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martedì 4 maggio 2021

LA DIVERSITA' CI ARRICCHISCE


 VERSO UN NOI SEMPRE PIU' GRANDE


   MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

PER LA 107ma GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2021

Cari fratelli e sorelle!

Nella Lettera Enciclica Fratelli tutti ho espresso una preoccupazione e un desiderio, che ancora occupano un posto importante nel mio cuore: «Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”» (n. 35).

Per questo ho pensato di dedicare il messaggio per la 107a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato a questo tema: “Verso un noi sempre più grande”, volendo così indicare un chiaro orizzonte per il nostro comune cammino in questo mondo.

La storia del “noi”

Questo orizzonte è presente nello stesso progetto creativo di Dio: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi”» (Gen 1,27-28). Dio ci ha creati maschio e femmina, esseri diversi e complementari per formare insieme un noi destinato a diventare sempre più grande con il moltiplicarsi delle generazioni. Dio ci ha creati a sua immagine, a immagine del suo Essere Uno e Trino, comunione nella diversità.

E quando, a causa della sua disobbedienza, l’essere umano si è allontanato da  Dio, Questi, nella sua misericordia, ha voluto offrire un cammino di riconciliazione non a singoli individui, ma a un popolo, a un noi destinato ad includere tutta la famiglia umana, tutti i popoli: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio» (Ap 21,3).

La storia della salvezza vede dunque un noi all’inizio e un noi alla fine, e al centro il mistero di Cristo, morto e risorto «perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). Il tempo presente, però, ci mostra che il noi voluto da Dio è rotto e frammentato, ferito e sfigurato. E questo si verifica specialmente nei momenti di maggiore crisi, come ora per la pandemia. I nazionalismi chiusi e aggressivi (cfr Fratelli tutti, 11) e l’individualismo radicale (cfr ibid., 105) sgretolano o dividono il noi, tanto nel mondo quanto all’interno della Chiesa. E il prezzo più alto lo pagano coloro che più facilmente possono diventare gli altri: gli stranieri, i migranti, gli emarginati, che abitano le periferie esistenziali.

In realtà, siamo tutti sulla stessa barca e siamo chiamati a impegnarci perché non ci siano più muri che ci separano, non ci siano più gli altri, ma solo un noi, grande come l’intera umanità. Per questo colgo l’occasione di questa Giornata per lanciare un duplice appello a camminare insieme verso a un noi sempre più grande, rivolgendomi anzitutto ai fedeli cattolici e poi a tutti gli uomini e le donne del mondo.

Una Chiesa sempre più cattolica

Per i membri della Chiesa Cattolica tale appello si traduce in un impegno ad essere sempre più fedeli al loro essere cattolici, realizzando quanto San Paolo raccomandava alla comunità di Efeso: «Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo» (Ef 4,4-5).

Infatti la cattolicità della Chiesa, la sua universalità è una realtà che chiede di essere accolta e vissuta in ogni epoca, secondo la volontà e la grazia del Signore che ci ha promesso di essere con noi sempre, fino alla fine dei tempi (cfr Mt 28,20). Il suo Spirito ci rende capaci di abbracciare tutti per fare comunione nella diversità, armonizzando le differenze senza mai imporre una uniformità che spersonalizza. Nell’incontro con la diversità degli stranieri, dei migranti, dei rifugiati, e nel dialogo interculturale che ne può scaturire ci è data l’opportunità di crescere come Chiesa, di arricchirci mutuamente. In effetti, dovunque si trovi, ogni battezzato è a pieno diritto membro della comunità ecclesiale locale, membro dell’unica Chiesa, abitante nell’unica casa, componente dell’unica famiglia.

I fedeli cattolici sono chiamati a impegnarsi, ciascuno a partire dalla comunità in cui vive, affinché la Chiesa diventi sempre più inclusiva, dando seguito alla missione affidata da Gesù Cristo agli Apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,7-8).

Oggi la Chiesa è chiamata a uscire per le strade delle periferie esistenziali per curare chi è ferito e cercare chi è smarrito, senza pregiudizi o paure, senza proselitismo, ma pronta ad allargare la sua tenda per accogliere tutti. Tra gli abitanti delle periferie troveremo tanti migranti e rifugiati, sfollati e vittime di tratta, ai quali il Signore vuole sia manifestato il suo amore e annunciata la sua salvezza. «I flussi migratori contemporanei costituiscono una nuova “frontiera” missionaria, un’occasione privilegiata di annunciare Gesù Cristo e il suo Vangelo senza muoversi dal proprio ambiente, di testimoniare concretamente la fede cristiana nella carità e nel profondo rispetto per altre espressioni religiose. L’incontro con migranti e rifugiati di altre confessioni e religioni è un terreno fecondo per lo sviluppo di un dialogo ecumenico e interreligioso sincero e arricchente» (Discorso ai Direttori Nazionali della Pastorale per i Migranti, 22 settembre 2017).

Un mondo sempre più inclusivo

A tutti gli uomini e le donne del mondo va il mio appello a camminare insieme verso un noi sempre più grande, a ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso.

Il futuro delle nostre società è un futuro “a colori”, arricchito dalla diversità e dalle relazioni interculturali. Per questo dobbiamo imparare oggi a vivere insieme, in armonia e pace. Mi è particolarmente cara l’immagine, nel giorno del “battesimo” della Chiesa a Pentecoste, della gente di Gerusalemme che ascolta l’annuncio della salvezza subito dopo la discesa dello Spirito Santo: «Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio» (At 2,9-11).

È l’ideale della nuova Gerusalemme (cfr Is 60; Ap 21,3), dove tutti i popoli si ritrovano uniti, in pace e concordia, celebrando la bontà di Dio e le meraviglie del creato. Ma per raggiungere questo ideale dobbiamo impegnarci tutti per abbattere i muri che ci separano e costruire ponti che favoriscano la cultura dell’incontro, consapevoli dell’intima interconnessione che esiste tra noi. In questa prospettiva, le migrazioni contemporanee ci offrono l’opportunità di superare le nostre paure per lasciarci arricchire dalla diversità del dono di ciascuno. Allora, se lo vogliamo, possiamo trasformare le frontiere in luoghi privilegiati di incontro, dove può fiorire il miracolo di un noi sempre più grande.

A tutti gli uomini e le donne del mondo chiedo di impiegare bene i doni che il Signore ci ha affidato per conservare e rendere ancora più bella la sua creazione. «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”» (Lc 19,12-13). Il Signore ci chiederà conto del nostro operato! Ma perché alla nostra Casa comune sia assicurata la giusta cura, dobbiamo costituirci in un noi sempre più grande, sempre più corresponsabile, nella forte convinzione che ogni bene fatto al mondo è fatto alle generazioni presenti e a quelle future. Si tratta di un impegno personale e collettivo, che si fa carico di tutti i fratelli e le sorelle che continueranno a soffrire mentre cerchiamo di realizzare uno sviluppo più sostenibile, equilibrato e inclusivo. Un impegno che non fa distinzione tra autoctoni e stranieri, tra residenti e ospiti, perché si tratta di un tesoro comune, dalla cui cura come pure dai cui benefici nessuno dev’essere escluso.

Il sogno ha inizio

Il profeta Gioele preannunciava il futuro messianico come un tempo di sogni e di visioni ispirati dallo Spirito: «Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (3,1). Siamo chiamati a sognare insieme. Non dobbiamo aver paura di sognare e di farlo insieme come un’unica umanità, come compagni dello stesso viaggio, come figli e figlie di questa stessa terra che è la nostra Casa comune, tutti sorelle e fratelli (cfr Enc. Fratelli tutti, 8).

Preghiera

Padre santo e amato,
il tuo Figlio Gesù ci ha insegnato
che nei Cieli si sprigiona una gioia grande
quando qualcuno che era perduto
viene ritrovato,
quando qualcuno che era escluso, rifiutato o scartato
viene riaccolto nel nostro noi,
che diventa così sempre più grande.

Ti preghiamo di concedere a tutti i discepoli di Gesù
e a tutte le persone di buona volontà
la grazia di compiere la tua volontà nel mondo.
Benedici ogni gesto di accoglienza e di assistenza
che ricolloca chiunque sia in esilio
nel noi della comunità e della Chiesa,
affinché la nostra terra possa diventare,
così come Tu l’hai creata,la Casa comune di tutti i fratelli e le sorelle. Amen.

Roma, San Giovanni in Laterano, 3 maggio 2021, Festa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo

 Francesco


MESSAGGIO PONTIFICIO



domenica 15 novembre 2020

IL GRIDO DEI POVERI

 Dal 2017 la Giornata mondiale dei poveri: 
le parole di Francesco

E' a conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia che il Papa indice la Giornata mondiale dei poveri, indicando come data la XXXIII Domenica del Tempo ordinario. “Tendi la tua mano al povero” è il tema per l'appuntamento   con la Messa presieduta da Francesco a San Pietro nel contesto della pandemia

 di Adriana Masotti 

 “Mentre in tutte le cattedrali e nei santuari del mondo si chiudevano le Porte della Misericordia, ho intuito che, come ulteriore segno concreto di questo Anno Santo straordinario, si debba celebrare in tutta la Chiesa, nella ricorrenza della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, la Giornata mondiale dei poveri.” E’ Papa Francesco a scriverlo nella Lettera apostolica "Misericordia et misera", datata il 20 novembre 2016, a conclusione del Giubileo straordinario della Misericodia che si era aperto l'8 dicembre 2015. “Sarà una Giornata che aiuterà le comunità e ciascun battezzato a riflettere su come la povertà stia al cuore del Vangelo - prosegue il Papa - e sul fatto che, fino a quando Lazzaro giace alla porta della nostra casa, non potrà esserci giustizia né pace sociale”.

La Giornata in tempo di pandemia

La Giornata mondiale dei poveri 2020, la quarta, sarà celebrata domenica 15 novembre, ma a causa del coronavirus sarà diversa dalle altre. La Messa presieduta da Papa Francesco all’altare della Cattedra nella Basilica Vaticana alle ore 10 vedrà la presenza di un centinaio di persone soltanto, in rappresentanza dei poveri del mondo. Ma la pandemia non ferma la carità del Papa: si è attivata infatti per questa occasione, una rete solidale per portare cibo, mascherine e aiuti a migliaia di famiglie in circa 60 parrocchie romane, a Case famiglia e associazioni caritative. Inoltre, nell’ambulatorio gestito dall’Elemosineria Apostolica per le persone in necessità sarà possibile effettuare il tampone per il Covid-19. 

Abbiamo bisogno gli uni degli altri

“Tendi la tua mano al povero” è il tema scelto quest’anno come espresso nel Messaggio del Papa per questa IV Giornata. “In questi mesi, nei quali il mondo intero è stato come sopraffatto da un virus che ha portato dolore e morte, sconforto e smarrimento, quante mani tese abbiamo potuto vedere!”, scrive il Papa, ricordando che “questo è un tempo favorevole per sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo”.

Non basta non fare il male 

Nella prima Giornata mondiale dei poveri, il 19 novembre 2017, Francesco celebra la Messa nella Basilica di San Pietro alla presenza di circa 40 mila persone indigenti provenienti non solo da Roma e dal Lazio, ma anche da diverse diocesi del mondo. Al termine, 1.500 di loro prendono parte al pranzo con il Papa in Aula Paolo VI. Nell’omelia della messa Papa Francesco pronuncia parole forti riguardo all’indifferenza, “il grande peccato nei confronti dei poveri”. L’indifferenza, dice, è anche dire: “Non mi riguarda, non è affar mio, è colpa della società (...) è anche sdegnarsi di fronte al male senza far nulla. Dio, però, non ci chiederà se avremo avuto giusto sdegno, ma se avremo fatto del bene”. "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me", si legge nel Vangelo e il Papa conclude: “Questi fratelli più piccoli, da Lui prediletti, sono l’affamato e l’ammalato, il forestiero e il carcerato, il povero e l’abbandonato, il sofferente senza aiuto e il bisognoso scartato”.

“Nel povero Gesù bussa al nostro cuore e, assetato, ci domanda amore”

Una carità diffusa nelle diocesi del mondo

Anche nella Giornata mondiale dei poveri del 2018, Francesco presiede la Messa in San Pietro e pranza con i poveri. E’ il 18 novembre. Contemporaneamente, in tante parrocchie, centri di volontariato, collegi e scuole viene offerto un pranzo a chi è emarginato. Nel Messaggio inviato in vista della Giornata, il Papa aveva invitato la comunità cristiana a “dare un segno di vicinanza e di sollievo” a coloro che sono nel bisogno collaborando anche con altre realtà di solidarietà.

E' l'ingiustizia alle radici della povertà

In un tweet Francesco scrive: "Chiediamo la grazia di aprire gli occhi e il cuore ai poveri, per ascoltare il loro grido e riconoscere le loro necessità”. Nell’omelia alla Messa di quella mattina va alla radice della questione: “L’ingiustizia è la radice perversa della povertà”, afferma, e “il grido dei poveri diventa ogni giorno più forte, ma ogni giorno meno ascoltato, sovrastato dal frastuono di pochi ricchi”. 

“Il grido dei poveri è il grido dei tanti Lazzaro che piangono, mentre pochi epuloni banchettano con quanto per giustizia spetta a tutti”

La fretta che non ci fa vedere

Nelle parole pronunciate il 17 novembre, in occasione della Messa per la Giornata dello scorso anno, Papa Francesco commenta la fretta che contraddistingue la nostra vita quotidiana facendoci perdere di vista ciò che conta davvero e cioè l’amore. "Nella smania di correre, di conquistare tutto e subito - osserva - dà fastidio chi rimane indietro. Ed è giudicato scarto: quanti anziani, nascituri, persone disabili, poveri ritenuti inutili. Si va di fretta, senza preoccuparsi che le distanze aumentano, che la bramosia di pochi accresce la povertà di molti. 

“Stando con i poveri, servendo i poveri, impariamo i gusti di Gesù, comprendiamo che cosa resta e che cosa passa”

Non solo cibo per i poveri, ma anche bellezza

In preparazione alla Giornata del 2019, una platea di 7.000 indigenti partecipa al concerto in Vaticano diretto dal maestro Nicola Piovani e da monsignor Marco Frisina. Ma non è la prima volta: “Sarà un concerto per seminare gioia, (…) il seme rimarrà lì nelle anime di tutti e farà tanto bene a tutti.”, aveva detto Francesco in occasione della prima edizione del Concerto per e con i poveri nel maggio del 2015. Per la Giornata del 2016 in Aula Paolo VI sul palco con l'orchestra sarà Ennio Morricone. Per il Papa, infatti, i poveri hanno diritto non solo ai beni di prima necessità, ma anche all’armonia e alla bellezza come può essere, appunto, ascoltare il suono di un’orchestra, assistere allo spettacolo di un circo o fare una gita al mare. Tutte iniziative a cui, in questi anni, molti hanno potuto partecipare proprio grazie a Francesco, ritrovando una nuova dignità.

La povertà cresce nel mondo a causa del Covid-19

In tutto il mondo, riferisce la Banca Mondiale, più di 730 milioni di persone vivono oggi con meno di 1,90 dollari al giorno. E sono oltre 100 milioni i nuovi poveri a causa della pandemia. Grave la ricaduta sui minori: il numero di bambini che vivono in condizioni di povertà multidimensionale è salito a circa 1,2 miliardi, registrando la cifra di 150 milioni di bambini in più in condizioni di privazione dall'inizio di quest'anno. Il Covid-19 pesa economicamente anche sui Paesi europei dove un bambino su quattro è minacciato dalla povertà. In Italia, secondo la Banca d’Italia, nei mesi di aprile e maggio, c’è stata una riduzione di reddito per la metà delle famiglie. Inoltre, un recente rapporto di Caritas Italiana, evidenzia che, fra marzo e maggio del 2020, si è registrato un forte incremento del numero di persone sostenute a livello diocesano e parrocchiale: complessivamente circa 450 mila persone.

 Vatican News


sabato 8 dicembre 2018

IL PRESEPE E L'ALBERO PER VIVERE LA FESTA DELLA NASCITA DI GESÙ

     
 Papa Francesco: " ... L’albero e il presepio sono due segni che non finiscono mai di affascinarci; ci parlano del Natale e ci aiutano a contemplare il mistero di Dio fattosi uomo per essere vicino a ciascuno di noi. L’albero di Natale con le sue luci ci ricorda che Gesù è la luce del mondo, è la luce dell’anima che scaccia le tenebre delle inimicizie e fa spazio al perdono. L’abete rosso che quest’anno è collocato in Piazza San Pietro, proveniente dalla foresta del Cansiglio, ci suggerisce un’ulteriore riflessione. Esso, con la sua altezza di oltre venti metri, simboleggia Dio che con la nascita del suo Figlio Gesù si è abbassato fino all'uomo per innalzarlo a sé ed elevarlo dalle nebbie dell’egoismo e del peccato. Il Figlio di Dio assume la condizione umana per attirarla a sé e farla diventare partecipe della sua natura divina e incorruttibile.
       Il presepio, posto al centro della Piazza, è realizzato con la sabbia jesolana, originaria delle Dolomiti. La sabbia, materiale povero, richiama la semplicità, la piccolezza e anche la fragilità – come ha detto il Patriarca - con cui Dio si è mostrato con la nascita di Gesù nella precarietà di Betlemme.
         Ci potrebbe sembrare che questa piccolezza sia in contraddizione con la divinità, tant’è vero che qualcuno, fin dall’inizio, l’ha considerata solo un’apparenza, un rivestimento. Invece no, perché la piccolezza è libertà. Chi è piccolo – in senso evangelico – non solo è leggero, ma anche è libero da ogni smania di apparire e da ogni pretesa di successo; come i bambini che si esprimono e si muovono con spontaneità. Tutti noi siamo chiamati ad essere liberi davanti a Dio, ad avere la libertà di un bambino davanti a suo padre. Il Bambino Gesù, Figlio di Dio e nostro Salvatore, che deponiamo nel presepe, è Santo in povertà, piccolezza, semplicità, umiltà.
        Il presepio e l’albero, simboli affascinanti del Natale, possano portare nelle famiglie e nei luoghi di ritrovo un riflesso della luce e della tenerezza di Dio, per aiutare tutti a vivere la festa della nascita di Gesù. Contemplando il Dio Bambino che sprigiona luce nell'umiltà del presepe, possiamo diventare anche noi testimoni di umiltà, tenerezza e bontà".


venerdì 23 marzo 2018

IN CAMMINO VERSO VERSO LA PASQUA

"Il Signore invita tutti noi a seguirlo con gioia e ad amare senza riserve Dio e gli altri. 
Non smettete di coltivare ogni giorno il vostro rapporto di amicizia con Cristo, domandandovi spesso: «Che farebbe Gesù al mio posto? Che cosa posso fare per somigliare sempre più a Lui e portarlo agli altri?». 
      Cercatelo nella preghiera, nei sacramenti, in tutte le circostanze della vostra vita e anche nelle persone che vi stanno vicino: amici, familiari, colleghi di studio, e in coloro che hanno più bisogno e sono i più dimenticati del mondo, nei quali si riflette in modo particolare il volto di Cristo. 
     Vi invito a uscire da voi stessi, vincendo la comodità e l’egoismo di pensare solo alle vostre cose, per mettervi in cammino per incontrare le persone bisognose, servendole con i vostri talenti.        Questo è il modo migliore di seguire Cristo e di avere sempre il cuore innamorato di Lui".
Papa Francesco

giovedì 11 febbraio 2016

DUE GRANDI CONGEDI

IL CONCILIO E PAPA FRANCESCO 
PER UNA CHIESA RINNOVATA


don Giulio Cirignano

         

Riflettere seriamente e serenamente sui due grandi congedi che hanno caratterizzato il cammino ecclesiale di questo ultimo mezzo secolo può aiutare a comprendere non solo lo stile pastorale e le scelte di Papa Francesco, ma, cosa ancora più importante, quanto il Signore chiede oggi al discepolo. Due grandi congedi, dunque.
         Il primo  è quello costituito dall’evento conciliare. I padri  del Vaticano Secondo chiusero solennemente una lunga stagione e ne aprirono una nuova. Prendere congedo significò allora  considerare  ormai concluso il periodo che si era aperto con il lontano Concilio di Trento. Concluso, ma in che senso? Qui il discorso si fa difficile. Solo un’attente riflessione circa le molte novità inscritte nella vicenda conciliare può aiutarci a comprendere e formulare una  possibile  risposta. Al Vaticano Secondo cosa si concluse e cosa, invece, prese inizio?
      Per la risposta, possiamo tentare una sintesi delle più significative novità: al primo posto occorre situare un nuovo modo di comprendere e valorizzare la Parola di Dio  (“Dei Verbum”). Senza dubbio si apriva davanti alla appassionata coscienza ecclesiale  una prateria di bellezza dopo il lungo digiuno a motivo delle note polemiche con la Riforma. Comprendere e valorizzare la Parola significa costruire un nuovo modo di pensare e parlare. E’ nel Vangelo che si incontra Gesù, è nel Vangelo che si prende consapevolezza di cosa è la vita agli occhi di Dio. E’ nella sintonia con il vangelo che nasce e rinasce la passione di amare, con cuore puro e povero.........


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