Perché
siamo tutti Lazzaro. Pensiamo di essere vivi, ma siamo morti e sepolti sotto
cumuli di pietre.
Chissà
se questo tempo difficile che ha messo a nudo le nostre piccinerie, le nostre
paure, i nostri egoismi, la nostra poca fede, non sia la svolta per farci
rinascere.
Chissà
se avremo il coraggio di ascoltare quel grido che scuote: Vieni fuori!
Gesù
si è rifugiato ad Efraim. Tira una bruttissima aria, per lui, a Gerusalemme.
Giovanni struttura il suo vangelo come un gigantesco, infinito processo
all’opera di Gesù e Gesù, lo sa, è già stato condannato a morte in contumacia.
Lazzaro,
il suo amico Lazzaro, sta male, tanto. Gesù sa che andare a Betania, a quel
punto, equivale ad un vero suicidio. Sa la morte di un amico, del suo migliore
amico, sarà l’occasione di mostrare l’amore che ha per Lazzaro. E per le sue
sorelle. E per noi.
Sa
che questo amore lo spingerà a fare ciò che nessuno aveva anche solo immaginato
si potesse fare: donare la vita per qualcun altro.
La
vita di Lazzaro segna la morte di Gesù.
Aspetta
qualche giorno e parte. Tutto a Betania, la casa del povero, odora di morte.
La
fine prematura di una persona giovane e stimata, ancora oggi, ci getta nel
panico totale. Nonostante la fede, nonostante tutto. È Marta ad uscire per
prima. È lei che agisce in casa, lo sappiamo bene. Le sue parole sono un
rimprovero sgomento. “Se tu fossi stato qui”. No Marta, non è vero. Se anche
Gesù fosse stato presente non avrebbe impedito a Lazzaro di morire.
Anche
se Gesù è presente nella nostra vita, anche se siamo suoi amici, se egli ci è
amico, non possiamo evitare la morte e il dolore e le prove che egli per primo
non ha rifiutato. È normale, istintivo pensare che Gesù ci protegga, ci salvi.
E lo fa, ma mai come pensavamo.
Mai
come vorremmo.
La
vita è mistero, assurdo costringerla nei nostri limitati ragionamenti, nelle
nostre legittime ma puerili illusioni. Al discepolo la sofferenza non viene
evitata. E la sofferenza e la morte sono passi di un percorso necessario, come
il chicco di frumento che deve morire e marcire per portare frutto.
Sa,
come sappiamo noi, che egli è l’acqua di sorgente, la luce. Ma c’è ancora un
passo da affrontare.
Ti
chiama
Il maestro è qui e ti chiama. Così dice Marta a Maria. Così dice Marta a me, oggi. Maria si alza e, con lei, tutti i famigliari e gli amici. Si ripete la scena, il dolce rimprovero. Gesù sta per ribattere, come con la sorella. Ma vede le lacrime. Tante. Troppe.
E
accade.
Accade
l’impensabile. Gesù scoppia a piangere. Il Maestro cede. Come se, per la prima
volta, Dio si rendesse conto di quanto dolore possa vivere l’uomo. Di quanto
possiamo smarrirci e perderci, deboli e sciocchi che siamo. Come se Dio, per la
prima volta, vedesse quanto dolore ci procura il dolore, quanto smarrimento,
quanto disorientamento.
Ci
scuote, quel pianto.
Ma
non poteva evitare che morisse, invece di piangere? Obiettano alcuni. Ed è
l’eterna scelta fra il volto di un Dio garante del quieto vivere o di un Dio
appassionato che condivide la nostra vita. Non ci sono parole per spiegare o
per consolare. Solo partecipazione, ora. Gesù chiede dov’è Lazzaro. Vieni a
vedere, gli dicono.
Tre
anni prima, ai due discepoli del Battista che si erano messi sui suoi passi,
aveva usato le stesse parole: venite e vedrete. Gesù conduce i discepoli a
vedere la vita.
I
discepoli, ora, gli insegnano a vedere la morte. Dio impara a morire. E quel
dolore, lascia intuire l’evangelista, lo smuove. Darà la sua vita per Lazzaro. Lazzaro
vivrà. Lui, il Signore, ne porterà le conseguenze e ne morirà.
Lazzaro,
vieni fuori!
Sa
bene che quel gesto segnerà la sua fine. Sa bene che alcuni si prenderanno la
briga per andare a denunciarlo (per cosa, violazione del regolamento
cimiteriale?). Sa bene che le parole non sono più sufficienti. Ora che ha visto
quanto dolore provoca la morte gli resta un ultimo passaggio per poter essere
uomo in tutto. Morire.
È
piena di gioia e di stupore questa resurrezione. È pieno di mestizia il cuore
del Maestro. Sì, ora è pronto. Andrà fino in fondo. Fino all’inimmaginabile.
Lazzaro,
noi, io siamo vivi perché Gesù ha donato la sua vita.
E
ci invita, ancora e ancora, a vivere da vivi. Meritiamo la morte di Dio. Tanto
valiamo. Tanto vali. Tanto sei amato, come Lazzaro.
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