Il curricolo implicito, il gioco libero e la regia dell'adulto e
un esempio dalle scuole di Berlino.
di Giancarlo Cerini
Quando parliamo di contesto ci
riferiamo ad una particolare qualità dell’ambiente educativo, in cui tende a
ridursi la mediazione didattica “diretta” dell’insegnante. Spesso ci siamo
detti che un insegnante di scuola dell’infanzia non “fa lezione” nel
senso classico del termine, spiegando alla classe intera un particolare
contenuto da apprendere. La progettualità pedagogica è piuttosto “indiretta”,
perché è affidata in gran parte alla organizzazione degli spazi e dei
tempi, alla successione dei momenti della giornata educativa, all’iniziativa e
alla curiosità dei bambini.
Non a caso si parla di curricolo
“implicito”, contrapposto a curricolo “esplicito”, proprio perché le situazioni
appaiono quasi il frutto di accadimenti naturali e spontanei: l’aggregarsi di
bambini verso un centro di interesse, la scomposizione e ricomposizione dei
gruppi, il libero manifestarsi del gioco. Però “implicito” non significa
affatto casuale e occasionale, perché la regia educativa dell’adulto è
affidata alla sua preventiva capacità di pensare agli spazi, alla natura degli
stimoli e dei materiali da offrire, alla capacità di osservare i comportamenti
e le reazioni dei bambini e di fornire appigli (scaffolding) per farli
evolvere. Invece, spesso ci facciamo prendere dalla preoccupazione di
organizzare il curricolo esplicito, di proporre attività strutturate, di
abusare di schede, ecc. Il rischio di una poco efficace didattica “insegnativa”
è sempre dietro l’angolo.
La coerenza di un contesto
educativo
Nei recenti documenti europei
sulla qualità dei servizi educativi per l’infanzia (ad es. il “Quality
Framework ECEC”) si riscopre il valore del gioco libero e spontaneo e
qualche ricercatore si spinge fino a rivendicare che metà del tempo che un
bambino passa in una struttura educativa sia dedicato ad attività creative di
cui i bambini hanno la possibilità di scelta e di direzione. Comune è poi la
richiesta di un approccio olistico, che “tenga insieme” le diverse modalità del
bambino di giocare, muoversi, porsi in relazione, apprendere, senza
spezzettarle in tante mini-lezioni per ogni campo di esperienza. E’ a questa
integrazione che si riferiscono anche le Indicazioni per il curricolo(2012),
sulla scia degli Orientamenti del 1991, quando definiscono la
scuola dell’infanzia un ambiente “di vita, di relazione, di apprendimento”.
Ed è proprio dall’equilibrio di questi diverse dimensioni che si determina la
coerenza di un contesto educativo.
Un esempio da Berlino
Nel curricolo più diffuso nelle scuole
dell’infanzia berlinesi si propone di dedicare un adeguato tempo a quattro
aspetti:
- le routine (la base sicura da cui
i bambini partono per nuove scoperte);
- l’organizzazione degli spazi (sia
in sezione, ma anche caratterizzando angoli, laboratori, open space);
- il gioco libero (con
l’adulto attento osservatore);
- le attività didattiche (con
la mediazione di materiali: oggi si fanno molto apprezzare quelli di risulta,
gli scarti, i ritagli, ecc.).
Non per questo l’insegnante potrà
estraniarsi dalle situazioni. Anzi la sua regia sarà più acuta,
perché più delicata.
Dovrà saper gestire l’arte della vicinanza (stare nel
gioco…) e del distanziamento (favorire l’autonomia, le conquiste,
l’immaginazione). Il gioco libero, che dovremo riscoprire, è uno spazio vitale
(motorio, simbolico, immaginativo, di ruoli) per ogni bambino, ma è uno spazio
educativo per l’adulto, perché deve saper “stare nel gioco” per capirlo,
rispettarlo, farlo evolvere verso esperienze più ampie e aperte con i suoi
sapienti rilanci. Quello stile che J.S.Bruner
chiamava “l’arte della cortesia del dialogo”.
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