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di Gilda Sciortino
«Quando
affermo "la dispersione prima di tutto" voglio dire che lavorare con
le fragilità dei più giovani mi offre l’opportunità di sfidare l’indecenza di
un sistema che non ha a cuore il benessere della comunità.
È
indecente, lo ripeto e sottolineo, che nel 2023 si assista a quello che ci
circonda.
Io sono di Trapani, ma insegno a Palermo in una scuola elementare di Borgo Nuovo, una delle periferie della città. Mi occupo di dispersione e di quartieri difficili.
Lo
faccio in una realtà dove c’è di tutto, il bianco, il nero, il grigio, un vero
e proprio arcobaleno di colori, ma io vivo bene qui.
Quando
mi suggeriscono altre scuole perché pensano che sia una quotidianità pesante da
vivere, io dico che non farei mai a cambio».
Esmeralda
Prinzivalli ti trasmette subito il senso di un impegno concreto che fonde
l’amore per i più giovani con la consapevolezza che essere insegnanti ha oggi
un valore che non sempre è ben compreso.
In
lei questo impegno è declinato attraverso le sue tante vite, da volontaria,
progettista sociale, educatrice, portavoce del Forum Terzo settore di Trapani,
presidente dell’APS “Al Plurale” che ha sede a Erice, in provincia di Trapani,
ma soprattutto grazie alla sua capacità di cogliere il senso profondo
dell’essere comunità educante.
«Tutto
questo l’ho imparato sul campo.
Provengo
da una famiglia abbiente, con genitori professori che non mi hanno mai fatto
mancare niente. Non vi dico che tutto quello di cui mi occupo oggi lo vedevo
solo in televisione, ma quasi.
Quando
mi sono scontrata con le realtà in cui il disagio è alla base, ci ho messo un
po’ a metabolizzare; all’inizio mi appariva come un’immagine sbiadita molto
lontana da me.
Ero
anche una ragazzina e non avevo la consapevolezza, ma poi si è aperto un mondo
davanti a me che mi ha reso consapevole e responsabile.
Oggi
mi occupo quasi esclusivamente di minori e giovani adulti nelle loro varie
sfaccettature: migranti, in percorso penale, in fragilità, ma solo per fare
qualche esempio».
Un
mondo, quello del disagio, nel quale dici di sentirti a tuo agio. Cosa vuol dire?
«Qualcuno
potrebbe prendermi per folle, ma credo faccia parte del mio Dna.
Lavorare
nelle situazioni in cui la fragilità è presente e parla attraverso i ragazzi,
le famiglie, mi fa scoprire anche le mie di fragilità e con loro, attraverso
loro, le combatto.
Purtroppo
sento molto la solitudine perché, per esempio, con le istituzioni non ci sono
relazioni.
Qui
la resistenza è di territorio.
La
tocchi con mano al bar in cui prendi il caffè, nella bottega dove vai a fare
acquisti.
Ho
così cercato di creare maggiore connessione con la scuola, come anche con il
neuropsichiatra privato che mi fa cortesie personali perchè l’Asp è oberata e
non può seguire tutti.
Ho
creato una rete, ma continuo a sentimi sola perché l’azione non è sistemica.
Sono
tutti bravissimi presi singolarmente, ma manca il sistema di supporto».
Ma
quando sei arrivata a Palermo da Trapani in qualità di progettista sociale,
consulente per le scuole, sembrava che il sistema funzionasse.
«Allora
portavo con me la voglia di condividere, ma lo facevo da tecnico, anche se con
una declinazione che, nel mio caso, era quella del condividere per fare insieme
“perché così viene meglio”. Io sono montessoriana, quindi questo concetto mi
viene facile da esportare.
C’è
stato un periodo di grande fermento a Palermo, poi il declino, forse l’ho
percepito io nelle associazioni che frequentavo; è seguito il Covid e,
successivamente, la riforma del Terzo Settore che ha destabilizzato parecchie
realtà.
Oggi
ritengo che stiamo tutti vivendo un momento di ristrutturazione».
Un
impegno che fa parte del suo Dna e che porta avanti con grande passione, ma
soprattutto e lucidità. Una consapevolezza cresciuta grazie all’incontro con
Fqts, all’interno del quale Esmeralda ha seguito diversi percorsi.
«Il
mio rapporto con Fqts comincia per caso nel lontano 2011, credo alla seconda
edizione.
In
Sicilia non arrivavano tante informazioni su questa esperienza. mentre amiche
mie di altre regioni mi raccontavano meraviglie.
Mi
informo e, facendo mille peripezie, riesco a iscrivermi.
Da
lì comincia una viaggio bellissimo, del quale porto con me ricordi meravigliosi
anche in relazione alle persone che ho conosciuto e con cui continuo a
mantenere rapporti solidi, professionali e amicali».
La
formazione continua come mantra della tua vita.
«L’ultima scommessa è stata quella con Leonardo Becchetti. Mi è stato chiesto di partecipare al suo corso perchè quello che avevo scelto era pieno.
Sono entrata nel panico perché ho allergia ai numeri e, occupandosi lui di economia, pensavo di fare brutta figura. È stata, invece, l’apertura a un nuovo mondo.
Il
suo è un approccio a un’economia diversa, generativa, sociale, solidale, che
parte dal basso.
Mi
ricordo che uno dei primi compiti che diede è stato su come poter cambiare la
dinamica del mio quartiere, San Giuliano, a Erice.
Un
quartiere a rischio, di periferia, nel quale ci siamo inventati una piccola
biblioteca, il giornalaio che non c’era, due o tre panchine posizionate a
quadrato per creare una zona di chiacchiera.
Lui
ci spiegava come l’urbanistica e un’economia diversa possono cambiare l’aspetto
di un territorio. Grazie anche al contributo del Comune che ha trovato dei
fondi, abbiamo installato delle lampade particolari, posizionato libri, scelto
delle panchine dalla forma che ti faceva pensare a un’isola dove potersi sedere
e raccontare.
Per il quartiere è stato un trauma: “Cosa sono queste cose?
Non ne abbiamo bisogno”.
Le
hanno, infatti, distrutte. Abbiamo così cominciato a lavorare con le scuole
realizzando un’indagine bellissima per capire cosa dicevano le famiglie che,
non sapendo scrivere, utilizzavano disegni.
Ne
sono arrivati di significativi su come avrebbero voluto il loro quartiere.
Un
lavoro dal basso che ha dato i suoi frutti, infatti le panchine sono state
ripristinate.
È
successo circa 4 anni fa e ancora sono in buono stato.
Grazie
a Becchetti che mi ha aperto un mondo che non conoscevo».
Fqts
ha migliorato in modo significativo non solo le tue competenze...
«lo
dico sempre che non ha migliorato solo le mie conoscenze e competenze, le high
skills come anche le soft skill, ma è mutato il paradigma di un processo di
conoscenza agita e attiva.
Io
sono sempre stata una in perenne movimento, ma ho acquisito una forma di
consapevolezza capace di mettere in relazione nuovi saperi.
La
mia esperienza è, poi, quella di una persona che dal collegio è passata all’
educativa con le famiglie degli allievi.
Da
lì è cominciato il mio impegno sociale, che passa anche dalla Chiesa, per poi
uscirne mantenendo buoni rapporti anche se non strutturati.
Io
a Fqts ci credo follemente e fortemente.
Ti
fa indossare degli occhiali che ti fanno accorgere delle cose che stanno davanti
il tuo naso e che guardavi diversamente; sembra una cosa banalissima, ma non lo
è. Il mio primo giorno del laboratorio con Becchetti mi sentivo come se fossi
al primo superiore, chissà cosa mi doveva accadere.
Avevo
un’ansia, avrei dovuto avere a che fare con un grande economista; sono andata
anche a leggere "Il Sole 24 Ore".
Poi
lui ha cominciato a fare lezione e, quasi come per magia, il numero era
inesistente tra le sue parole. C’erano, invece, i numeri che ci servivano per
fare statistica, per il range, per creare indicatori, per tutto.
Così
la mia agitazione è andata scemando anche grazie al suo “Algoritmo della
Felicità” applicato alla nostra vita con la declinazione del benessere, ma
quello individuale e di comunità.
Ho
anche fatto un progetto dal titolo “Ben-Essere”.
Se,
poi, penso a Palermo mi accorgo che quello che è manca la comunità educante.
Ci
sono libri, scritti, ma la comunità?
Io
non la vedo, almeno non a Borgo Nuovo.
Qui
di associazioni ce ne sono 3 e sono solo sportive.
O
fai attività sportiva o non hai scelta.
Nel
frattempo, però, le famiglie hanno bisogno».
Palermo
e Trapani possono dirsi connesse almeno idealmente?
«Nel
fine settimana rientro a Trapani che non ho mai lasciato, ma dove al momento
non tornerei a lavorare stabilmente.
A
Erice, però, lo la ,mia associazione “Al Plurale” che si occupa da sempre di
giovani. Nasciamo, infatti, nel 2009 grazie a un Apq e, da allora, la nostra
progettazione è sempre stata rivolta a giovani, ai bambini in dispersione
scolastica.
Poi
è arrivato un bando per la valorizzazione dei beni pubblici, che abbiamo vinto,
realizzando a Prizzi, in provincia di Palermo, l'ostello "Terra
Terra" gestito da disabili perché l’avviso prevedeva l’impiego di risorse
in fragilità o di disabili abili al lavoro.
Un
progetto che funziona perché frutto della sinergia tra diverse realtà.
Come
associazione, anche su Erice lavoriamo molto co-progettando e co-programmando
con gli enti locali.
Ci
credo tantissimo, da sempre, anche senza la sussidiarietà che si dovrebbe
tenere».
Che
risposta dare alla dispersione?
«Per
combatterla devi offrire continuità e attuare la presa in carico dei soggetti.
Bisogna
offrire sempre il modello giusto, andare in punta di piedi, comprendere quello
che si anima attorno a te.
Quando
mi parlano di legalità o di antimafia chiedo sempre in cosa consiste per loro
essere mafioso e antimafioso.
Non
sempre le risposte sono adeguate.
Ho
lavorato per 20 anni nel mio quartiere, a San Giuliano, a Erice, e quello che
conta è ciò che offri alle persone.
Devi
calarti nella loro vita.
Chi
vive in contesti difficili, come quelli in cui mi trovo a operare, ha molto
rispetto di chi si prende cura dei loro figli senza fare pensare loro che vuoi
cambiare le loro vite. La contaminazione fa tanto.
Noi,
per esempio, a Borgo Nuovo abbiamo la biblioteca in classe dove ognuno è libero
di prendere libri e leggerli come e quando vuole.
Ieri
ho portato un libro su Frida Kahlo e ne sono rimasti entusiasti».
Esmeralda
sprizza energia da tutti i pori.
Questo
forse anche grazie, più che a causa, di un incidente di percorso, se cosi
vogliamo chiamarlo, che a molti avrebbe impedito di andare avanti.
Per
lei una sfida.
«La
mia è una battaglia che combatto quotidianamente.
A
chi mi chiede perché il giorno dopo avere fatto la chemio vengo a scuola,
rispondo che non c’è motivo per stare a casa.
Certo,
non sono in forma smagliante, accuso un po’ di stanchezza, ma ammortizzo.
Se
sono qua è per quella parolina, benessere, che mi dice che devo esserci.
Ho
una visione olistica della vita il mio corpo sta bene se sta bene la mia testa;
quindi, anche la scommessa mi aiuta ad attraversare meglio questa tempesta.
Voglio
vivere mangiandomi i giorni, voglio vivere attimo per attimo, non con le poesie
che scriviamo, e io sono una che ama la poesia, la filosofia e il jazz.
Non
ho intenzione di andare via così facilmente.
Quando
ho saputo quel che avrei dovuto affrontare, ho respirato, ci ho pensato bene e
poi mi sono detta che le soluzioni erano due: farla finita o lottare senza
sosta. Una decisione che dovevo prendere subito, senza farmi venire attacchi di
panico o depressione. Ho così deciso che declinazione dare a questa mia
esperienza: esserci e fare a differenza, ogni ora, ogni giorno, per me, per
tutti».
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