SULLE
INDICAZIONI NAZIONALI
Paura dell'altro, quale che sia. Rifiuto della complessità.
Necessità di controllo e prescrizione. Sono queste le critiche principali alle
nuove Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo mosse
dagli esperti che Dario Ianes ha coinvolto nel volume "Credere Obbedire
Insegnare". Il ministero intanto ha spostato al 17 aprile il termine per
consegnare il questionario. Il dibattito continua.
Se ripenso alle Indicazioni del 2012, arricchite
poi nel 2018, emerge un impianto culturale aperto, ampio e multiculturale, con
uno sguardo globale e un approccio inter- e transdisciplinare. Quelle
indicazioni si muovevano all’interno della complessità del mondo contemporaneo.
Un riferimento ispiratore era Edgar Morin, con la sua idea di una “testa ben
fatta”, capace di pensiero critico e autonomo, più che semplicemente “piena di
nozioni”. Si valorizzavano l’autonomia scolastica e la libertà di insegnamento.
Un cambio di paradigma: rigore e paura
Le Indicazioni 2025 si distinguono invece
per una visione della scuola più rigida, selettiva e classificatoria, che
appare scarsamente inclusiva e poco flessibile. Ma l’aspetto più marcato che
emerge è la dimensione della paura.
Le Indicazioni 2025 si distinguono per una visione della
scuola più rigida, selettiva e classificatoria, che appare scarsamente
inclusiva e poco flessibile. Ma l’aspetto più marcato che emerge è la
dimensione della paura
Paura del corpo degli studenti e delle studentesse, della loro sessualità e delle relazioni affettive, trascurando così completamente l’educazione alla sessualità e al benessere relazionale. Paura della mente autonoma, critica e libera. Paura della tecnologia, dell’intelligenza artificiale, della complessità epistemologica e della libertà di insegnamento.
Il rifiuto della complessità
Sembra emergere un rifiuto della complessità e della
globalità: si preferisce mantenere confini netti tra le discipline e si
promuove una visione centrata sull’identità italiana e occidentale. L’Altro —
sia esso culturale, epistemologico o pedagogico — appare come una minaccia, e
viene quindi escluso.
Questa logica porta a una forte necessità di controllo e
prescrizione, evidente sia nei contenuti da trattare sia nei testi da
utilizzare. Al contrario, le Indicazioni del 2012 si fondavano
sulla fiducia nei docenti e nella loro professionalità.
L’altro — sia esso culturale, epistemologico o pedagogico —
appare come una minaccia e viene quindi escluso. Questa logica porta a una
forte necessità di controllo e prescrizione, evidente sia nei contenuti da
trattare sia nei testi da utilizzare
Inclusione: una visione ristretta
Anche il concetto di inclusione proposto appare limitato: si
concentra solo su disabilità, Dsa e Bes, senza allargare lo sguardo a una
visione più ampia e rispettosa delle differenze umane. Colpisce
l’assenza di riferimenti a due temi cruciali per l’inclusione scolastica: la
nuova normativa sui Pei e le problematiche legate al personale di sostegno,
agli educatori e agli assistenti per l’autonomia e la comunicazione.
Fragilità disciplinari e linguaggio
Analizzando il testo delle nuove indicazioni nelle singole
discipline, si rilevano difformità stilistiche, imprecisioni e veri e propri
errori metodologici, già evidenziati in diversi contesti. Il linguaggio alterna
registri paternalistici e ingenuamente buonisti ad altri più arroganti,
ricorrendo talvolta a meccanismi retorici di captatio benevolentiae che
risultano poco efficaci e dissonanti.
Un confronto diretto e critico
Nel volume “Credere Obbedire Insegnare. Voci critiche
sulle Indicazioni Nazionali 2025 per il primo ciclo di istruzione” (Erickson),
abbiamo scelto di offrire un confronto diretto: le pagine di sinistra riportano
le vecchie indicazioni, quelle di destra le nuove, permettendo una lettura
comparativa chiara e immediata.
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