che può sapere di collettivo, di civile, di comunitario.
Denunciano ogni appartenenza come deviata, ogni competenza
come potere e, mentre attendono di salire sul carro del vincitore di turno,
pretendono di calpestare secoli di cultura e di progresso scientifico
esprimendo giudizi apodittici quanto banali, che in altri tempi non avrebbero
oltrepassato la soglia dell’osteria.
Oggi essi hanno a disposizione i social media su cui
“pubblicano” rutti in forma scritta o video, con cui intendono mettersi in pari
con quanti fino ad allora hanno invidiato e snobbato e che oggi odiano.
La democrazia dei like
Forse sarebbe meglio insistere sulla differenza tra
“pubblicare” e “postare” per ridimensionare il fenomeno e ricondurlo nell’alveo
di opinioni che, con i limiti invalicabili dell’insulto e della palese e
morbosa oscenità, tali sono e rimangono, se non suffragate da studi adeguati,
faticosi approfondimenti, antiche e recenti letture, concrete esperienze
professionali e di vita.
E’ la democrazia dei “like” come qualcuno ha voluto connotare
la nostra epoca.
E dai “like” alle piattaforme digitali che hanno sostituito
il processo di selezione delle classi dirigenti oggi magna pars nel governo del
Paese, il passo è breve.
Medesimo ragionamento può essere fatto su influencer di vario
genere e personaggi televisivi che avrebbero solo l’imbarazzo della scelta se
volessero candidarsi a ruoli cruciali per la vita democratica del Paese.
La chiamano “democrazia diretta” e su tale altare vengono
sacrificati secoli di elaborazione critica, di riflessione filosofica o
religiosa, di testimonianze concrete del ruolo svolto dalle Idee nel progresso
dell’Umanità.
Dal mancato rispetto del già citato principio di non
contraddizione che impone di distinguere tra ciò che è e ciò che non è, spesso
accompagnato da un ruolo non sempre obiettivo e trasparente dell’informazione,
origina l’assenza del principale anticorpo posto a difesa della democrazia.
Il bastione è stato demolito e i nemici della democrazia
possono procedere nella propria strategia di attacco.
Una seconda famiglia di anticorpi è costituita dai cosiddetti
“valori non negoziabili” posti a fondamento di ogni democrazia e quasi sempre
fissati in carte costituzionali su cui si innestano ogni successiva attività
legislativa, la legittimità dei comportamenti individuali e sociali, i limiti
del potere, i contrappesi istituzionali.
Va detto chiaramente che l’evoluzione della società, il
mutamento dei costumi, l’emergere di nuove soggettualità politiche e di nuove
aspirazioni ideali hanno il proprio limite invalicabile nel rispetto
dell’integrità fisica e spirituale di ciascun individuo e nel suo diritto a
difenderla direttamente nei limiti consentiti e, in ogni altro caso, a vederla
difesa dallo Stato democratico.
In quanto strettamente legato alla dignità di tutti gli
esseri umani, l’elenco dei valori non negoziabili contiene tutto ciò che fa
crescere una società in tale direzione ed espelle con determinazione tutto ciò
che limita e minaccia tale spinta vitale tesa verso il miglioramento della
condizione umana, come correntemente intesa nei paesi democratici.
I valori non negoziabili
Fermi i valori non negoziabili, contenuti in Italia nella
parte iniziale della Costituzione repubblicana del 1948 i cui primi dodici
articoli sono immodificabili, la dinamica legislativa si esprime senza
ulteriori condizionamenti ed ha lo scopo di attualizzare nella forma e mai
nella sostanza quei principi fondamentali per renderli fattuali e misurane nel
tempo l’efficacia sull’evoluzione della vita comunitaria.
Qui entra in gioco ancora una volta la dialettica democratica
che, garantita dalla citata permanenza dei valori fondamentali, è tenuta ad
applicare il principio della legittimità degli atti legislativi e
regolamentari, secondo la volontà espressa dalla società in libere elezioni in
cui si sono confrontate forme diverse di attuazione dei diritti e di rispetto
dei doveri.
Forme attuative, ribadisco, e non modificative dei valori
fondativi.
Tale vigilanza è affidata, com’è noto, al vaglio del
Presidente della Repubblica nel momento della promulgazione e in un’ultima
istanza alla Corte Costituzionale, se adita nelle forme previste da chi ne ha
titolo.
Tuttavia tale sofisticata architettura voluta dai Padri
Costituenti spesso viene aggirata da interventi legislativi o di decretazione
d’urgenza ad opera del Governo.
Va detto una volta per tutte che anche tali decisioni, che
vogliamo credere essere sempre urgenti, indifferibili e nell’interesse supremo
del Paese, non possono oltrepassare i confini costituzionali né sospendere le
libertà individuali garantite dalla Repubblica. Qualsiasi cedimento in tale
direzione fa cadere come birilli una serie di anticorpi essenziali per la vita
democratica e consente l’avanzamento di parecchi metri a chi sta scavando una
galleria di mina sotto i bastioni.
E’ a tale punto che intervengono altri anticorpi che,
impossibili da fissare sul vetrino del microscopio legislativo, rappresentano
l’ultima barriera all’infezione.
Si tratta della vasta gamma dei comportamenti individuali
assunti da ciascuno come parte integrante dell’identificazione nel contesto
sociale.
Non potendo essere regolati né, grazie al cielo, controllati
o sanzionati dall’impianto normativo, essi sono espressione dei principi di
autonomia e di responsabilità e del grado di civismo raggiunto e praticato
dalla cittadinanza.
Volendo essere estremamente chiari, significa che una
collettività che rispetta le leggi per timore delle sanzioni mentre le aggira
con furbizia ed espedienti è la più esposta al rischio del tramonto della
democrazia.
A maggior ragione se assume tali comportamenti come protesta
verso disposizioni che non ritiene le appartengano perché espresse da una
maggioranza politica rispetto alla quale si percepisce come oppositrice.
Il crollo della democrazia
E’ il crollo dell’architrave democratica che si regge proprio
sul riconoscimento della volontà della maggioranza, cui può e deve opporsi il
dibattito politico e il diritto di manifestazione pubblica ma mai
l’inosservanza o la violazione della legge, finchè la medesima è in vigore.
Ci fu chi bevve volentieri la cicuta per non contraddire tale
profondo convincimento.
I comportamenti individuali sono dunque l’ultima spiaggia
della democrazia, quella più esposta ai frangenti dell’umore popolare,
all’azione di erosione da parte di persuasori più o meno occulti e dei
mestatori di caos e disinformazione.
Da cosa sono dettati i comportamenti individuali in una
democrazia in buona salute?
Innanzitutto dal pieno convincimento dell’esistenza di un
patto che, oltre a quelli scritti, fonda la convivenza civile e la mette al
riparo dal diritto del più forte, delle menzogne del più furbo, dalle seduzioni
del più convincente.
Il paradosso è che mentre tale logica viene accettata e
pretesa ad ogni livello sociale dalla stragrande maggioranza dei tifosi
sportivi, è rifiutata da molti nella vita di tutti i giorni.
La ragione non è arcana: lo sport si fonda sulla passione ed
è amato e rispettato, la democrazia non è ancora, nel nostro paese, oggetto di
tali sentimenti e viene percepita da molti più come una tecnicalità politica
che come un valore, più come uno strumento che come un fine ideale in
progressiva realizzazione.
Come ogni amore ha nell’ affidamento al partner il proprio
principale anticorpo per la tenuta del rapporto, anche nell’esercizio della
democrazia la fiducia non è solo un sentimento ma anche una tappa formalizzata
per l’esercizio del potere e il collante tra le istituzioni chiamate in solido
a perseguire lealmente, ai diversi livelli territoriali ogni miglioramento.
Il fenomeno della sottovalutazione della democrazia non
riguarda tutti ma trova manifestazione laddove sin dall’atto originario,
l’espressione del voto, tale esperienza è vissuta all’insegna della
superficialità e spesso con il ricatto sui bisogni primari, scientemente
mantenuti tali in molte aree geografiche, perché unico modo di nascondere
l’incompetenza e l’inadeguatezza di singoli e di partiti sostituendovi forme di
protezione di questo o di quell’interesse particolare.
Quanto vale un singolo consenso in alcune periferie italiane?
In media, secondo le indagini svolte dalle Forze dell’Ordine
nei casi conclamati di voto di scambio, una ventina di euro, spesso anche meno.
Ed è gratis davanti a promesse di piccoli o grandi vantaggi
assicurati al singolo, magari in danno della collettività.
Troppo ampia è la casistica per trarne alcuni esempi, ma mi
colpì a suo tempo l’indignazione di un noto politico che in anni non troppo
lontani ebbe a dire «Quanti parroci hanno venduto il proprio voto ed impegnato
la propria influenza per vedere realizzato un campetto di calcio?»
L’ultima serie di anticorpi della democrazia è costituita dal
complesso degli atti ricompresi nella categoria della solidarietà universale ed
è ciò per cui ciascuno riconosce kantianamente nell’altro l’intera Umanità,
quindi se stesso, e come tale agisce senza bisogno di una legge, di un
regolamento, di una sanzione che lo costringa a qualcosa che non percepisce
come valore.
Quando la casa brucia non sono solo i Vigili del Fuoco a
salvare le persone ma anche coloro che, nell’attesa, immediatamente si lanciano
tra le fiamme per aiutare chi è in difficoltà. Quale molla scatta in un giovane
immigrato, magari considerato clandestino, per farlo tuffare in un canale
traendone un bambino che sta annegando o per consegnare ad un poliziotto un
portafogli smarrito?
Cosa induce una nazione in piena emergenza sanitaria a non
negare assistenza in mare a chi fugge verso un futuro migliore?
Cosa può portare un popolo ad osservare le regole, a
collaborare con la giustizia, ad essere guardiano della legalità, ad
autoimporsi limitazioni alla libertà individuale nel superiore convincimento di
fare la cosa giusta, innanzitutto per la comunità di cui si sente parte viva ed
attiva?
Soltanto il possesso di una profonda spiritualità civile e la
democrazia è una religione laica che non conosce chiese, sinagoghe o moschee ma
solo la dimensione della solidarietà tra esseri consapevoli della propria e
dell’altrui finitudine.
Fortificare gli anticorpi
Esiste una cura per fortificare gli anticorpi della
democrazia?
Un complesso vitaminico che somministrato costantemente
rafforzi le difese immunitarie insidiate dagli egoismi, dai particolarismi,
dall’ignavia e dall’indifferenza nei confronti degli altri?
Bastano alcune alte autorità morali a ricordare che tra gli
scartati dalla società fanno proseliti i principali nemici della democrazia?
Basterà quell’esercito di maestri elementari invocato da
Gesualdo Bufalino, se poi i migliori insegnamenti verranno rinnegati in
famiglia tra le mura domestiche?
Abbiamo abbastanza guide che accompagnino in età adulta la
crescita della consapevolezza democratica ? Nel dubbio ne ho scritto qualche
tempo fa.
https://www.linkiesta.it/.../italia-intellettuali.../
Nel gorgo della pandemia, come in un gigantesco maelstrom, si
è corso il rischio che emergessero i fantasmi del passato, trascinando sul
fondo i vecchi ritenuti inutili, i disabili considerati costosi, i giovani
lasciati preda di cattivi maestri sin dalla più tenera età.
Un tempo, almeno, nel corso di un naufragio risuonava il
grido “Prima le donne e i bambini!“ quasi rassegnandosi a salvare la
generatività futura, sacrificando il passato.
Quasi mai succedeva e tutti tranne i più coraggiosi si
accalcavano sulle scialuppe.
La verità è che non esistono alternative a salvarsi tutti
insieme.
O meglio, ne esiste solo una ed è quella di perdersi tutti
insieme.
In tale drammatica prospettiva l’unica arca a disposizione è
la difesa della democrazia, rafforzandone la paratie perché resistano ad
abbietti demolitori e alle onde suscitate dal vento panico di una società
smarrita che sull’orlo della disperazione potrebbe anche accettare di vendere
la propria anima al primo diavolo di passaggio che sa come illudere la
fragilità della natura umana.
In caso contrario a naufragare sarà l’intera umanità per come
ci è stata raccontata https://www.linkiesta.it/.../robinson-crusoe-naufragio.../
In un articolo pubblicato dal quotidiano Avvenire il 13
ottobre del 2006, sir Ralph Dahrendorf, il politologo di estrazione liberale
scomparso nel 2009 e autore di “Quadrare il cerchio: benessere economico,
coesione sociale e libertà politica” scrisse: “Bisogna poi stare attenti alla
falsa democrazia i cui rappresentanti in realtà non danno ascolto alla voce
della gente.
La repubblica di Weimar è stata correttamente definita come
una democrazia senza democratici ed è questa una delle ragioni per cui non è
durata.
Il suo contrario offre forse maggiori speranze.
Anche se non possiamo avere una democrazia mondiale e neppure
europea, almeno abbiamo i democratici: persone coscienti dei propri diritti che
prendono sul serio la responsabilità di difenderli attivamente“
La democrazia è un’idea filosofica venuta da lontano e,
nonostante abbia sulle spalle duemilacinquecento anni, affascina ancora il
mondo, può salvarlo dagli errori che esso stesso ha commesso e riaprire il
sentiero, pur costellato di dolori individuali e sociali, verso quella cima che
abbiamo imparato a chiamare resilienza e che con nomi diversi ha salvato i
superstiti nel corpo e nello spirito di altri tremendi riti di passaggio tra
un’epoca e un’altra della storia.
Se con determinazione, la democrazia e la solidarietà
diventeranno per tutti sentimenti profondi e istinti perfino più potenti di
quello della sopravvivenza, allora anche la prova che stiamo affrontando avrà
avuto il significato di un insegnamento profondo in grado di generare una nuova
umanità.
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