di Quaresima
Laetare -
- Commento di p. Ermes
Ronchi
In quel tempo, Gesù
passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono:
«Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose
Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano
manifestate le opere di Dio (...). Un uomo nato cieco, così povero che possiede
soltanto se stesso. E Gesù si ferma proprio per lui.
Arriva la prima domanda:
perché cieco? Chi ha peccato? Lui o i suoi genitori? Gesù ci allontana
immediatamente dall’idea che il peccato sia la spiegazione del male, la chiave
di volta della religione. La bibbia non dà risposte al perché del male
innocente, le cerchi invano. Neppure Gesù lo spiega. Fa altro: lui libera dal
male, si commuove, si avvicina, tocca, abbraccia, fa rialzare. Il dolore più
che spiegazione vuole condivisione. Gesù spalma un petalo di fango sulle
palpebre del cieco, lo manda alla piscina di Siloe, torna che ci vede: uomo
finalmente dato alla luce. Nella nostra lingua partorire si dice anche “dare
alla luce”. Gesù dà alla luce, partorisce vita piena. Il filo rosso del
racconto è una seconda domanda, incalzante, ripetuta sette volte: come ti si
sono aperti gli occhi? Tutti vogliono sapere “come” si fa, “come” ci si
impadronisce del segreto di occhi nuovi e migliori, tutti sentono di avere
occhi incompiuti.
Lo sappiamo: basta una
lacrima e non vedi più. Quanti occhi acutissimi ho visto spegnersi: dicevano di
vederci bene ed è bastata una lacrima, l’unghiata di un dolore, e si sono
annebbiati, gli orizzonti e le strade scomparsi. Di fronte alla gioia dell’uomo
“dato alla luce”, che vede per la prima volta il sole, il blu del cielo e gli
occhi di sua madre, anche gli alberi, se potessero, danzerebbero; anche i fiumi
batterebbero le mani, dice il salmo. I farisei, no. Non vedono il cieco illuminato
ma solo un articolo violato:
Niente miracoli di
sabato. Non si salvano vite, oggi. C’è il riposo santo. Avete sei giorni per
farvi guarire, non di sabato. Di sabato Dio vi vuole ciechi! Ma che religione è
mai quella che non guarda al bene dell’uomo, ma che parla solo di se stessa, a
se stessa? Una fede che non si interessi dell’umano non merita che ad essa ci
dedichiamo (Bonhoeffer) C'è un'infinita tristezza nella pagina. I farisei
mettono Dio contro l’uomo, ed è il peggior dramma che possa capitare alla
nostra fede, a tutte le fedi: mostrano che è possibile essere credenti, senza
essere buoni; credenti e duri di cuore. È facile ed è mortale. E invece no,
gloria di Dio non è il sabato osservato, ma un mendicante che si alza, che
torna a vita piena, “uomo finalmente promosso a uomo” (P. Mazzolari). E il suo
sguardo che illumina il mondo dà gioia a Dio più di tutti i comandamenti
osservati.
Come lui, torniamo ad avere occhi di bambini,
di figli amati: occhi aperti, occhi meravigliabili, occhi grati e fiduciosi,
occhi speranzosi, occhi che ridono o piangono con chi sta loro davanti; occhi,
insomma, contagiati di cielo. Signore metti luce nei miei pensieri, luce nelle
mie parole, luce nel mio cuore.
(Letture: 1 Samuele 16, 1.4 6-7. 10-13; Salmo
22; Efesini 5, 8-14; Giovanni 9, 1-41).
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