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giovedì 13 giugno 2024

UN CAMMINO DI SANTITA'


 Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita

LA SINODALITÀ

 E 

L’ESPERIENZA 

DEI MOVIMENTI

ABSTRACT

-        - di Elisa Lisiero*

Nei movimenti ecclesiali e, in generale, nelle realtà aggregative riconosciute dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, la dimensione della sinodalità procede dal loro essere e dalla loro natura comunionale e relazionale e tende ad una meta ben precisa, cioè la missione.

È quanto è emerso dalle sintesi della consultazione sinodale, realizzata durante la prima tappa del Sinodo nel 2022, in cui sono state coinvolte le realtà aggregative sotto la competenza diretta del Dicastero. 

Dai testi si evince una sinodalità tradotta in strutture e prassi concrete, sperimentate nel corso degli anni che, pur non essendo esenti da sfide e dalla necessità di un’ulteriore maturazione, costituiscono un’esperienza preziosa, posta al servizio della missione della Chiesa nelle sue differenti sfaccettature. Tali prassi e strutture possono essere ricondotte ad alcuni ambiti principali quali: la condivisione fraterna; il governo; la liturgia e la spiritualità; l’annuncio e la carità. Altre ineriscono al rapporto tra i vari movimenti e alla relazione con le chiese particolari.

Come si comprende dalla Relazione di sintesi della XVI  Assemblea Generale Ordinaria dei Sinodo dei Vescovi, Una Chiesa sinodale in missione, la pratica sinodale contiene in sé stessa una carica profetica: questo vale anche per le prassi e le strutture sinodali dei movimenti e delle realtà aggregative riconosciute dal Dicastero. 

In particolare, le strutture di condivisione fraterna, come piccoli gruppi e piccole comunità, che spesso costituiscono la trama associativa dei movimenti, testimoniano uno spirito di amicizia e di famiglia che sgorga da uno stesso carisma o da un ideale evangelico, in contrasto con l’individualismo e la solitudine che attanaglia la società odierna. Dalle modalità di governo, in cui si evidenziano pratiche di corresponsabilità, emerge un nuovo ideale di leadership partecipato e condiviso; la dimensione comunitaria della preghiera comunica la bellezza della fede vissuta secondo uno spirito di famiglia; l’annuncio, che procede in primo luogo dall’essere comunità, esprime la forza della comunione missionaria.

La dedizione ai poveri e agli esclusi, mediante azioni messe in campo insieme, trasmette uno sguardo nuovo di dignità e fraternità a chi è relegato nelle tante periferie del mondo. In questo momento storico non mancano certamente le sfide per le realtà aggregative postconciliari, sia al loro interno che all’esterno, in particolare nel rapporto con le chiese particolari in cui sono inserite. 

Tuttavia le “scintille profetiche”, evidenziate dalle strutture e prassi sinodali presenti al loro interno, continuano a essere fonte di ispirazione  e cammino di santità. 

*Facoltà di Diritto Canonico, Pontificia Università della Santa Croce, Roma, Italia



giovedì 22 giugno 2023

ASSOCIAZIONI, IN MISSIONE CON PIETRO

 INCONTRO ANNUALE DEI MOVIMENTI ECCLESIALI E DELLE NUOVE COMUNITÀ

“In missione con Pietro. L’apostolicità al cuore dell’identità dei movimenti ecclesiali”

RELAZIONE INTRODUTTIVA DEL CARD. FARRELL

ABSTRACT

In occasione del 25° anniversario del primo Congresso Internazionale delle associazioni e dei movimenti ecclesiali del 1998, si vuole tornare a riflettere sulla conferenza dell’allora Card. Joseph Ratzinger dal titolo “I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica” per illuminare l’oggi dei movimenti, mettendone a fuoco identità e missione. Specifico del ministero petrino è il superamento della dimensione puramente locale e il “guardare al mondo” intero. In tal modo si tiene fede al mandato missionario universale affidato da Cristo ai Dodici. Il Papa non realizza da solo questa dimensione universale della successione apostolica. Nella storia della Chiesa, infatti, sono sorti carismi e movimenti spirituali che hanno collaborato con i successori di Pietro nella propagazione del Vangelo. 

Anche per i movimenti laicali moderni vale lo stesso: collaborare al ministero petrino e al suo desiderio apostolico di portare a tutti il Vangelo è il loro ruolo specifico, la loro “collocazione teologica”. 

Ciò pone importanti sfide per l’oggi, prima fra tutte quella dell’evangelizzazione, attuata in modo che sappia parlare agli uomini e alle donne contemporanei, evitando prassi, linguaggi, metodi anacronistici; da ciò discende la necessità di mettere in contatto il carisma con le esigenze reali delle persone, con le nuove sensibilità culturali e le nuove situazioni pastorali; come anche l’indicazione di vivere l’apostolicità missionaria in modo sinodale, in profonda sintonia con il Papa, con le chiese particolari e i loro pastori e con gli altri movimenti ecclesiali.

LA COLLOCAZIONE TEOLOGICA DEI MOVIMENTI NEL MAGISTERO DEI PONTEFICI. A VENTICINQUE ANNI DALL’INCONTRO MONDIALE DEL 1998 Relazione don Paolo Prosperi, FSCB

ABSTRACT

La relazione riflette sulla nota ecclesiale dell’apostolicità quale chiave di comprensione del posto dei movimenti nella Chiesa, alla luce del magistero della Chiesa da ’98 ad oggi. In un primo momento, viene presentato l’insegnamento in merito di Joseph Ratzinger, non mancando di fare riferimento a Iuvenescit Ecclesia, che di tale insegnamento rappresenta uno sviluppo e insieme l’incorporazione nel magistero autorevole della Chiesa. 

I movimenti laicali, secondo tale visione, non sono che una incarnazione nell’oggi di quella che Ratzinger chiama apostolicità universale della Chiesa. Il che significa due cose: da un lato, radicamento nella fede e nell’esperienza di Cristo dei Dodici, e perciò attaccamento al magistero della Chiesa ed in particolare di Pietro; dall’altro, chiamata a trasmettere il vangelo alle genti (missio ad gentes). In un secondo momento, vengono messe a fuoco alcune delle più importanti preoccupazioni pastorali emergenti dal magistero di papa Francesco. 

Esse si concentrano attorno a tre rischi o tentazioni: (i) autoreferenzialità, (ii) personalismi, (iii) pietrificazione del carisma. In un terzo e conclusivo momento, si propongono alcune considerazioni, che mirano a suggerire strade concreto di affronto dei problemi messi in evidenza dal recente magistero del Santo Padre. 

Esse ruotano attorno a tre forme di umiltà: (i) umiltà verso il Cristo e le vie ordinarie da Lui istituite come strada d’accesso a Lui; (ii) umiltà verso i lontani, ovvero gli uomini e le donne cui si è inviati; (iii) umiltà verso il carisma.

DICASTERO LAICI FAMIGLIA VITA

mercoledì 3 maggio 2023

ASSOCIAZIONI E MOVIMENTI. UN GRANDE DONO


Realtà e gruppi ecclesiali sono un dono

 e una ricchezza della Chiesa. 

A loro Francesco dedica l’intenzione di preghiera del mese di maggio e chiede di rispondere a sfide e cambiamenti del mondi di oggi, evitando ogni tentazione di ripiegamento su se stessi

 

- di Paolo Ondarza – Città del Vaticano

 

“Rimanere in movimento”, “mantenersi nell’armonia della Chiesa”, “rispondere alle sfide, cambiamenti del mondo di oggi”, sempre “al servizio”. Papa Francesco affida questo mandato ai movimenti ecclesiali. Lo fa nel video diffuso dalla Rete Mondiale di Preghiera per il mese di maggio nel quale invita movimenti e gruppi ecclesiali a riscoprire la loro missione evangelizzatrice.

Mostrare il fascino e la novità del Vangelo

“I movimenti ecclesiali – dice il Vescovo di Roma - sono un dono, sono la ricchezza della Chiesa! Questo siete voi!”

Rinnovano la Chiesa con la loro capacità di dialogo al servizio della missione evangelizzatrice. Riscoprono ogni giorno, nel loro carisma, nuovi modi per mostrare il fascino e la novità del Vangelo

Creatività, differenze e armonia

I Movimenti ecclesiali, aggiunge Francesco, parlano lingue diverse e sembrano differenti, “ma è la creatività a creare queste differenze”, “comprendendosi sempre e facendosi comprendere”. Il Pontefice mette in guardia dalla tentazione di ripiegamento su se stessi e chiede di lavorare sempre “al servizio del Vescovi e delle parrocchie”, “mantenendosi nell’armonia della Chiesa perché l’armonia è un dono dello Spirito Santo” e “in movimento, rispondendo all’impulso dello Spirito Santo”, alle sfide della contemporaneità.

 Al servizio

La preghiera del Papa è che movimenti e gruppi ecclesiali riscoprano giorno dopo giorno la loro missione evangelizzatrice “mettendo i propri carismi al servizio delle necessità del mondo".

La varietà dei carismi

Il video è realizzato in collaborazione con il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e racconta pezzi di vita delle associazioni di fedeli e dei movimenti ecclesiali: tanti carismi diversi, una sola missione: l’annuncio del Vangelo. Dagli Scout portoghesi in pellegrinaggio con la croce della Giornata mondiale della Gioventù, ai Neocatecumenali impegnati nell’evangelizzazione per le strade delle città americane; dai missionari di Shalom in Madagascar, a quelli di Comunione e Liberazione nelle Filippine; dall’attività di Nuovi Orizzonti accanto alle famiglie delle favelas brasiliane a quella della Comunità Papa Giovanni XXIII in Kenya, fino all’impegno di Sant’Egidio nell’accoglienza dei  profughi dalla Libia giunti con i corridoi umanitari. E ancora, la dedizione dei Focolari nella pulizia delle spiagge inquinate nel sudest asiatico o la preghiera dei ragazzi del Movimento Eucaristico Giovanile.

Un grande dono

“I movimenti ecclesiali – commenta Linda Ghisoni, sottosegretario del Dicastero Laici, Famiglia e Vita – costituiscono un grande dono per la Chiesa nelle società odierne e sono chiamati a non richiudersi mai in se stesse, ma a vivere la loro vocazione e missione autenticamente ecclesiale”.

In movimento

Da parte sua padre Frédéric Fornos S.J., direttore internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, mette in evidenza come Francesco si soffermi sulla necessità di rimanere “in movimento” risvegliando secondo il carisma di ciascuna realtà, "la missione evangelizzatrice della Chiesa di tanti laici impegnati a vivere e testimoniare il Vangelo nelle realtà ordinarie della vita, nel lavoro, nel mondo educativo, sociale e culturale". “Accompagniamo Papa Francesco in questa importante intenzione di preghiera e preghiamo come Giovanni Paolo II – conclude Padre Fornos -  in attesa della festa di Pentecoste: Vieni Spirito di vita, Spirito di verità, Spirito di comunione e di amore! La Chiesa e il mondo hanno bisogno di Te. Vieni Spirito Santo e rendi sempre più fecondi i carismi che hai elargito".

 

giovedì 3 febbraio 2022

ASSOCIAZIONISMO E FORMAZIONE SOCIO-POLITICA


COME STANNO

 LE AGGREGAZIONI SOCIALI?

 

-         di Rino La Placa *

 La rielezione del presidente della Repubblica, Mattarella-bis, merita e giustifica molti commenti e tante considerazioni.

In questa sede desidero farne soltanto una, con la quale intendo far riferimento alla formazione socio-politica e alla crisi dei partiti e dell’associazionismo.

Formazione politica: la recente settimana quirinalizia ha fatto emergere la centralità del Parlamento nel nostro assetto costituzionale, ma anche -ancora una volta- la scarsa qualità della classe dirigente politica.

È lontana da me ogni alterigia nostalgica che vuole assegnare pagelle a questo o a quel parlamentare, neppure è in discussione il rispetto che si deve ai coloro ai quali il popolo sovrano ha affidato la propria rappresentanza.

Non si può però negare che si è assistito ad una performance del Parlamento italiano poco esaltante, in cui sono apparsi assai affievoliti la tendenza unitiva e costruttiva, il confronto leale, la percezione della opportunità, il valore della coerenza.

Alla fine, si è dovuto chiedere al presidente Mattarella di riconsiderare l’annunciata e naturale conclusione del suo apprezzato servizio e chiedergli di continuare a guidare il Paese con un formale, unitario invito e con una larga maggioranza di voti.

La crisi dei partiti e delle aggregazioni (associazioni, movimenti …) è sotto gli occhi di tutti, è conclamata e, poiché non siamo in una piccola polis per cui ci si vede tutti in piazza per discutere e decidere, c’è il rischio di una grave crisi del sistema democratico e dell’organizzazione della rappresentanza. 

Infatti, la vita associativa, vissuta sin dalla giovane età, permette di maturare valori civici ed etici, di sperimentare il dialogo, il confronto intra ed extra, la progettazione la cooperazione, l'intraprendenza, la lungimiranza, la competenza, il generoso impegno per costruire il bene comune   ... 

C’è il rischio, ma non penso ad una crisi in atto della democrazia italiana giacché sono convinto che l’attuale patologia può e deve essere rapidamente superata.

In questa prospettiva spero che le varie articolazioni della società, le tante aggregazioni sociali, le associazioni riprendano vita e vitalità per contribuire a un veloce risanamento della rappresentanza mediante un’attiva e competente partecipazione alla vita politica.

Non c’è bisogno di professionisti della politica ma di uomini politici che prestino il loro servizio con competenza e passione, con professionalità generosa.

La mia esperienza umana e civile, memore del grande ruolo formativo dell’associazionismo cattolico, mi spinge a sperare e sollecitare una ripresa e un rilancio delle numerose associazioni dell’area cattolica, nelle quali occorre riscoprire – alla luce del Vangelo e del Magistero della Chiesa – il valore e la nobiltà dell’impegno civile e politico per un doveroso servizio alla comunità.

I cambiamenti sociali intervenuti, le scoperte scientifiche, le innovazioni tecnologiche non possono essere causa e ragione di individualismi, di scontri, di muri e incomprensioni, di litigi e di insulti.

Predisponiamoci ad accogliere i tanti pressanti inviti di Papa Francesco al dialogo, alla collaborazione, all’armonia, alla fratellanza umana e sforziamoci di costruire un mondo più sereno fra persone eguali a cominciare, ovviamente, dal piccolo mondo di ciascuno di noi.

*già parlamentare e vice presidente nazionale AIMC

                                                                                                

domenica 31 ottobre 2021

E IL CUORE DIVENTO' RADICE


  La punta delle radici, avendo il potere di dirigere i movimenti delle parti adiacenti, agisce come il cervello di un animale.

Charles Darwin, Il potere di movimento delle piante

 -         di Luigino Bruni*

-          In questa epoca di urgente cambiamento ecologico ed economico, qualcuno comincia a guardare alle piante in cerca di nuove ispirazioni, per salvare noi dal pianeta e il pianeta da noi. Perché finché si pensa alla sostenibilità restando all’interno dello stesso paradigma, si ragiona come se fosse possibile risolvere i problemi con la stessa macchina che li ha prodotti. In particolare, il sistema economico capitalistico è cresciuto secondo un modello animale. L’animale homo sapiens quando ha dovuto immaginare l’economia, la fabbrica e l’azienda, le ha disegnate a sua immagine.

Abbiamo così costruito aziende e istituzioni "animali", cioè con una forte divisione e specializzazione delle funzioni, con un "cervello" e un "cuore" da cui dipendono tutti gli altri organi. Queste istituzioni-animali hanno imparato a correre molto velocemente, sono diventate sempre più efficienti, depredando e divorando risorse. E così l’economia e il Pil sono cresciuti grazie alle folli corse di imprese e consumi, producendo risultati eccelsi; un giorno però hanno superato la soglia della cosiddetta "tragedia dei beni comuni", che stiamo osservando tutti, spettatori e vittime insieme.

L’economia non ha imitato le piante – come abbiamo scritto su queste pagine: "Nel tempo della ragnatela" (5 marzo 2016). Le piante, diversamente dagli animali, sono ancorate al suolo, e per rispondere all’estrema vulnerabilità dovuta al loro star ferme, non hanno sviluppato organi specializzati come gli animali (se non puoi scappare e hai cuore e fegato, se un animale ti mangia un organo vitale ti uccide). Hanno imparato a respirare, vedere, sentire con tutto il loro corpo. Da qui la loro grande resilienza: un animale lo uccidi colpendolo al cuore, la pianta invece può sopravvivere anche se perde l’80-90% del corpo, e un tronco mozzato può conoscere un nuovo virgulto. Nella Bibbia troviamo molte volte l’immagine dell’albero, della vigna, del seme per indicare il Popolo, la Chiesa, il Regno dei Cieli.

La vita delle piante ha molto da dire anche alle comunità carismatiche. Queste nascono da uno o più fondatori/fondatrici, che danno alla comunità carismatica una forma simile all’animale. Il fondatore è necessariamente il centro (cuore), e i singoli organi e funzioni dipendono dal centro. Questa configurazione viene poi replicata in tutte le funzioni e nelle varie comunità locali, che riproducono tutte lo stesso modello centrale. Nelle comunità carismatiche, diversamente dalle organizzazioni burocratiche (cioè "governate razionalmente dagli uffici" e non dai carismi delle persone), le responsabilità e i ruoli dipendono direttamente dal fondatore. Si creano sulla base di un rapporto totalmente fiduciario, da un patto implicito di mutuo riconoscimento. Ciò consente alla comunità di correre molto velocemente nella prima fase del suo sviluppo, di volare alto come aquila.

Ma come ci ha insegnato Max Weber, l’autorità di tipo carismatico termina con la scomparsa del leader carismatico, quando iniziano la routinizzazione del carisma e l’organizzazione burocratica. Nei secoli passati, la fase carismatica dei movimenti durava in genere poco tempo, e quindi era più semplice osservare con chiarezza le differenze tra la governance della fase carismatica e quella successiva. Nel nostro tempo, invece, i fondatori restano nelle loro organizzazioni per molto tempo. Accade così che una certa burocrazia si sviluppi mentre il fondatore è ancora alla guida della sua comunità, allo scopo di rendere ordinata e razionale quella vita comunitaria. Inizia una certa burocrazia carismatica. Ed è in questa fase di proto-istituzionalizzazione del carisma dove si addensano sfide decisive per il futuro. Perché?
Finché il fondatore è in vita, l’organizzazione che nasce è inevitabilmente pensata attorno al ruolo centrale e unico del fondatore. Non potrebbe svilupparsi diversamente. I problemi però nascono perché queste prime forme organizzative ibride carisma-istituzione passano alla generazione post-fondatore come parte essenziale dell’eredità immodificabile del carisma. I primi otri e il vino diventano quasi la stessa cosa. E così quando il fondatore esce di scena, chi lo sostituisce si ritrova dentro una organizzazione pensata "da e per" il fondatore. Deve interpretare un ruolo per il quale non ha le risorse, perché semplicemente quel ruolo pensato dal fondatore è possibile soltanto per il fondatore.

Il successore si ritrova al centro di tutte le connessioni e le circolazioni della comunità, senza poter essere nelle condizioni per poterle gestire. Il fondatore aveva doti e caratteristiche spirituali e umane che erano uniche in quanto fondatore. Il suo successore, invece, non può e soprattutto non deve svolgere la stessa funzione di cuore della sua comunità – e se lo fa crea una nuova comunità. Ma se si ritrova dentro la stessa governance del fondatore, inevitabilmente iniziano i problemi. Si verificano ritardi decisionali e ingorghi gestionali vari nello svolgimento del lavoro ordinario. E la quasi totalità delle risorse viene impiegata per la gestione delle dinamiche interne e così non restano energie libere per pensare strategicamente al futuro: un oggi ingestibile si mangia il domani.

Ciò si verifica perché quando il fondatore inizia a scrivere la regola e quindi il ruolo del presidente e del governo della sua comunità, ha in mente sé stesso e il suo governo, e prende la sua esperienza di fondatore-presidente per disegnare la figura dei futuri presidenti e il futuro governo. Gli esperti gli ricordano che il futuro presidente non potrà svolgere le stesse funzioni del fondatore, e spesso è lo stesso fondatore ad averne coscienza; ma la comunità e il fondatore non hanno altro materiale che il passato e il presente. Così la regola comunitaria finisce inevitabilmente per essere una foto della realtà che la scrive.

Questa è una delle ragioni della fatica che fanno oggi movimenti e comunità a gestire la fase post-fondazione, per non riuscire a "suonare" lo spartito lasciato loro in eredità. Che fare dunque? Se vogliamo essere onesti fino in fondo, dobbiamo dire che l’organizzazione generata e voluta dal fondatore in un certo senso muore il giorno dell’uscita di scena del fondatore, muore con la morte del suo cuore. È questa la prima, decisiva e inevitabile vulnerabilità dell’organizzazione-animale generata dalla prima fase. Non muore il carisma, muore solo la prima organizzazione che quel carisma aveva generato. Ma – e questo è il punto – se non muore la prima organizzazione può succedere che al suo posto muoia il carisma.


Per evitare equivoci occorre tenere ben presente che nella tradizione e spesso anche nella regola che scrive un fondatore, c’è una parte che riguarda la forma di vita della nuova personalità spirituale (individuale e collettiva) che il carisma porta sulla terra, che può cambiare nel tempo solo in aspetti molto marginali. Ma nelle tradizioni scritte e orali delle comunità spirituali (soprattutto di quelle moderne) c’è quasi sempre anche la descrizione delle regole di governance e dell’organizzazione pratica della comunità. In questa seconda parte ci sono pure dimensioni carismatiche fondative e originali che non vanno perse (una comunità carismatica ha un bisogno essenziale di una governance coerente con il carisma che l’ha generata); ma ci sono anche prassi e regole che sono state pensate sulla misura del fondatore e della sua "organizzazione-animale", e se non cambiano finiscono presto per bloccare lo sviluppo della comunità. Operazione (forse) facile a dirsi ma difficilissima a farsi, perché i discepoli del fondatore tendono per istinto a considerare intoccabile e "sacra" l’intera regola e tradizione, soprattutto se a pensarle è stato lo stesso fondatore.

Da qui la proposta. Tornando alla nostra analogia, nella fase di passaggio dal fondatore ai suoi successori, l’organizzazione carismatica dovrebbe trasformarsi da organizzazione-animale a organizzazione-pianta. Dopo il fondatore, la comunità può sostituirlo con un presidente, cambia cuore e lascia la governance di prima: questa soluzione non funziona perché non può funzionare. Ma può anche decidere di cambiare molto per salvare l’essenziale. E quindi mette mano alla parte "pratica" della regola, e crea una governance vegetale. Distribuisce le funzioni, prima addensate nel centro, in tutto il corpo, e crea una vera governance sussidiaria. Come quella delle piante, dove un attacco di un parassita su una foglia viene risolto prima dalla singola foglia, se questa non riesce subentrano le foglie vicine, poi l’intero ramo, e solo infine i rami più lontani e qualche volta gli alberi vicini. Impara a respirare, pensare, sentire con tutto il corpo. Detto per inciso, le comunità monastiche nascono simili alle piante: il loro centro non è il fondatore né, tantomeno, l’abate. La loro radice è la regola, e così molti monasteri hanno vissuto e vivono per secoli, come i grandi alberi.

Come si fa ad assicurare l’unità di una organizzazione-pianta? Anche le piante hanno un loro governo non meno efficiente di quello degli animali, ed è concentrato soprattutto nel loro codice genetico e, per certe funzioni, nelle radici. Nelle generazioni successive al fondatore, l’unità della comunità e il governo delle decisioni più importanti sono affidate al Dna e alle radici del carisma. Le comunità carismatiche possono farlo, perché diversamente dalle imprese, loro non hanno dipendenti: hanno persone con vocazioni, quindi con lo stesso Dna spirituale del fondatore (un francescano ha lo stesso "codice genetico" di Francesco, non lo impara ma lo scopre, perché era già nell’anima). Sono allora le sue persone la prima garanzia che la comunità avrà futuro - qui la loro forza, qui la loro vulnerabilità. Molto di ciò che prima faceva il cuore, ora lo potrà fare tutto il corpo se il carisma diventa radice. Sottoterra, invisibili, le radici sostengono e alimentano tutto l’albero, sentono e, come un cervello diverso, inviano messaggi a tutta la pianta, in dialogo con la terra. Non commettiamo l’errore di pensare che le radici siano il passato, magari immutabili e statiche; nelle piante le radici sono anche il passato, ma soprattutto sono il presente e il futuro. Se un carisma riesce a diventare pianta è resiliente alle crisi, diventa molto difficile farlo morire. Deve però rallentare, sviluppare nuovi sensi, crescere in profondità, conoscere tutto il bosco e imparare nuovi linguaggi per cooperare con alberi diversi.

Le piante hanno sviluppato la loro resilienza per rispondere alle sfide dell’ambiente: una grande vulnerabilità dovuta al loro ancoraggio al suolo le ha costrette a darsi organizzazioni molto diverse da quelle del regno animale, per poter vivere. Quella vulnerabilità che nasceva dal non potersi muovere è diventato il loro vantaggio evolutivo. Quando i fondatori scompaiono, l’ambiente cambia profondamente, e si sperimenta una nuova e diversa vulnerabilità. La saggezza delle piante può suggerirci come trasformare la debolezza in fortezza, e continuare la vita: «È come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo» (Salmo 1,3).

 

*l.bruni@lumsa.it – Docente di Etica e cultura d’impresa, LUMSA Roma

www.avvenire.it 




 

sabato 18 settembre 2021

ASSOCIAZIONI e MOVIMENTI, CHIAMATI A RINNOVARCI


 I Movimenti dopo le parole del Papa: 
da Francesco una chiamata alla conversione

Un forte discorso quello del Pontefice ai moderatori delle Aggregazioni laicali che hanno partecipato all’incontro del Dicastero Laici, famiglia e vita. Dal Papa indicazioni chiare sul servizio e sul carisma e il monito contro gli abusi di vario genere. Il commento dei rappresentanti di vari movimenti e associazioni.


                                                                        Salvatore Cernuzio e Amedeo Lomonaco 

 “Governare è servire”. Vanno evitati i rischi della “voglia di potere” e della “slealtà”, intesa come quel “doppiogiochismo” con Dio per cui si dichiara a parole di volerlo servire mentre nei fatti “serviamo il nostro ego e ci pieghiamo alla voglia di apparire, di ottenere riconoscimenti”. Esempi di slealtà sono le cariche direttive “che si eternizzano”.

Il Papa ai Movimenti: testimoniate il Vangelo stando dentro le sfide del mondo

Parole forti quelle pronunciate il 16 settembre da Papa Francesco, nel suo discorso ai moderatori delle Aggregazioni laicali che hanno partecipato a un incontro organizzato dal Dicastero per i Laici, la famiglia e la vita, nell’Aula Nuova del Sinodo. Un lungo intervento, durante il quale il Pontefice ha spiegato anche le motivazioni del Decreto dello scorso giugno che regola la durata e il numero dei mandati di governo nelle stesse aggregazioni. Le indicazioni del Papa sono state accolte con favore dai rappresentanti delle diverse realtà ecclesiali, quali pungolo e stimolo a compiere un cammino di “purificazione”. Vatican News ha raccolto la voce di alcuni dei presidenti o rappresentanti dei Movimenti più diffusi e radicati in Italia e nel mondo.

Focolari: impariamo a non sentirci indispensabili

“Con il suo discorso il Papa ci ha avvertito di tutti i rischi che sono connessi al governo, a cominciare  da quello del potere di cui non sono esenti le realtà ecclesiali”, sottolinea Jesús Morán, co-presidente del Movimento dei Focolari. “Sono rischi che, alla luce del Vangelo, possiamo superare essendo coscienti delle possibili derive che ci sono e che ci sono state e che tutti abbiamo patito”.

Il discorso del Papa, secondo Morán, è “in piena linea” con tutto quello che Francesco sta dicendo alla Chiesa da inizio pontificato: “È chiaramente una chiamata alla conversione pastorale ed evangelica, ora si tratta di applicarla”. Come? “Il Papa – spiega il co-presidente dei Focolari - ha detto chiaramente che alla radice di ogni abuso c’è il potere e che ci sono dinamiche che non favoriscono il superamento dei rischi legati al potere. Per esempio, una non alternanza alle cariche può essere deleteria, perché chi sta troppo tempo al governo alla fine corre il pericolo di acquisire una forma mentis che gli fa perdere la dinamica di servizio con la quale ha cominciato l’incarico”. È come se “a un certo punto, uno si abituasse al potere e perdesse di vista il servizio”. “Dobbiamo, quindi, imparare a congedarci, a lasciare il potere in mano agli altri, a non crederci indispensabili ed essere coscienti che questo fa un bene enorme perché ci riporta alla vocazione essenziale che è quella di servire”, rimarca Morán. Da parte sua, anche una riflessione sui casi di abuso verificatisi all’interno del ramo francese del Movimento dei Focolari: una pagina dolorosa dalla quale però, afferma, “ci rialziamo più forti, riconoscendo i nostri limiti”. “Viviamo una fase di purificazione, per riconoscere che questi errori sono una deformazione del carisma originale, capire i meccanismi che hanno portato a tali errori e quindi riprendere il carisma in tutta la sua purezza”.

 Nel suo discorso rivolto ai Movimenti il Papa ha espresso apprezzamento “per la loro storia, per la loro vita nella Chiesa ma soprattutto per il contributo alla società”, in particolare in questo tempo scosso dalla pandemia. È l'aspetto che rileva Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, aggiungendo che dalle parole del Pontefice emerge anche “un riconoscimento del valore dei laici nella Chiesa”.

Dal Papa, ricorda Impagliazzo, è arrivato anche “un grande richiamo alla responsabilità e all’autorità vissuta come “servizio”. Questo riguarda “tutti gli aspetti della vita della Chiesa, non solo quelli dei Movimenti laicali”. Quello di Francesco, aggiunge, è un richiamo importante in un momento in cui si vive il tempo della “deresponsabilizzazione”. È infatti questo, osserva il presidente di Sant’Egidio, “più il tempo dell’io che del noi”. Per questo, il servizio a cui si riferisce il Papa è “fondamentale e soprattutto è evangelico”: Gesù è venuto non per essere servito ma per servire. Nello stesso discorso, Papa Francesco ha anche ricordato che in questi anni, non di rado, la Santa Sede è dovuta intervenire avviando “non facili processi di risanamento”. Quando si parla di associazioni e Movimenti, sottolinea Impagliazzo, ci sono storie diverse. In alcune è rilevante la presenza di persone consacrate. Altre, come la Comunità di Sant’Egidio, sono interamente laicali. Quelle dei Movimenti sono “tante strade diverse”: “Se ci sono state delle problematiche che il Papa giustamente ha sollevato e che riguardano alcune realtà, è giusto che queste percorrano un cammino di conversione”. Certamente, spiega Marco Impagliazzo, il tema della “conversione pastorale” riguarda tutti i Movimenti e la Chiesa intera. Per quanto concerne il decreto di giugno, si tratta di un percorso “che guarda al futuro”. “Ogni realtà è diversa e troverà dei tempi e dei modi diversi”. Si tratta, conclude Impagliazzo, di essere “all’altezza della lettura dei segni dei tempi”. Uno di questi segni è proprio quello di “dare più spazio ai giovani”.

Rinnovamento nello Spirito: la voglia di potere snatura il servizio

Il Papa ha ribadito “l’originalità e il carattere provvidenziale dei carismi” nei loro diversi contesti, afferma invece Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo, che sottolinea pure come il Pontefice abbia elogiato il contributo dato dai Movimenti nel tempo della pandemia di Covid.

“Francesco - dice Martinez - ci ha esortato a non dimenticare l’aggiornamento dei nostri carismi”, affinché siano sempre più “aperti alla storia” e alle “necessità degli uomini”. Francesco ci ha ribadito che non si deve guardare “all’amore del potere” ma, al contrario, “al potere dell’amore”. I rischi indicati dal Pontefice sono la voglia di potere, che “snatura la chiamata al servizio” e la slealtà, quando i Movimenti e aggregazioni laicali “perdono la generosità e la gratuità per i quali lo Spirito Santo li ha suscitati”. Per quanto riguarda il decreto di giugno, il Papa ha chiarito che le disposizioni contenute in questo provvedimento riguardano tutti: “Nessuno dovrà sottrarsi dal discernimento”. I Movimenti e le associazioni sono chiamati ad interrogarsi per creare, come si stabilisce nel Decreto, “forme di alternanza che facciano venir meno la tentazione di incarichi a vita”. Quella attuale è una situazione “frastagliata”: ci sono statuti che necessitano di questa revisione ed altri che invece sono già aderenti ai contenuti del decreto. Nel caso specifico del Rinnovamento nello Spirito Santo, gli statuti già prevedono limiti di mandato, scadenze obbligate. Bisognerà anche capire adesso, conclude il presidente, “come si muoveranno le Conferenze episcopali” perché molti statuti nascono nazionali e diventano internazionali. Sarà in alcuni casi “un processo laborioso”. Ma il tempo di due anni, previsto nel decreto, è "adeguato".

Comunità Giovanni XXIII: la riforma degli incarichi un passo necessario

Il decreto di giugno è uno strumento “estremamente significativo e innovativo” che porterà “un gran bene ai Movimenti, alle nuove comunità e al mondo ecclesiale” per “un servizio reale alla povera gente”. Con queste parole Giovanni Ramonda, responsabile generale dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, commenta al microfono di Fabio Colagrande il discorso di Papa Francesco.

Papa Francesco ha ricordato che i Movimenti sono segno della vitalità della Chiesa. Le sue parole, sottolinea Ramonda, sono in continuità con il pensiero dei suoi predecessori, i quali hanno sempre evidenziato l’importanza di queste realtà ecclesiali post-conciliari per promuovere “una evangelizzazione che si sviluppa per trapianto vitale attraverso una vita nelle periferie e nei luoghi dove la gente vive”. La struttura organizzativa, aggiunge Ramonda, deve essere funzionale e “a servizio del carisma”. L’organizzazione è importante ma sono importanti “soprattutto le persone che si appassionano al Vangelo e alla missione della Chiesa”. Gli abusi di potere e la slealtà, spiega il presidente della Comunità, sono “tentazioni” quando un'aggregazione laicale si richiude in se stessa. È importante decidere, ma sempre “ascoltando la base”. Quanto alla riforma degli incarichi di responsabilità nelle aggregazioni laicali, Ramonda sottolinea che questo “è un passo sicuramente necessario”: “Don Oreste Benzi diceva: chi verrà dopo di noi farà meglio di noi, perché terrà conto dell’esperienza acquisita e porterà un rinnovamento".

Neocatecumenali: un incoraggiamento al carisma

"Dopo aver seguito i lavori dell’incontro di ieri via Zoom, mi sono rallegrato delle parole del Santo Padre che ha confermato davanti a tutta la Chiesa quello che mi aveva già detto in privato due settimane fa: che quando un carisma o una realtà ecclesiale è in stato fondazionale 'il fondatore non va cambiato' ma continua a vita", dice infine Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale, ricordando l'udienza privata nel Palazzo Apostolico del 3 settembre insieme alla équipe internazionale di questa realtà ecclesiale diffusa e radicata in centinaia di Paesi del mondo: oltre a Kiko, padre Mario Pezzi e Maria Ascensión Romero. 

"Il Santo Padre ci ha ricordato in quella occasione le parole di Carmen (Hernández, ndr): il Cammino Neocatecumenale non è un Movimento, perché è stato riconosciuto dalla Chiesa come una iniziazione cristiana, a servizio dei vescovi, con i catechisti che hanno un ruolo simile a quello dei padrini che accompagnano e sorvegliano la crescita della fede dei candidati". "Anche nell’incontro con il Dicastero di ieri, Papa Francesco ha sottolineato: 'Noi dobbiamo capire che l’evangelizzazione è un mandato che viene dal Battesimo…chi ha il Battesimo ha il compito di evangelizzare'. È quello che il Cammino prova a fare da oltre cinquant'anni. Le parole del Santo Padre incoraggiano quindi il nostro carisma e la nostra missione".

UMEC-WUCT: Un forte invito a guardare oltre l’orizzonte

Il discorso del Santo Padre e i vari interventi dell’intensa giornata vissuta nell’aula del Sinodo – afferma Giovanni Perrone, segretario generale dell’Unione Mondiale degli Insegnanti Cattolici - hanno stimolato tutti a riflettere sul cammino svolto da associazioni e movimenti, al fine di superare ogni pericolo di sclerotizzazione. Associazioni e movimenti sono una grande risorsa per la comunità ecclesiale e civile, ha detto il Pontefice, esprimendo la sua gratitudine verso tutti. Debbono, però essere sempre pronti a rigenerarsi, senza perdere il carisma e i valori sui quali si fondano.

Bisogna pensare ad un ruscello che, pur mantenendo il suo corso, è sempre fresco e nuovo; lungo il suo cammino sa mettere da parte ogni impurità e sa arricchirsi di ossigeno e nuova acqua. 

Lo Spirito Santo guida e orienta il nostro cammino e ci aiuta a rinnovarci. Il necessario esercizio di potere deve interagire dinamicamente con la comunità ove viene esercitato. Occorre superare ogni referenzialità e non dimenticare che il vero potere è servizio. Anche noi dell’UMEC abbiamo accolto l’invito del Santo Padre e del Dicastero dei Laici e ci stiamo dando da fare, tenendo presente che l’Umec-Wuct in questo ultimo biennio si è arricchita di nuovi membri, provenienti da realtà diverse, e occorrerà prepararli a governare l’Unione perché essa divenga sempre più capace di testimoniare finalità e valori che ne motivano l’esistenza. In questo senso una significativa relazione tra giovani e anziani, tra "vecchie" e "nuove" risorse, sarà opportuna. 

 

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